Nella fiction interpreta un'avvocata che per averla vinta è pronta a tutto. Pure a giocare sporco

Se doveste mai andare in tribunale, sperate di non trovarvi di fronte l’avvocata Marina Battaglia. Perché è gelida, determinata, implacabile. E pronta a tutto pur di vincere una causa. Anche a giocare sporco. Ma lasciamola descrivere a Lunetta Savino, che la interpreta nella fiction “Studio Battaglia”.
Lunetta, l’avvocata Battaglia è proprio così terribile?
«È una donna battagliera come il suo cognome. Ed è una vera dura: ha dovuto combattere contro tutto e tutti per tirare su tre figlie e intanto creare uno studio legale, sempre da sola. Perciò non sopporta di vedere la fragilità negli altri, e soprattutto nelle figlie. Ma gli eventi scalfiranno la sua corazza... È anche una linguaccia tagliente, dalle unghie affilate e dalla battuta sarcastica, che usa per spezzare la tensione. Questi tratti mi hanno immediatamente conquistata. Non avevo mai interpretato un personaggio così e ho accettato con entusiasmo».
Come si è preparata?
«Ho un’amica avvocata matrimonialista che mi ha dato molti consigli. Ma il lavoro più grande lo ha fatto la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan incontrando tanti esperti del settore. Adoro come ha creato il personaggio, pieno di sottigliezza e verità. E poi ho studiato i “legal drama” americani, un genere che mi è sempre piaciuto. La mia serie preferita è “The good wife” con il suo seguito “The good fight”. Mi piace anche vedere le differenze “tecniche” tra i processi americani e i nostri...».
Ma lei aveva già esperienza di diritto e tribunali? Magari ha studiato giurisprudenza?
«Per carità. È un mondo troppo complicato per i miei gusti. Però mi affascina il conflitto tra la dimensione pubblica e quella privata. Dover raccontare i fatti propri in un’aula di tribunale... brrr, da brividi».
A lei è mai successo?
«Quando ho divorziato dal mio ex marito. Ma non mi è servito molto da ispirazione, per due motivi. Il primo è che nella fiction sono un’avvocata, mentre lì ero la protagonista della pratica, e vi assicuro che sono ruoli molto diversi: ricordo che volevo solo che finisse tutto il più in fretta possibile. E poi perché eravamo al tribunale di Napoli e c’era una confusione incredibile: mi sono pure persa, non riuscivo a trovare l’aula dove eravamo convocati... in tv invece è tutto efficiente, ordinato, infallibile».
Lei, in tv, è milanese (anziché pugliese come nella realtà).
«Già. Ho dovuto controllarmi perché io sono espansiva, mi piace sottolineare le parole con i gesti, e invece il regista mi bacchettava... non tanto perché Marina Battaglia è di Milano, ma perché ha una personalità molto controllata, quasi gelida. E anche ognuna delle sue tre figlie ha un carattere diverso».
Per esempio?
«Anna, interpretata da Barbora Bobulova, è la “ribelle”: pur di non ascoltare più le prediche della mamma è andata a lavorare in uno studio legale rivale, e così si ritroveranno in tribunale l’una contro l’altra. Ma sono anche molto legate. Nina è la “fedele”, rimasta a lavorare con la madre, ma è anche più fragile: la interpreta Miriam Dalmazio. E poi c’è Viola, interpretata da Marina Occhionero, la più piccola, tenera e solare, che ha scelto un’altra strada. Marina non accetta che si accontenti di fare la baby-sitter. E poi si vuole sposare a 25 anni, per la madre è inconcepibile».
E poi c’è Massimo Ghini...
«Massimo interpreta il mio ex marito, che salta fuori dal nulla perché vuole riallacciare un rapporto con le figlie che aveva abbandonato da piccole... lo aspetta una lunga scalata, e non è detto che abbia successo. È stato bello ritrovare Massimo sul set, con lui avevo girato “Raccontami”, una fiction a cui sono molto affezionata».
Anche lei, come la protagonista, ha dovuto conciliare lavoro e maternità, tutto da sola...
«Mi hanno aiutato mamma e papà. Però sì, non è stato facile, soprattutto perché il lavoro di attrice impone di viaggiare molto. Quando mio figlio Antonio era piccolo ho rinunciato a diversi tour teatrali. Poi per fortuna è arrivato “Un medico in famiglia”, che è stato una manna dal cielo. Sia perché essendo una fiction lunga era un lavoro più stanziale, sia perché mi ha regalato la popolarità. E il personaggio di Cettina era strepitoso».
Le manca un po’ Cettina?
«Non è tanto questo, perché amo fare cose nuove. Ma resta un ricordo di grande gioia e tenerezza. E se mi capita di rivederla sullo schermo, rido come una pazza».