“Il giovane Montalbano”, Fabrizio Pizzuto: «Catarella sono, e vossìa chiami a San Silvestro!»

Abbiamo telefonato all'attore che dà il volto al bizzarro centralinista della serie. E lui ci ha risposto...

Fabrizio Pizzuto nei panni di Agatino Catarella
16 Luglio 2020 alle 09:00

«Buongiorno, ho un appuntamento telefonico per l’intervista a Fabrizio Pizzuto, l’Agatino Catarella di “Il giovane Montalbano”». Dall’altra parte una voce risponde: «Di persona personalmente, ma chi lo desidera?». E io: «Sono la giornalista di Sorrisi, mi chiamo Antonella Silvestr…». Nemmeno il tempo di finire la frase che arriva immediata la risposta: «E cosa vuole a luglio? Vossìa mi deve acchiamare direttamente il 31 dicembre, a San Silvestro, quello è il giorno. Arrivederci».

Il cabaret è già cominciato… Fabrizio Pizzuto si è subito calato nei panni del centralinista del commissariato di Vigata parlando in modo veloce e in una lingua strampalata e contorta. L’attore palermitano da oltre 30 anni si divide tra spettacoli comici portati in scena dai “Tre e un quarto” (il nome del quartetto fondato insieme con il fratello Valentino, Sergio Vespertino e Ernesto Maria Ponte, ma dal 2000 è rimasto solo con il fratello), cinema e televisione.

All’inizio il regista Gianluca Maria Tavarelli non voleva il giovane Catarella per evitare il doppione del personaggio adulto in “Il commissario Montalbano”, interpretato da Angelo Russo. Poi anche a lui è piaciuto…
«Ho ottenuto questa parte dopo avere superato cinque provini. Tavarelli ha tirato fuori sì il lato goffo di Agatino ma anche quello più timido e sensibile. Per esempio, fa tenerezza quando racconta di essere stato bullizzato da ragazzino».

Il Catarella di Pizzuto e quello di Russo: troviamo le differenze…
«La prima è di natura estetica. Lui ha più capelli di me mentre io ho più centimetri di altezza (sorride). Catarella giovane è solo, non è sposato e la sua unica famiglia è Montalbano. Comunque siamo diversi. Angelo lo interpreta in modo più comico e ricorda Franco Franchi. Avendo fatto tanto cabaret, ho ripescato tra i miei ruoli “rocamboleschi” quello che si potesse adattare meglio a Catarella. Tra l’altro sono specializzato nelle cadute spettacolari…».

Ci racconti meglio.
«Una volta dovevo girare una scena in cui uscivo dal commissariato. Ero felice di vedere la luce del sole. Arriva il momento del ciak. Aspettavamo tutti Montalbano (interpretato da Michele Riondino, ndr). Io gli vado incontro e, fingendo di inciampare in un gradino, cado facendo un volo spaventoso. Terrore sui volti della troupe. Né io né loro sapevamo se mi sarei rialzato... Alla fine ce l’ho fatta. Tutti sono scoppiati a ridere e io ho detto al regista: “Tutto a posto ma non chiedermi di ripetere la scena!”. Per fortuna sono un tipo atletico. Insegno da anni Scienze motorie in una scuola media».

Quindi lei di giorno fa il prof e di sera l’attore di cabaret?
«Proprio così. Da una vita. A scuola sono un insegnante precario e spero, proprio quest’anno, di entrare finalmente di ruolo. Adoro il contatto con i ragazzi. Lavoro in uno dei quartieri più difficili di Palermo, lo “Sperone”. Lì occorrono non semplici prof ma figure trascinanti, propositive. Quest’anno per colpa del Covid non abbiamo potuto portare gli alunni in Puglia per il viaggio di istruzione. Peccato, avevo già preparato le maschere da supereroi per indossarle di sera in albergo e sorvegliare i movimenti dei ragazzi (sorride)».

Ma lei dove trova tutta questa energia e la voglia di far ridere sempre chi le sta accanto?
«Mia madre Vincenzina è una comica nata. Organizzava e organizza continuamente scherzi. Quando eravamo piccoli ci faceva la parodia della Goggi che imitava i personaggi famosi. Mio padre Giovanni, che ora non c’è più, raccontava sempre barzellette. Io, una volta laureato in Scienze motorie, ho lavorato come istruttore nei villaggi sportivi. Da lì mi sono avvicinato al cabaret proponendo sketch di Banfi e Buzzanca. In famiglia abbiamo sempre riso molto. Tanto divertimento e tanto buon cibo. Sa, mio padre aveva una rosticceria-pasticceria».

Quindi è cresciuto ad arancine e cassate?
«Ma anche a cannelloni. Erano quelli che preparava la domenica mio padre e io li mangiavo a colazione appena sveglio. Alle 11 del mattino…».

Ricorda il primo provino per “Il giovane Montalbano”?
«Come dimenticarlo? C’era mio figlio Mattia Giovanni, ora quattordicenne, che all’epoca aveva sei anni. Mi ero esercitato con lui per la parte. Mio figlio diceva le battute di Montalbano e io quelle di Catarella. Credo che anche lui voglia fare l’attore, ha già iniziato a fare animazione. Gliel’ho detto, è una questione di famiglia!».

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