Parte su Raiuno la seconda stagione della serie e abbiamo intervistato lo scrittore napoletano doc, amatissimo dai suoi concittadini e che non riesce a fare dieci metri tra le strade della sua città senza essere fermato per una foto o una stretta di mano e un ringraziamento
Parte su Raiuno la seconda stagione della serie «I Bastardi di Pizzofalcone». Abbiamo intervistato Maurizio De Giovanni, il padre dei «Bastardi»: Giuseppe Lojacono e i colleghi del commissariato sono nati dalla sua fantasia. De Giovanni, napoletano doc, amatissimo dai suoi concittadini, non riesce a fare dieci metri tra le strade della sua città senza essere fermato per una foto o una stretta di mano e un ringraziamento. Già. Perché quello che esce fuori dai romanzi dei Bastardi, e dalla serie tv che dai romanzi è tratta, è l’affresco di una Napoli come città unica al mondo per le sue tante stratificazioni e per un suo ritmo vitale diverso rispetto al resto del Paese. Un affresco che non ha niente a che fare con gli stereotipi della napoletanità. Un affresco di cui i napoletani vanno fieri.
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Maurizio, Napoli non è solo l’ambientazione della serie, è una vera e propria protagonista.
«La città è una dei protagonisti assoluti dei “Bastardi” e in generale di tutta la mia scrittura. Io vivo a Napoli e non mi sposterò mai da qui perché ho la fortuna di vivere e lavorare in una città che racconta storie. Napoli non è una quinta non può essere fondale, non lo sarà mai perché è per sua natura protagonista. È una città magmatica, costruita su un mare di fuoco e davanti a un mare di acqua. È sospesa tra l’inferno e il paradiso e questa è la sua natura. Dai Campi Flegrei al Vesuvio, è un unico vulcano, Napoli è costruita integralmente su un cratere. È anche evidentemente un paradiso, costruito su un inferno. E questo dice di Napoli tutto quello che si deve dire».
Come nascono i «Bastardi di Pizzofalcone»?
«Dopo aver scritto “Il commissario Ricciardi” (ambientato negli anni Trenta ndr) avevo voglia di indagare il tempo contemporaneo. E mi sono ispirato al più grande giallista di tutti i tempi Ed McBaine per cui nutro un amore folle. Anzi, l’ho scimmiottato, dal momento che lui è un modello inarrivabile».
Alessandro Gassmann somiglia al suo protagonista l’ispettore Lojacono?
«Ho scritto Lojacono pensando proprio ad Alessandro, che avevo conosciuto collaborando con lui allo spettacolo teatrale “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Alessandro ha una forza e un’intensità espressive straordinarie ed è perfetto per Lojacono, che è uno che parla poco con la voce, tanto con gli sguardi. Gli attori del cast sono straordinari. Nonostante non tutti abbiano le caratteristiche fisiche che avevo immaginato, sono davvero soddisfatto del risultato».
Quanto tempo impiega a scrivere un romanzo dei Bastardi?
«La preparazione può durare fino a un anno: faccio ricerche, aiutato anche da poliziotti investigatori e della Scientifica. Grazie alla loro consulenza sviluppo la trama. Dopodiché parto con la scrittura, che è una fase piuttosto rapida. Io scrivo per immersione, per assoluta immedesimazione: non può durare più di un mese perché avrei dei problemi di ritorno alla realtà se durasse di più!».
Sta per cominciare la seconda stagione. Lei sarebbe pronto per una eventuale terza?
«Nella mia mente le avventure dei Bastardi continuano sine die. Essendo una collettività possono sopportare sostituzioni, qualcuno che entra, qualcuno che esce, l’evoluzione dei vari personaggi. Questo è il racconto di un luogo, che è il commissariato di Pizzofalcone, non il racconto di una persona. Per questo narrativamente si presta a cambiare in tutte le sue parti. Non posso dire che ci sarà una terza serie, ma di sicuro non avrei problemi da “pagina bianca”…».
Infatti a metà novembre esce il suo nuovo romanzo «Vuoto per i Bastardi di Pizzofalcone» (Einaudi).
«Il caso è quello di una insegnante scomparsa nel nulla. Un amore finito. Uno appena cominciato. Quante cose ci vogliono per riempire un vuoto…»
Pizzofalcone esiste davvero a Napoli.
«È una collina che si trova sopra a piazza Plebiscito. A Napoli nei 400 metri di competenza del commissariato hai i Quartieri Spagnoli, quindi la Suburra, poi immediatamente dopo Chiaia, con i meravigliosi palazzi della borghesia commerciale rovinata dalla crisi e c’è attaccata piazza dei Martiri, con la borghesia finanziaria arricchitasi con la crisi. E poi hai il lungomare con i circoli nautici, il burraco senza fine, l’aristocrazia consolidata che vive in salotti senza finestre che non hanno alcun contatto con la città. Ecco, nelle interazioni tra queste quattro città ho un territorio narrativo sterminato e posso scrivere ogni storia creando delle interazioni tra questi mondi, a piacimento. A Milano o a Torino o a Roma non sarebbe possibile. A Napoli ho la periferia in centro: la cifra dei Bastardi è questa. E qualunque quartiere avessi scelto avrei avuto questa possibilità».