Marco Giallini: «Rocco Schiavone sono io! E le donne mi amano»

L'attore torna su Raidue con due nuovi episodi della serie a partire da mercoledì 17 marzo

Marco Giallini nei panni di Rocco Schiavone
11 Marzo 2021 alle 09:17

Giallini, confessi: le mancava Rocco Schiavone?
«Io sono Schiavone!»

Quindi?
«Non mi manca, perché sono io, compresa moglie-morta-annessa».

Non voleva non parlarne più?
«Se continuano a chiedermelo, mi stufo (Giallini ha perso la moglie Loredana nel 2011, ndr). Ma mia nonna era vedova, lo era mia madre, tutti siamo vedovi di qualcuno, si spera avvenga il più tardi possibile».

L’attore torna a parlare, alla Marco Giallini o alla Rocco Schiavone (la differenza è poca), del suo alter ego, il vicequestore romano trasferito ad Aosta, visto che due nuovi episodi della serie sono in arrivo il 17 marzo su Raidue.

Quando ad Aosta l’hanno rivista sul set sono stati felici?
«Io sono molto socievole, molto empatico, però non mi posso permettere di avere due milioni di amici, non me li ricordo nemmeno, così sono falso, faccio finta di ricordarmi di tutti».

Schiavone quando si affaccia alle finestre vede le montagne innevate.
«Mejo de vede’ Roma de ’sti tempi. Oh, non è che parlo sempre così. Altrimenti pensano che sono rimasto il Terribile di “Romanzo criminale”».

La serie tv sulla malavita romana.
«La morte del Terribile fu classificata tra le migliori morti del cinema europeo degli ultimi vent’anni. Scrissero: “Giallini, un grande attore che cerca un refolo di vita con il braccio alzato”. Finché dichiarai: “Non era un refolo di vita, mi ero bruciato sotto l’ascella con quei 50 finti colpi di pistola”».

Torniamo a Schiavone. Lei ha detto: «Mi guardo allo specchio e sono quello lì».
«All’inizio non lo volevo fare. È troppo simile a me, tranne per il vicequestore che non ho mai fatto. Pure romanzato ci sono cose che ricordano la mia vita. E il metodo Stanislavskij (totale immedesimazione in un personaggio, ndr), con tutto il rispetto, non è proprio nelle mie corde».

Lo pensa ancora dopo 16 episodi?
«Schiavone lo vedo come un fumetto, un Ken Parker o un Tex Willer fatto da vari disegnatori, ossia i registi che mi hanno diretto. Ma Schiavone è sempre quello inventato da Antonio Manzini e io non vorrei assolutamente fosse diverso. L’impronta mia gliel’ho già data e Antonio Manzini me l’ha detto».

Manzini ha detto: «Giallini è perfetto, veste molto bene Schiavone, e anche il loden. Per il loden devi essere alto almeno un metro e 80».
«A Manzini voglio molto bene, ha un cuore enorme e lo tira fuori nei suoi romanzi. Ormai quando scrive Schiavone non può fare a meno di immaginare quello che farei io. Comunque io sono alto un metro e 87, bisognava allungarlo il loden».

Nel nuovo episodio, “Rien ne va plus”, Schiavone ricomincia le indagini dal Casinò. Lei nella vita su cosa ha puntato?
«Sul far star bene la mia famiglia, sono contento quando le persone ridono e si abbracciano. Da bambino il giorno di Natale andavo in un’altra stanza e mi commuovevo. Con i miei fratelli quando mai mi sono abbracciato! Ecco perché ho imparato ad abbracciare tutti. E poi dicono: “Giallini è empatico!”».

L’altro episodio s’intitola “Ah l’amore, l’amore”: non è che Schiavone diventa un romanticone?
«Ma lui è un romanticone che cerca di non morire. Chi ha un po’ di cervello lo sa che con il romanticismo si muore. Io mi metto a piangere se sento Claudio Villa. Ho svitato un tubetto di dentifricio e ho pianto un’ora».

Lo ha svitato mentre ascoltava Claudio Villa?
«No, lì sarebbe la morte, un suicidio! Basta una botta al cuore alla volta».

La fama di sciupafemmine del suo vicequestore la diverte?
«Lui lo è molto meno di me, a mio modestissimo parere. Ma le femmine sono talmente belle che io non le “sciupo”, l’etimologia della parola non va bene. Io sto bene con loro, le guardo negli occhi volentieri, anche se un occhio ce l’ho mezzo chiuso».

Da quando interpreta Schiavone ha più successo con le donne?
«Questo aspetto finto trasandato di Schiavone ad alcune piace. Una volta mi sono trovato davanti a duemila donne in piazza a Mantova e ho detto: “Se fossi stato bello che avreste fatto?”. Nulla. Sono dovuto fuggire».

La famosa classifica delle “rotture di...” del suo personaggio è stata aggiornata nei nuovi episodi?
«Più o meno sono sempre le stesse. Se ad Aosta non trova la macchinetta delle sigarette, Schiavone è disposto ad arrivare a Milano».

E la sua classifica personale?
«Certo. Al primo posto c’è questo maledetto Covid, come per tutti. E al secondo posto la mancanza di chiarezza, tutti che parlano del Covid e poi una cosa smentisce l’altra».

Fare questa intervista rientra in classifica?
« No, è stato molto bello, io sono così, empatico».

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