Le foto dal set di “Viola come il mare” con Francesca Chillemi e Can Yaman

Siamo stati gli unici invitati alle riprese della nuova fiction che andrà in onda su Canale 5

Francesca Chillemi e Can Yaman  Credit: © Iwan Palombi
21 Ottobre 2021 alle 08:47

A Palermo sono iniziate le riprese di “Viola come il mare”, la nuova fiction Mediaset con Francesca Chillemi e Can Yaman prodotta da Lux Vide con Rti e tratta dal romanzo “Conosci l’estate?” di Simona Tanzini (Sellerio). E la città è in subbuglio: le fan di Can, l’attore turco protagonista di tante soap di successo, stazionano sotto il suo albergo e i fan di Francesca sono a caccia di selfie con l’amata Azzurra di “Che Dio ci aiuti”.

Noi di Sorrisi non potevamo certo sottrarci a una visita sul set per raccontarvi tutti i dettagli, e la prescelta sono io che a Palermo ci sono nata e cresciuta. Detto fatto, si parte. L’appuntamento è al “campo base” dove ci sono i camerini: qui, muniti di Green pass, con il fotografo Iwan Palombi ci sottoponiamo al tampone per entrare tra gli addetti ai lavori. Oggi si girano due scene, una di Francesca della prima puntata e una di Can, per il quarto episodio.

La storia è affascinante: lei è Viola Vitale, una ragazza che arriva da Parigi in Sicilia alla ricerca del padre e si mette a lavorare come giornalista in una redazione online. Lui è Francesco Demir, ispettore capo di papà turco e mamma italiana, che si batte contro le ingiustizie. Se Demir ha un fiuto straordinario nelle indagini, Viola può contare sul “superpotere” della sinestesia: associa i colori alle emozioni e percepisce subito l’animo di chi ha di fronte. Una coppia che nella sceneggiatura fa scintille. Scatterà la sintonia anche tra gli interpreti? Scommettiamo di sì. Il primo ciak del mattino è per Can Yaman.

Siamo all’Arenella, un borgo marinaro alle porte di Palermo. C’è un panorama unico, si sente l’odore del mare e si ammirano la Palazzina dei Quattro Pizzi e la tonnara dei Florio, famiglia di mercanti tra le più ricche d’Italia tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Can che posa sul molo è bellissimo: abbronzato, alto, muscoloso. Quando si toglie il giubbotto di pelle… esce il sole. Peccato che la giornata sia capricciosa: il vento di maestrale gonfia il mare e le nuvole che vanno e vengono scombinano i piani del regista Francesco Vicario, che rifà a oltranza la scena perché non c’è mai la stessa luce. Meglio così, mi dico io, che posso vedere e rivedere Can in azione.

La sua battuta è: «Non così in fretta». Su un set così concitato, diventa un simpatico tormentone. Per Can recitare in italiano è una bella sfida: «Mi alleno con gli scioglilingua» racconta. E impara pure i dialetti. Col romanesco è già avanti: passa un gattino rosso e lui lo chiama «roscetto». Merito della “grande famiglia” della produzione: tecnici, truccatrice, parrucchiera, costumista... sono quasi tutti romani.

A mezzogiorno qualcuno brontola per la fame. L’attore Giovanni Nasta, che interpreta il vice ispettore Turi D’Agata, confida che si farebbe una flebo di sfincione (una pizza con pomodoro, acciughe, cipolla e formaggio caciocavallo), mentre l’attrice Chiara Tron, alias Tamara Graziosi, una collega di Viola, impazzisce per il pane e panelle (frittelle di farina di ceci). I “cestini” però arrivano solo alle due del pomeriggio e il riso in bianco e il merluzzo in barattoli di vetro lasciano un po’ d’amaro in bocca…

Francesca Chillemi salta la pausa. «Mi rifarò il prossimo weekend: torno a casa a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) e mamma mi preparerà un pranzo come si deve!». Ora tocca a lei girare, nella terrazza dell’Ospizio Marino, alle pendici di Monte Pellegrino. Ironia della sorte, la sua prima battuta è: «Non è che potresti rallentare?». Di nuovo sembra esserci un problema di tempi sul set. E di tempo atmosferico: inizia a piovere e si aprono ombrelli e tendoni di fortuna.

Ne approfittiamo per fare due chiacchiere con le star e nelle prossime settimane leggerete le loro interviste. Poi un urlo richiama tutti ai posti di combattimento: «Motoreee!». Francesca sospira un «arrivederci» e corre a trascinare una grossa valigia per la quinta volta (tra campo e controcampo nelle inquadrature bisogna raggiungere la perfezione). Mentre Can, da quel gran seduttore che è, fa l’occhiolino e sussurra, in perfetto siciliano: «Che camurria! (Che scocciatura!, ndr)». E io, colpita al cuore, mi porto a casa questo servizio e il suo splendido sorriso.

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