Tra realtà, misteri e fantasia, scopriamo di più sull’universo dell’artista

Un set di avventure (e disavventure)
Non è stato facile far rivivere l’epoca di Leonardo, ricostruita negli studi della Lux Vide a Formello (Roma): quasi 20.000 metri quadrati di set, cinque mesi di progettazione e oltre 22 settimane di lavorazione. Sotto la guida dello scenografo Domenico Sica hanno lavorato 200 persone tra scultori, pittori, decoratori, stuccatori e disegnatori. Oltre 3.000 le comparse e 2.500 i costumi utilizzati, per 1.900 ore di lavorazione. Il tutto reso più difficile dall’emergenza Covid, per cui i lavori sono stati interrotti e poi ripresi.
Ma ancora più difficile è stato ricostruire la vita dell’artista, piena di misteri. Come ci ha detto il protagonista Aidan Turner: «I fatti certi su cui lavorare erano pochi e abbiamo dovuto usare la fantasia». Così l’indagine per omicidio di cui si parla nella serie è un pretesto per raccontare la personalità di Leonardo, mentre il processo per omosessualità si tenne davvero nel 1476. Non ci sono prove storiche dell’esistenza di Caterina da Cremona, il personaggio di Matilda De Angelis, né di una maga che avesse fatto una predizione sull’artista neonato. È vero invece che Leonardo era figlio illegittimo di un notaio, che lo fece studiare nella bottega del Verrocchio.
Infine, alcuni dettagli sono stati ricostruiti con fedeltà (come l’intervento di Leonardo su un quadro del suo maestro, dove dipinse un angelo) e altri con licenze poetiche (Leonardo non fu affidato al nonno intorno ai 5 anni, ma subito; la Cattedrale di Firenze allora era diversa da come appare nella fiction: le decorazioni che abbiamo visto in realtà risalgono al 1887).
Come si viveva ai tempi del genio di Vinci?
Lo abbiamo chiesto ad Aldo Carioli, giornalista di “Focus Storia” e autore di libri scolastici sull’argomento. Che dice: «Per cominciare, gli italiani erano molti di meno: solo 10 milioni. Milano e Venezia erano le metropoli dell’epoca, con 90.000 abitanti ciascuna; Firenze ne aveva 40.000 e Roma 35.000. La durata media della vita era di 43 anni. A 14 anni le ragazze erano già in età da marito, mentre gli uomini si sposavano a 30: prima dovevano farsi un patrimonio. Solo i nobili potevano permettersi molti figli perché pagare una dote poteva rovinare una famiglia.
Si viaggiava con muli o buoi (carrozze e cavalli erano riservati alla nobiltà). Per andare da Vinci a Firenze (40 chilometri) ci volevano due giorni; da Roma ad Amboise, in Francia, come fece Leonardo, ben tre mesi. Tutti avevano un coltello per difendersi da briganti e animali selvatici, ma posate e tegami di metallo erano esclusiva dei ricchi; i poveri spesso usavano come piatto una fetta di pane di segale o di castagne: la farina di frumento era molto cara. I benestanti mangiavano frutta e cacciagione ma non carne bovina, perché mucche e buoi erano destinati al lavoro nei campi; la gente comune si nutriva di zuppe di cereali, legumi, latticini e uova.
Non c’era la scuola pubblica, si studiava nei monasteri o con insegnanti privati. Nel 1464 arriva in Italia la stampa a caratteri mobili e alla fine del secolo gli italiani sono i primi stampatori di libri in Europa, con 4.000 edizioni l’anno che vendevano fino a 1.000 copie l’una. Gli artisti (come Leonardo) erano considerati artigiani, ma i più grandi erano contesi da nobili e Chiesa. I colori erano costosi, ottenuti anche sminuzzando pietre preziose, e tenuti sotto chiave.
Il cotone era raro; la lana era rozza per i popolani, che usavano il lino; lavorata e preziosa, invece, era per i ricchi, che indossavano anche velluti, broccati e seta. L’omosessualità era perseguitata, con l’accusa di sodomia. L’igiene personale era scarsa a causa della mancanza di fognature e acqua corrente. I liquami erano gettati in canali di scolo lungo le strade e l’affollamento favoriva malattie e pestilenze. Proprio in questo periodo nascono i primi ospedali pubblici, come la Ca’ Granda di Milano».
Sette enigmi per una dama

Quasi ogni opera di Leonardo nasconde dei segreti. Ma la “Dama con l’ermellino” (1488-1490) è particolarmente misteriosa: non si sa neppure come sia arrivata in Polonia, dove è custodita nel Museo Czartoryski di Cracovia.
- LA DAMA È quasi certamente Cecilia Gallerani, l’amante sedicenne di Ludovico il Moro. Il Signore di Milano voleva donare il quadro al re d’Ungheria, ma l’opera piacque così tanto a Cecilia che decise di tenerla nel suo palazzo.
- L’ERMELLINO Simboleggia sia la dama (in greco “ermellino” si dice “galè”) sia il committente (che nel 1488 divenne Cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino). È probabile che per il dipinto Leonardo abbia usato un più docile furetto bianco.
- LO SFONDO NERO Fu aggiunto in seguito da un altro artista, forse perché l’originale (un paesaggio? Uno sfondo azzurro? Ci sono solo ipotesi) era ormai rovinato.
- LA COLLANA è fatta di granati, un simbolo di fedeltà.
- LA VESTE rispecchia la moda “alla spagnola” in vigore all’epoca a Milano, con maniche ampie arricchite da nastri.
- IL TITOLO SBAGLIATO Una scritta aggiunta secoli dopo identifica erroneamente la dama con la protagonista di un altro quadro di Leonardo, conosciuto come “Belle Ferronnière” e solitamente conservato al Museo del Louvre di Parigi.
- L’IMPRONTA Trafugato dai nazisti, il quadro fu ritrovato dopo la guerra con l’impronta di una suola sull’angolo in basso a destra, che fu tolta dall’intervento dei restauratori.