Marco Giallini torna con la terza stagione di “Rocco Schiavone”. L’intervista

«Ad Aosta sto bene, ormai ho un sacco di amici. L’unica cosa però... Non sapete che caldo col loden in piena estate». Le 4 nuove puntate dal 2 ottobre in prima serata su Raidue

Marco Giallini è Rocco Schiavone
26 Settembre 2019 alle 17:17

Marco Giallini risponde al telefono e sento un po’ di confusione. «Scusa, stavo dipingendo e ascoltando l’ultimo disco dei Tool (gruppo musicale americano, ndr) “a palla”. Meno male che ho visto il telefono che si illuminava per la chiamata. E chi lo sentiva sennò? (ride). Aspetta che mi accendo una sigaretta».

E te lo immagini proprio come Rocco Schiavone. Magari non con il loden e le scarpe Clarks, visto il caldo che ancora soffoca Roma, ma senz’altro il vicequestore più “ribelle” della tv, che stiamo per rivedere nelle nuove puntate della terza stagione (dal 2 ottobre in prima serata su Raidue), al suo interprete somiglia tanto.

Marco, siamo alla terza stagione. Te lo immaginavi di arrivare fin qui quando hai cominciato a interpretare questo personaggio così fuori dagli schemi?
«Forse un po’ sì. Quando ho visto le prime scene ho pensato che mi piaceva parecchio. E il tempo mi è volato da allora, sono successe così tante cose a Schiavone… e poi l’amore del pubblico, anche quello più giovane. Pensare che il mercoledì sera gli universitari si fermavano davanti alla televisione per seguire un ribelle di Stato è una vera soddisfazione».

Come sarà Rocco nelle quattro nuove puntate?
«Lo ritroviamo un po’ solo in realtà, senza gli amici di sempre, con Sebastiano (Francesco Acquaroli) convinto che Rocco sia responsabile del suo arresto. Caterina (Claudia Vismara) l’ha tradito. Cresce invece il rapporto con Gabriele (Carlo Ponti di Sant’Angelo), il ragazzino vicino di casa, e Rocco riesce finalmente a conoscere la mamma. Una bella sorpresa, con un colpo di scena».
Andando avanti è più facile o più difficile rimettersi il loden e le Clarks per dare vita a Rocco?
«Non c’è differenza. Rocco mi somiglia moltissimo, è forse il personaggio che più sento vicino tra tutti quelli che ho fatto, e tornare a interpretarlo mi viene naturale. Tra me e lui ci sono molti punti in comune, mi guardo allo specchio e io sono quello lì. È uno duro, uno che non ha paura».

Mai un momento di stanchezza?
«Mai».

Anche tu sei romano. Lavorare ad Aosta ti pesa come pesa a Rocco?
«Per niente. Io non sono un appassionato di montagna e non amo sciare però Aosta mi piace molto. Sono anche cittadino onorario e mi hanno dato le chiavi della città. Un amico negoziante mi ha detto: “Visto che hai le chiavi fammi dormire di più la mattina e vieni ad aprire tu il mio negozio! (ride)”. Ad Aosta mi sono ambientato molto bene, mi sono fatto degli amici. E poi a me piace girare e lavorare in posti nuovi, amo vivere in albergo e i miei figli ogni tanto mi raggiungono. In quei momenti io non ho bisogno di altro».

Eppure qualche “rottura di scatole”, per dirla più o meno con Schiavone, ce l’avrai...
«Girare le scene invernali d’estate con il caldo. Ad Aosta fa caldo come a Roma ma devo lavorare col maglione e il loden. Un inferno... Scusa un attimo, spengo il video che stavo guardando prima che chiamassi».

Ma non stavi dipingendo?
«Sì, con gli spray, i colori acrilici e gli smalti. Ma intanto buttavo un occhio a un meraviglioso incontro di boxe degli Anni ’80 con Ray “Boom Boom” Mancini, un grande pugile italoamericano famoso perché incassava tanti di quei pugni in faccia ma non cadeva mai. E ora che gli anni sono passati, praticamente parla al contrario... (sorride)».

Ti piace la boxe?
«Eccome, da ragazzino tiravo di boxe pure io. Ma soprattutto mi ricorda mio padre, grande appassionato di questo sport, che la notte alle tre si alzava per vedere in tv gli incontri che si tenevano a New York. Veniva vicino a me e mi sussurrava: “Marco svegliati! Vieni che è iniziato”. E poi la mattina dopo non mi mandava a scuola. E io ero doppiamente felice...».

Ora a cosa stai lavorando?
«Ho finito “È per il tuo bene”, il film di Rolando Ravello con Giuseppe Battiston e Vincenzo Salemme. A fine mese inizio a girare la commedia di Massimiliano Bruno che è il seguito di “Non ci resta che il crimine” con Alessandro Gassmann e Gian Marco Tognazzi. Io i film a volte li faccio anche per stare con gli amici. Nel nostro lavoro si tralasciano un po’ i rapporti umani perché si corre sempre. Allora lavorare con gli amici è un modo per stare almeno un po’ insieme a loro».

Sei richiestissimo…
«E mi piace. C’è chi mi dice: “Lavori troppo, perché non ti riposi un po’?”. Ma perché me devo ferma’? È il lavoro mio e me piace da mori’».

Quando ti vuoi rilassare cosa fai?
«Sto con i miei figli, vado in motocicletta, dipingo, vedo gli amici».

E la musica?
«È la mia grande passione. Ho anche suonato le percussioni e cantato tre canzoni al concerto di Francesco De Gregori. Un’emozione vera (e comincia a cantare “Ti leggo nel pensiero”, ndr)».

L’ultimo disco che hai comprato?
«Johnny Cash a San Quintino, di cui però avevo già il cd doppio...».

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