Conosciamo meglio Maria Vera Ratti e Antonio Milo, due dei protagonisti della seguitissima fiction con Lino Guanciale
Maria Vera Ratti: «Per diventare Enrica non mi trucco e uso le lenti a contatto scure»
Enrica è timida, goffa e impacciata. Eppure questa maestra dolce e riservata, che deve inforcare gli occhiali per ricambiare gli sguardi teneri che il commissario le lancia dalla finestra, è la donna che conquista il cuore tormentato del protagonista. A interpretarla, una irriconoscibile Maria Vera Ratti, la bellissima Nina, figlia del boss Don Costello in “Rosy Abate 2”.
Maria Vera, diciamo la verità, Enrica non è proprio una bellezza appariscente. Eppure...
«Eppure rapisce il cuore di Ricciardi: loro due hanno una affinità elettiva. Sono entrambi sensibili, profondi, empatici, anche se lui è più tormentato, mentre lei è più serena. E poi sono complementari: lui è “l’uomo senza cappello” e lei ha un negozio di cappelli... Sono fatti l’uno per l’altra».
Per interpretare questo ruolo si è trasformata?
«Sì, ma neanche troppo. Ero solo completamente struccata, mi facevano le sopracciglia un po’ più incolte e ho messo le lenti a contatto marroni. Che poi mi piaccio parecchio con gli occhi scuri. E ho pure imparato a cucire».
Già. La sera Enrica ha sempre ago e filo in mano e ricama...
«E io non sapevo nemmeno attaccare un bottone! Ho imparato i punti base del ricamo e a imbastire».
La vedremo nei panni della Gioconda nella nuova serie internazionale su Leonardo da Vinci, girata in inglese.
«Sì, con l’inglese me la cavo bene perché ho fatto la scuola americana a Napoli, quella dove vanno i figli dei militari della base Nato».
Come mai ha frequentato quella scuola?
«Quando ero piccola mio padre ha detto: “Se ci viene su molto intelligente, va bene. Se non succede... almeno impara l’inglese!”. Mi ha fatto bene, crescere con persone di altri Paesi apre la mente, stimola la curiosità e ha definito la persona che sono».
E poi?
«Dopo la seconda media mi sono trasferita nelle scuole italiane sempre a Napoli. Ho fatto il liceo linguistico, poi sono andata a studiare all’Università di Leida in Olanda perché c’era un corso di laurea che mi interessava, Studi internazionali, e mi sono specializzata in Russia e Asia centrale. Ho fatto uno stage al Parlamento europeo a Bruxelles. Lavoravo per il Dipartimento delle relazioni estere, facevo ricerca per i membri del Parlamento che andavano in Russia e Asia centrale. Poi sono tornata in Olanda e mi sono laureata».
E come è arrivata a fare l’attrice?
«Per la laurea mi sono fatta regalare un corso di recitazione a San Miniato, in Toscana, dove ci sono studenti e professori di tutta Europa. Lì ho capito che era quello che volevo fare nella vita. Poi ho fatto il provino per entrare al Centro sperimentale e mi sono trasferita a Roma».
Da allora non si è mai fermata: “Rosy Abate 2”, “Il commissario Ricciardi”, “Leonardo” e tra poco la vedremo nella terza stagione di “I bastardi di Pizzofalcone”.
«Sono il commissario Elsa Martini, la nuova “bastarda”. Elsa ha un vissuto pesante e un carattere particolare, all’inizio non sarà semplice per lei inserirsi nella squadra».
La riconoscono per strada?
«Quando ho fatto “Rosy Abate” sì. Con Enrica invece non mi riconoscono. Va bene, vuol dire che ho fatto un buon lavoro!».
Antonio Milo: «Il brigadiere Raffaele Maione è l’amico che tutti vorrebbero avere»
Il brigadiere Raffaele Maione, braccio destro del commissario Ricciardi, è interpretato da Antonio Milo. Maione indaga, ascolta i suoi informatori, mangia la pasta alla genovese e... suda.
Antonio, è una pena vederla sofferente, sempre con il fazzoletto in mano ad asciugarsi la fronte.
«È vero (ride). Anch’io non amo il caldo. E non essendo proprio un’alice, lo soffro parecchio, a meno che non mi trovi a bagnomaria in mezzo al mare! Oltretutto per interpretare Maione ho dovuto prendere dieci chili, che sto faticosamente cercando di buttare giù».
E l’uniforme da brigadiere dell’epoca non aiuta.
«Già. Tutta di panno, sempre abbottonata fino al collo, con la polpaccera di pelle e gli stivaletti sotto: una tortura. Soprattutto perché abbiamo girato a 40 gradi».
Senza contare la brillantina in testa.
«Era proprio quella originale che usava mio nonno. Ha presente una colla? Andavi a dormire la sera e la mattina dopo i capelli erano ancora in piega. Ma il cuscino sembrava un supplì. Per toglierla facevo un primo passaggio con il detersivo per i piatti. Poi dopo cinque o sei lavaggi con lo shampoo i capelli tornavano normali».
Come descriverebbe Maione?
«È l’amico che ognuno di noi vorrebbe avere nei momenti più difficili. È una specie di eroe a sua insaputa, ha valori saldi come quello dell’amicizia, della famiglia, della giustizia. Ed è un personaggio che rappresenta in pieno la napoletanità».
Che poi è la sua: è nato a Castellammare di Stabia.
«Sì, l’humus napoletano è nel mio Dna. E manco a farlo apposta, la pasta alla genovese è pure il mio piatto preferito. È come se Maione mi avesse scelto. E parlo di quasi dieci anni fa».
Che cosa intende?
«Allora feci una puntata di “Montalbano”. In una giornata di riposo andammo tutti al mare. Luca Zingaretti aveva un libro di Ricciardi in mano e vedendomi arrivare mi disse: “Conosci Maurizio de Giovanni?”. Io: “No”. E lui: “Lo devi leggere, c’è un personaggio che ti somiglia tantissimo: si chiama brigadiere Maione”. Dopo dieci anni eccomi qui».
“Il paradiso delle signore”, “Gomorra”, “Maltese”, “L’amica geniale”, “Il commissario Ricciardi”: è abituato ai grandi numeri negli ascolti...
«Si vede che porto bene (ride)!».
Dopo aver interpretato il braccio destro di Maltese e di Ricciardi, è arrivata l’ora di fare “Il commissario Milo”?
«Una vita da mediano la mia (ride)! Non le nascondo che, dopo 30 anni di lavoro, mi piacerebbe una promozione a commissario. Intanto ho finito un film per il cinema di Sergio Rubini: “I fratelli De Filippo”. Poi ci sono altre cose in ballo e... stringo ‘o cuorno».