«Sotto copertura – La cattura di Zagaria»: trama, cast e storia

I personaggi protagonisti della fiction di Rai1, Alessandro Preziosi e Claudio Gioè, raccontano il duello tra il boss e il servitore dello Stato

Alessandro Preziosi interpreta il boss dei Casalesi Michele Zagaria, mentre Claudio Gioè è Michele Romano, personaggio ispirato a Vittorio Pisani, il capo della Mobile che catturò Zagaria
16 Ottobre 2017 alle 12:05

Una nuova guerra e un nuovo incubo aspettano il superpoliziotto Michele Romano (interpretato da Claudio Gioè) nella seconda stagione di «Sotto copertura». Se la prima si era conclusa con l’arresto del boss Antonio Iovine, questa volta a togliergli il sonno sarà l’altro grande capo del clan dei Casalesi: Michele Zagaria, a cui dà il volto un gelido Alessandro Preziosi. Si parte lunedì 16 ottobre su Raiuno.

La storia scaturisce dalla cronaca recente (il vero Zagaria è stato arrestato nel 2011) e questo ha messo molta pressione sugli attori. Soprattutto su Preziosi, incaricato di far rivivere la mente e le gesta di un camorrista luciferino. «Mi sono documentato guardando filmati di cronaca e parlando con i testimoni, e la sensazione dominante in quei momenti è stata di un profondissimo disagio. Io poi sono napoletano e quindi mi sentivo direttamente coinvolto» racconta l’attore, che continua: «È stato anche un viaggio alla scoperta dei lati oscuri della Campania. Tre anni fa avevo interpretato Don Diana, il prete ucciso proprio dal clan dei Casalesi. Ora tocca a Zagaria. Con questi due personaggi posso dire di aver raccontato il meglio e il peggio della mia terra». Con uno scrupolo: «Quello di non mitizzare mai il male, di non renderlo affascinante. Ciò che più colpisce di Zagaria è l’insieme di freddezza, astuzia e sadismo. Una diabolica capacità di annusare la paura e le debolezze degli altri e di sfruttarle per i propri fini. Quella che si crea tra Zagaria e Romano è una guerra ma anche una lunga partita a scacchi, fatta di mosse e contromosse, dove la distanza siderale tra i due non impedisce che ci sia del rispetto». Distanza siderale, già. Perché se da una parte c’è un boss spietato, dall’altra c’è «un vero servitore dello Stato, un uomo che ti fruga dentro con lo sguardo» racconta Claudio Gioè, che per prepararsi al ruolo ha incontrato Vittorio Pisani (il poliziotto che arrestò Zagaria), a cui si ispira la figura di Romano. «Lui non ama i riflettori e anche per questo si è deciso di non usarne il nome. Ma lo spirito è il suo. E sua è anche la storia, compresi i vari tentativi di infangare il suo nome e il suo lavoro che sono parte centrale della fiction».

La scena più difficile? Entrambi gli attori indicano la lunga sequenza della cattura di Zagaria. «Abbiamo girato nei luoghi reali, a Casapesenna (in provincia di Caserta, ndr), nello stesso edificio sotto cui si celava il bunker del boss. L’accoglienza della gente è stata commovente: erano contenti, ci offrivano il caffè. Eravamo lì a raccontare una grande vittoria della giustizia e anche questo è il segno che, quando lo Stato c’è, le persone non restano indifferenti». Incalza Preziosi: «Tre giorni di riprese, il senso claustrofobico del sentirsi in trappola, il faccia a faccia finale. Quella è stata senza dubbio la sequenza più complessa e più emozionante».

La miniserie si articola in quattro puntate «e questo ha permesso di approfondire anche il lato umano degli altri personaggi» sottolinea Gioè. Da una parte la squadra dei poliziotti (interpretati da Antonio Folletto, Antonio Gerardi, Simone Montedoro, Matteo Martari e Giulia Fiume) e dall’altra un giovane camorrista (Erasmo Genzini) e soprattutto Agata (Alejandra Onieva), forse l’unica persona al mondo per cui il boss Zagaria prova un vero affetto. E che, proprio per questo, sarà il suo tallone d’Achille.

**La storia della lotta al** **clan dei casalesi** **e al loro impero sanguinario**

Le origini del clan dei Casalesi risalgono all’immediato dopoguerra, quando famiglie di San Cipriano d’Aversa e di Casal di Principe impongono il loro controllo sulle aziende agricole della zona praticando estorsioni. Si legano poi, negli Anni 70, alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, allargando i loro interessi all’edilizia e al traffico di droga. Il «salto di qualità» avviene negli Anni 80, quando nuovi spregiudicati boss come Antonio Bardellino e Mario Iovine puntano sul traffico di cocaina come attività principale. Nel 1988 la scomparsa di Bardellino segna il culmine di una guerra intestina che rende San Cipriano il comune con il più alto tasso di omicidi d’Europa. Ne escono vincitori i boss Francesco Schiavone (detto «Sandokan») e Francesco Bidognetti. La zona di influenza del clan si espande a velocità vertiginosa in tutta Italia e all’estero, con basi in Polonia, New York e Sudamerica. Nel 1994 i Casalesi uccidono anche don Giuseppe Diana, il parroco di Casal di Principe accusato di «parlar male della camorra». Bidognetti viene arrestato nel 1993, «Sandokan» nel 1998. Ma proprio la loro uscita di scena favorisce l’ascesa di Antonio Iovine e Michele Zagaria, già condannati all’ergastolo ma latitanti. La caccia ai nuovi boss si concluderà con l’arresto di entrambi: nel 2010 tocca ad Antonio Iovine, il 7 dicembre 2011 a Zagaria.

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