Serena Iansiti: «Per conquistare Ricciardi metto la veletta»

L'attrice interpreta una donna sensuale e misteriosa nella fiction con Lino Guanciale: «Ho studiato i trucchi di Greta Garbo»

Serena Iansiti
11 Febbraio 2021 alle 08:52

Siete colpiti dal fascino dell’elegante Livia nella serie tv “Il commissario Ricciardi”? La donna sensuale e misteriosa che ha un debole per il protagonista, interpretato da Lino Guanciale, è Serena Iansiti, attrice che è stata nel cast di tante fiction popolari. Fra le altre, l’abbiamo vista in “Squadra antimafia”, “Le tre rose di Eva”, “Il commissario Montalbano”, “Don Matteo”. Ed è anche la dottoressa Martone in “I bastardi di Pizzofalcone”, altra serie amata dai fan di “Ricciardi”, perché tratta da altri libri dello stesso autore, Maurizio de Giovanni. La intervistiamo mentre fa colazione a Napoli, la sua città natale. «Ho mangiato una sfogliatella» confida. E questo ispira subito simpatia e un po’ di sana invidia…

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Serena, torna spesso nella sua Napoli?
«Appena posso, anche se io vivo a Roma. La mia famiglia è di qui, sono nata qui e qui ci sto bene».

La sua Livia, invece, è una delle poche a non essere di Napoli nella fiction.
«Nei libri di de Giovanni è marchigiana. Nella serie non parla marchigiano, ma si sente che viene “da fuori”».

Dentro, invece, com’è fatta Livia?
«“Felina” nei confronti di Ricciardi, rapita da lui. Dopo averlo conosciuto durante l’indagine condotta sull’omicidio del marito, il tenore Arnaldo Vezzi, ne è attratta fatalmente. Perché Ricciardi, così ombroso e distaccato, è l’unico che la tratta come una donna normale. Mentre tutti gli altri uomini sono ossequiosi, dato che Livia è la migliore amica della figlia del Duce».

Con Lino Guanciale vi siete conosciuti sul set?
«Ci eravamo visti un paio di altre volte di sfuggita. Ma è proprio durante le riprese della fiction, fra Taranto e Napoli, che ci siamo conosciuti. Per noi del cast e per tutta la troupe capitanata dal regista Alessandro D’Alatri questo è stato un lavoro importante, anche sul piano umano. E Lino mi ha colpito per la sua affabilità: è gentile, molto alla mano».

È stato molto difficile calarsi nei panni di una diva Anni 30?
«I costumi un po’ aiutano (ride). La moda dell’epoca era molto femminile».

Basta una veletta per aggiungere un tocco di mistero?
«È un accessorio, che vela e non svela… Ma la capacità di seduzione in Livia è una dote innata, naturale: neanche lei sa di averla».

A chi si è ispirata per calarsi in questo ruolo?
«Ho studiato tantissimo la postura e le movenze delle dive della vecchia Hollywood: Marlene Dietrich, Greta Garbo. E poi ho cercato di capire anche il segreto del carisma di Lady Gaga, una diva di oggi».

Di tipicamente suo che cosa ci ha messo?
«L’ironia e la determinazione. Livia, come me, è una che se si mette in testa una cosa la ottiene».

Lei ha sempre voluto fare l’attrice?
«Sì, da bambina mi piaceva fantasticare e mettere in scena piccole storie con le mie amiche. Al liceo ho fatto il primo corso di teatro. Poi è arrivato il Centro sperimentale di cinematografia, tanta gavetta, il ruolo di Lavinia Grimani nella soap “CentoVetrine” e così via».

Mamma Gloriana, insegnante, e papà Nicola, magistrato, sognavano per lei un futuro da…?
«…da persona felice! Non mi hanno mai ostacolato o spinto a fare professioni diverse o cose che non volevo. L’importante per loro è che io sia contenta».

Serena, di nome e di fatto?
«Beh, il mio nome è una missione. Tendo a quello, e in genere ci riesco. Ma, di base, ogni attore è un po’ irrequieto, altrimenti non potrebbe fare questo mestiere».

È vero che lei ha origini olandesi?
«Lontanissime. Infatti il mio cognome in origine era scritto Jansiti, forse da Jansen. Purtroppo, via via, all’anagrafe questa “j” bella e carismatica è diventata una normalissima “i”».

Gli olandesi, storicamente, sono un popolo di esploratori. Ci si ritrova?
«Adoro viaggiare, sono una da zaino in spalla e via. Ho girato il mondo: Thailandia, Giappone, Messico. Viaggio anche da sola, l’ultima volta è stato in Perù. Finita la pandemia, quando si potrà, mi piacerebbe partire e andare in Oceania, il continente che mi manca».

Invece quando è a casa come cerca di “evadere”?
«Cammino in mezzo alla natura quando posso, perché mi rigenera. Durante la quarantena ho sperimentato nuove ricette in cucina, un po’ come tutti. Ma ho scoperto anche il bricolage: ho pitturato vecchi mobili, ho costruito delle mensole, ho fatto un tappeto con dei pompon di lana».

È una super creativa?
«Sa, sempre lì si torna! Con i cinema e i teatri chiusi, la creatività da qualche parte deve pur “uscire”, non le pare?».

È anche innamorata?
«Sono innamorata delle mie nipotine, le figlie di mio fratello Vittorio: Cecilia, di 9 anni, e Nicoletta, di 4. Sono una zia giocherellona, una zia amica. La più grande si mette già i miei maglioncini, con loro mi diverto molto».

Stiamo dimenticando qualcuno di importante nella sua famiglia?
«Chica, la mia bassottina! In realtà è la cagnolina di mamma, ma passa tanto tempo con me. È simpaticissima. Ama i viaggi anche lei, è dinamica e socievole con tutti gli umani».

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