Montalbano unisce l’Italia, ecco perché lo riguardiamo sempre

Come Garibaldi, Montalbano unisce l’Italia: è il nostro eroe dei due mondi, quello televisivo e quello letterario. Ma quali sono le ragioni di tanto successo?

4 Maggio 2021 alle 09:21

Anni fa lo scrittore Andrea Camilleri, intervistato sul successo imperituro del suo commissario Montalbano, rispose: «Mi sorge il dubbio che gli italiani si stiano facendo una sorta di alibi. Vanno ad applaudire Montalbano, così con la coscienza pulita poi possono fare gli imbroglietti loro...».

Sarà, ma da oltre vent’anni i 37 film della serie raccolgono ottimi ascolti a ogni replica (comprese quelle in onda in questi giorni). Come Garibaldi, Montalbano unisce l’Italia: è il nostro eroe dei due mondi, quello televisivo e quello letterario. Ma quali sono le ragioni di tanto successo? Abbiamo cercato di capirle. Eccole.

1. La bellissima Sicilia

È la protagonista immanente. I paesaggi, gli scorci, le piazze, i monumenti, il barocco, il mare. La cucina tipica. Montalbano fa il commissario a Vigata, immaginario paese costruito dalla fantasia di Camilleri. Fu il produttore Carlo Degli Esposti a trovare la giusta ambientazione: «Cercavo l’atmosfera dei film di Pietro Germi, quella Sicilia lì». E ci riuscì. Tant’è che i luoghi di Montalbano fra Ragusa e Agrigento (e Trapani) sono diventati meta di migliaia di turisti.

2. Il protagonista

Luca Zingaretti è l’icona del Commissario. Anche se l’inizio non fu semplice. Così come raccontò il produttore Degli Esposti: «Mi chiamò Luca Zingaretti, che non conoscevo: “Sono un ex allievo di Camilleri (all’Accademia nazionale d’Arte drammatica, ndr), ho letto i libri, sono stupendi, vorrei fare un provino”. E io: “Ma il protagonista è moro, con i baffi, tu sei pelato...”. Ma era così motivato che il provino lo fece e fu straordinario». Nel 2008 l’attore annunciò l’addio e la serie si fermò per quattro anni. Poi ci ripensò. «Questa serie è un po’ come l’Africa: se non la fai, dopo un po’ ti viene il “mal d’Africa”» ammise.

3. Il metodo di indagine

Sono state fatte tesi di laurea per interpretare e analizzare il metodo di indagine che utilizza Montalbano, fra istinto e psicologia. Il Commissario interroga, parla, sviscera. Elemento tipico delle sue indagini è la nuotata in mare. «Ha un effetto catartico, purificatore. Quando si immerge in acqua è come se si mondasse di tutti i peccati, suoi e dell’umanità» dice Zingaretti.

4. I dialoghi teatrali

Alcune scene della serie sono da commedia dell’arte. Esemplari i dialoghi con il dottor Pasquano, il medico legale, l’unico che tratta male Montalbano. Marcello Perracchio, che lo interpretava, spiegò: «Pasquano sta andando in pensione e non ha più niente da chiedere. Montalbano ha sempre fretta di avere i risultati delle autopsie. Fra loro si è instaurato questo gioco, si fanno i dispetti». Le parti comiche, invece, sono affidate a Catarella (Angelo Russo) e al suo colorito linguaggio, un misto di parlata siciliana e strafalcioni. Proverbiale l’espressione: «Di pirsona pirsonalmente».

5. Salvo e le donne

Salvo ha un’eterna fidanzata, Livia (con i volti di Katharina Böhm, Lina Perned e Sonia Bergamasco) che vive lontano e ogni tanto lo raggiunge. Nel frattempo lui si invaghisce o viene circuito da altre donne. È in “La vampa d’agosto” che Montalbano tradisce per la prima volta Livia. Ma le tentazioni si ripropongono. Il miglior modo per resistere? Cedervi, come diceva Oscar Wilde. Fino all’episodio andato in onda lo scorso 8 marzo in cui il Commissario perde la testa per una collega (Greta Scarano) al punto da lasciare Livia. Sollevazione popolare!

6. La sospensione

Nella serie tutto fa pensare a un tempo e a un luogo sospesi. Tutto si ripete uguale. Montalbano guida sempre, dal 1999, una Fiat Tipo. Non segue la moda, ma indossa sempre le stesse tre giacche, camicia e pantaloni. Intorno a lui c’è un’atmosfera abbandonata, antica. Il regista storico, Alberto Sironi, la spiegò così: «Ci voleva un paesaggio da fiaba, allora ho tolto le macchine dalle strade, ho messo poche comparse, perché se le strade sono vuote si vede il barocco».

Lo riguardiamo ogni volta perché ce lo dimentichiamo

Abbiamo chiesto al professor Giorgio Simonelli i motivi del successo della serie.

Perché Montalbano non stufa mai?
«Da spettatore ingenuo la prima risposta è che le trame sono a volte così complesse che non ti ricordi più chi sia il colpevole, lo svolgimento dei fatti è talmente intricato che riesci a dimenticare come va a finire la storia e ti rivedi tutto l’episodio».

E per chi se lo ricorda?
«Per tutti vale la dimensione brillante e comica, certe situazioni, certi dialoghi, certi personaggi minori sono così divertenti che li rivedresti sempre, ripeti a memoria le battute. Per esempio l’episodio del Commissario che dà a Catarella dei video da visionare non sapendo che sono a luci rosse e Catarella gli dice: “Dottore, dottore, ficcano!”. E Montalbano chiede: “Ma chi ficca?”. E lui: “Omini con fimmine, fimmine con fimmine e fimmine con armali”».

Come spiega tanto successo?
«Con la qualità del prodotto. È una serie realizzata con una qualità alta, ma nello stesso tempo è inclusiva, ossia non esclude il pubblico non colto. Guardando Montalbano si assiste al tipico esempio di “doppia lettura”: c’è quella “alta” con tutti i riferimenti al noir e alla cultura classica (le tragedie greche) e c’è una lettura “media” che puoi fare per il solo piacere della storia».

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