Miguel Angel Gobbo Diaz: «Fuori dal set aiuto mio papà in campagna»

Il Malik della fiction "Nero a metà" ci parla della sua vita: «Sono cresciuto in Veneto, a contatto con la terra»

Miguel Angel Gobbo Diaz è il vice ispettore Malik Soprani nella fiction "Nero a metà". La seconda stagione andrà in onda a settembre
10 Giugno 2020 alle 16:30

È il protagonista al fianco di Claudio Amendola di “Nero a metà”, la fiction che anche in replica sta ottenendo ottimi ascolti su Raiuno.

Miguel Angel Gobbo Diaz… doppio nome e doppio cognome: gli amici come la chiamano?
«Gli amici di infanzia Mig, quelli dell’adolescenza Micky. Per i colleghi sono solo Miguel. Ho tolto Angel perché la pronuncia corretta sarebbe quella spagnola con la “g” di gola e non a tutti viene automatica. E ora scelga lei… (ride)».

Miguel può andare bene. Il suo Malik Soprani è un poliziotto italiano con origini africane. Nella realtà lei è nato a Santo Domingo.
«Sì. Sono nato nella Repubblica Dominicana e a 3 anni sono venuto in Italia e sono cresciuto a Creazzo, vicino a Vicenza, nella cultura veneta».

Cosa intende?
«Sono cresciuto in campagna, mio padre lavora la terra, fa il vino, le patate, il grano, le olive. Abbiamo l’orto e gli alberi da frutta: mi sono appena arrampicato su un albero per raccogliere le ciliegie… io sono cresciuto in questo contesto, ho vissuto la natura e la cultura della campagna in Veneto. Parlo anche il dialetto».

La metto alla prova: mi dica un proverbio veneto.
«“Alla tua età saltavo i fossi par lungo”. Mi piace perché me lo ripetevano gli anziani quando ero un ragazzino».

Qual è il significato?
«Era un modo per spronarci a darci da fare. Il Veneto ha la cultura del lavoro, della famiglia, del sacrificio. Sono persone che lavorano per “fare musina”: risparmiare per i figli. Non si fermano mai. Mio padre è andato in pensione ma continua a lavorare la terra e quando sono qui ridivento contadino e lo aiuto: siamo andati da poco a seminare le patate. E poi bisogna zapparle...».

Le piace il contatto con la terra?
«Sì, e quando sono in città mi manca. Come mi mancano l’aria pulita, il silenzio, le verdure del nostro orto. Il trauma più grande quando mi sono trasferito a Roma, dieci anni fa, è stato andare a comprare la frutta e la verdura al supermercato (ride)».

Come è nato l’amore per la recitazione?
«Giocavo nella squadra del Sovizzo Calcio ed ero piuttosto bravo. Ero sulla fascia, il “pendolino” della squadra: correvo tantissimo. Per un periodo, fino ai 16 anni, ho sperato che potesse essere quella la mia strada. Poi piano piano ho capito che non lo era. Intanto a scuola c’erano delle ore obbligatorie da fare il pomeriggio e scelsi per curiosità un corso di teatro. Senza quasi rendermene conto continuai per i cinque anni delle superiori. A quel punto ho capito che volevo provare a fare questo mestiere, mi sono trasferito a Roma e sono entrato al Centro sperimentale. Il mio primo lavoro nel 2012 fu come protagonista di puntata nella serie “Il commissario Rex”. Interpretavo un bravo ragazzo rovinato dalle cattive compagnie».

I suoi come hanno preso questa scelta?
«Ricordo che a 18 anni ero in cucina con mia mamma e le dissi: “Non so perché ma recitare è l’unica cosa che mi sento di fare”. Lei mi ha guardato e mi ha risposto: “Va bene, faremo qualche sacrificio in più…”. Anche papà era contento, l’unico timore era non sapere a cosa stessi andando incontro. Noi qui in campagna viviamo in un’altra realtà e i miei non avevano idea di cosa fosse questo mestiere».

E quando l’hanno vista in tv?
«Erano felici. Per l’ultima puntata ho chiamato tutti i miei amici a casa, abbiamo messo i tappeti a terra in salotto e l’abbiamo guardata insieme. Quanto mi hanno preso in giro…“Ma guardalo, che marpione!”. E giù risate per tutta la sera. Scherzano ma so che sono orgogliosi di me».

Nella serie “Nero a metà” il suo personaggio Malik vive il pregiudizio del colore della sua pelle. Le è mai successo nella vita?
«Io sono stato molto fortunato, ho sempre avuto tanti amici che non mi hanno mai fatto sentire discriminato. Non mi sono mai trovato in situazioni antipatiche a causa del colore della mia pelle, ma conosco persone che non sono state così fortunate».

Quando le propongono dei ruoli le vengono offerti in base al colore della pelle?
«Dieci anni fa in “Rex” ho fatto un criminale latino-americano, oggi interpreto un poliziotto italiano. Le cose stanno cambiando, ma in questi anni non mi sono preoccupato del fatto che mi avrebbero proposto solo ruoli di criminali, piuttosto ho pensato a studiare per ottenere ruoli più adatti a me».

Quali sono i prossimi?
«Sto per cominciare a girare una serie tv internazionale per una grande piattaforma. E poi mi piacerebbe interpretare un personaggio realmente esistito, in una storia vera. Al cinema magari…».

Seguici