“Sul tetto del mondo”: Walter Bonatti, l’uomo che fu più forte del freddo

Storia del grande alpinista a cui Raiuno dedica un’intensa docufiction

Alessio Boni e Nicole Grimaudo
12 Settembre 2021 alle 08:43

Domenica 12 settembre, alla vigilia del decennale della morte di Walter Bonatti, uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi, Raiuno propone “Sul tetto del mondo - Walter Bonatti e Rossana Podestà”, docufiction diretta da Stefano Vicario, figlio della stessa Podestà. Interpretata da Alessio Boni e Nicole Grimaudo, “Sul tetto del mondo” ripercorre la vita di Bonatti a partire dal primo incontro con la Podestà, avvenuto a Roma nel 1981.

Al centro della narrazione ci sono l’eco della celebre spedizione alpinistica che il 31 luglio 1954 conquistò per la prima volta la vetta del K2 e le polemiche che ne seguirono ma, soprattutto, l’amore tra Walter e Rossana. «Walter ha avuto una vita difficile fin da bambino: prima affidato ad alcuni parenti a causa delle difficoltà economiche della famiglia poi, a soli 24 anni, tradito sul K2» racconta Alessio Boni. Ad ammorbidire il suo carattere è stata proprio la Podestà. L’attrice, bellissima e molto famosa soprattutto negli Anni 60 e 70 grazie a film di grande successo come “7 uomini d’oro”, gli è stata accanto trent’anni: «Lui le ha fatto scoprire la bellezza della natura e lei, a sua volta, gli ha fatto conoscere il calore di una famiglia» conclude Boni.

Nicole Grimaudo conferma: «Rossana aveva capito subito com’era Walter e come doveva prenderlo. Gli ha mostrato che la vita vera è fatta anche di bambini, schiamazzi, tavolate e che si può essere eroi anche senza la montagna. Nello stesso tempo, con Walter lei ha iniziato per la prima volta a sentirsi se stessa. Fino ad allora aveva dato molto e ricevuto poco. Lui, invece, le ha riempito la vita con un amore così immenso trovato, peraltro, in età adulta». Tra le testimonianze raccolte c’è quella di Fabio Fazio, amico della coppia che il conduttore definisce: «Due anime che si sono incontrate: Rossana aveva voglia di vita vera, di concretezza, di realtà, di sostanza, e Walter aveva bisogno di lei».

La storia di Walter Bonatti

di Angelo Ponta*
Walter Bonatti non è figlio della montagna. Nasce a Bergamo (nel 1930) e presto la famiglia si trasferisce a Monza. Tali sono le ristrettezze economiche, però, che dal 1933 viene mandato a vivere dagli zii a San Pietro in Cerro (PC), vicino al Po. In quel periodo nasce una sorellina, Ermelinda, che lui non vedrà: la bimba muore a un anno d’età, forse per una peritonite difterica. Walter torna dai genitori quando ha 9 anni.

Nemmeno il suo primo sport è legato alla montagna: a 16 anni entra nella società di ginnastica “Forti e Liberi”. Partecipa a concorsi internazionali, pare che sogni di andare alle Olimpiadi, ma intanto si accende in lui una scintilla, comincia a salire i sentieri della Grigna (LC). Nel settembre del 1948 entra nel gruppo di rocciatori “Pell e Oss”, il cui nome è un ironico riferimento alla magrezza dei fondatori, giovani usciti dalla guerra, dalla fame, qualcuno anche dai campi di prigionia.

I suoi progressi sono fulminei: a 21 anni scala per primo “l’impossibile” parete est del Grand Capucin. Monza lo festeggia, ma quando alla serata in suo onore il sindaco gli appunta la medaglia d’oro, la madre per l’emozione si sente male, e pochi giorni dopo muore. È un trauma per Walter, punito dal destino: un successo pagato col dolore.

