L’attrice di "Bella da morire" racconta la sua vita e il rapporto con la sua (impegnativa) famiglia
Affascinante, sicura di sé e determinata. Questa è Giuditta Doria, Procuratore capo che ha dedicato tutta la vita al lavoro e che ora si trova alle prese con un caso di femminicidio le cui indagini sono affidate all’ispettrice di polizia Eva Cantini (Cristiana Capotondi). A interpretare il magistrato nella fiction di Raiuno “Bella da morire” è Lucrezia Lante della Rovere.
«Giuditta rispecchia le donne moderne che non si accontentano più del ruolo di madre e di moglie, ma hanno bisogno di realizzarsi fuori dalla famiglia. Ossia attraverso la professione che svolgono. Come lei anch’io ho sempre avuto una necessità istintiva di rendermi autonoma» dice l’attrice.
Da dove arriva questo bisogno?
«Penso che me l’abbia trasmesso mia madre (Marina Ripa di Meana, ndr). È sempre stata un’antinconformista, una lupa. E si è battuta per affermare la sua identità».
Com’è stato crescere con una madre così?
«Ho avuto un’infanzia anomala. Andavo a scuola dalle suore, ero l’unica ad avere genitori separati e anche la sola ad avere una madre che compariva sulle copertine di “Playboy” o tirava le torte a Maurizio Costanzo in trasmissione. Però, finché sono stata bambina l’ammiravo, la guardavo da spettatrice e mi divertiva osservare le sue follie. Il problema è sorto quando sono cresciuta e lei voleva coinvolgermi in tutto quello che faceva, come organizzare manifestazioni per bruciare le pellicce. Non accettava che mi rifiutassi di essere sua complice e iniziò a criticarmi».
Per questo è andata via di casa presto e ha avuto giovanissima due figlie, le gemelle Ludovica e Vittoria, nate dalla relazione con Giovanni Malagò?
«La spiegazione forse è più semplice: mi ero innamorata. All’epoca ancora non avevo avviato una carriera. E la mancanza di un punto di riferimento mi ha portata a realizzarmi prima come mamma che come attrice».
Dopo il padre delle sue figlie ha avuto diverse storie d’amore. Sono stati tutti colpi di fulmine?
«Sì, mi sono sempre lasciata trasportare dall’istinto e dal sentimento. E per fortuna non mi è andata male. Probabilmente perché in fatto di uomini ho imparato ad avere un buon fiuto fin da bambina».
Ci spieghi…
«Mio padre era un uomo egocentrico, autoritario, affettivamente assente. E aveva problemi di dipendenza».
Avere a che fare con uomo così non è facile...
«Si è portati a pensare: “In fondo è mio padre”, lo giustifichi e poi la paura ti blocca. Però è stata un’esperienza che mi ha segnata. Infatti sono stata alla larga da uomini maschilisti. E ho sempre reagito davanti ad atteggiamenti aggressivi, non ho mai tollerato neanche che un uomo alzasse la voce».
“Bella da morire” tratta di violenza sulle donne.
«Sì, bisogna tenere alta l’attenzione. Le donne vittime di soprusi devono poterne parlare. Subire violenza tacendo porta ad alimentarla. Ma è anche una fiction che sottolinea i diversi aspetti dell’amore. La stessa Giuditta è una donna sposata, ma in piena crisi di mezza età. Perciò non è insensibile alle attenzioni altrui e così mette a rischio il suo matrimonio».
Lei ha avuto molte relazioni. Come mai sono finite?
«Stare insieme a lungo non è facile: arriva il punto in cui devi rimetterti in gioco. E non sempre ci riesci. Io ho sempre combattuto tra il sogno di un amore eterno e il bisogno di sentirmi viva. Così sono sempre fuggita».
E adesso?
«Sono felicemente single. Crescendo diventiamo più gelosi dei nostri spazi. È finito il tempo in cui mi buttavo a capofitto in una storia. Lo farei solo se trovassi una persona che potesse arricchire la mia esistenza».
In questo momento di emergenza, non è difficile essere sola?
«Cerco di dare un ritmo alle mie giornate: alla mattina faccio ginnastica, porto giù il cane, preparo il pranzo. Il pomeriggio lo dedico a leggere, guardare film e serie tv».
Quando sarà passata l’emergenza coronavirus, pensa che ci sarà una terza stagione di “La strada di casa”?
«Non credo (sorride). Gloria, il mio personaggio, ha temuto di avere l’Alzheimer, Alessio Boni (che nella fiction interpreta suo marito Fausto, ndr) è resuscitato mille volte, la loro famiglia ne ha passate di tutti i colori. Mi sembra che non ci sia più nulla da dire».