La spedizione in cima al K2

Nel 1954 partecipa alla spedizione al K2. È impossibile riassumere in poche righe quel che accadde durante la scalata; importa ricordare che la vera polemica scoppierà dieci anni dopo, quando Bonatti sarà accusato di avere, sul K2, cercato per ambizione di superare i compagni incaricati di raggiungere la vetta, e di aver perfino consumato parte dell’ossigeno a loro destinato, rischiando così di far fallire l’impresa. Da allora si dedicherà a smontare le bugie dei suoi denigratori e a pretendere la modifica della relazione ufficiale. Otterrà soddisfazione quarant’anni dopo, quando si scriverà la parola “fine” a quell’incredibile giallo d’alta quota. Intanto, nel 1955, mette a segno un capolavoro con la scalata del Petit Dru.

Dell’impresa scrivono giornalisti di tutto il mondo, compreso... lui stesso, che in un articolo per “Epoca” (il primo!) racconta le sue «cinque notti sull’abisso». Dopo questo successo progetta di tornare da solo sul K2: per trovare il denaro necessario propone a una casa editrice di comprargli l’esclusiva sul racconto, ma senza risultato. Secondo la leggenda, fu lo stesso Arnoldo Mondadori a dirgli che non voleva finanziare un... suicidio.

Walter è un fuoriclasse: sceglie vie e corre rischi non comuni; per abituarsi al gelo dorme all’aperto, d’inverno, sotto le montagne; anche i suoi allenamenti, eredità della disciplina da ginnasta, sono innovativi. Se a ciò si aggiunge che “viene dalla pianura”, si comprendono le invidie che maturano contro di lui. Oltretutto è bello, fotogenico, e nonostante le umili origini ha letto molto, tiene conferenze, scrive. Nel 1957 lavora addirittura a una trasmissione Rai, “Ecco lo sport”: un piccolo manuale dell’alpinismo in quattro puntate, per il quale lui e la regista Alda Grimaldi vinceranno il premio “Saint-Vincent”.

Nel 1961 esce il suo primo libro, “Le mie montagne”. Ma in quell’anno partecipa a una scalata durante la quale muoiono quattro dei suoi sei compagni. Qualcuno lo accusa, ingiustamente, di essere responsabile della tragedia: la storia gli darà ancora una volta ragione, ma qualcosa si è incrinato. Bonatti intensifica le collaborazioni con “Epoca” e nel 1965 abbandona l’alpinismo con l’ultima impresa: la salita invernale solitaria della parete nord del Cervino. In aprile viene assunto da “Epoca” in qualità di “inviato fotografo”. Retribuzione netta: 250 mila lire.

La nuova vita da esploratore

Per 15 anni viaggia nei luoghi più inesplorati: Yukon, Africa, Amazzonia, Patagonia. Nel frattempo... si sposa, con Giulia. Il matrimonio e il lavoro al settimanale, però, si concludono entrambi nel 1979. Due anni dopo, viene a sapere che l’attrice Rossana Podestà lo ha indicato come l’uomo con cui sarebbe volentieri fuggita su un’isola deserta. Lui le scrive e scocca l’amore. I due restano a lungo divisi tra Milano, Roma e l’Argentario, finché nel 1991 si stabiliscono a Dubino (SO), in Valtellina. Con Rossana, Walter trova una famiglia, lui che non ha mai avuto figli (dirà: «La mia compagna ne ha due, che hanno a loro volta quattro e cinque bambini. Nove nipoti senza essere stato padre: non è male, vero?»). E con lei trascorrerà gli ultimi trent’anni, continuando a viaggiare: l’ultima meta sarà il Sahara egiziano, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. L’anno in cui, il 13 settembre, concluderà davvero il suo viaggio.

*Giornalista, consulente per la docufiction “Sul tetto del mondo”, curatore del libro su Bonatti “Il sogno verticale” (Rizzoli) e della mostra (con Roberto Mantovani) “Stati di grazia”, aperta fino al 5 dicembre al Museo della Montagna di Torino.

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