Terence Hill: «Ormai sono 20 anni che conosco Don Matteo»

Il 7 gennaio “Don Matteo” compie 20 anni. Questa 12a stagione (10 nuovi episodi al via giovedì 9 gennaio) non sarà l’ultima, come invece si era vociferato tempo addietro

Terence Hill con tonaca e “chiodo” nella 12a stagione della fiction
26 Dicembre 2019 alle 09:00

Il 7 gennaio “Don Matteo” compie 20 anni. La prima puntata delle avventure del prete investigatore più amato della tv, infatti, andò in onda proprio il 7 gennaio 2000. E i milioni di fan della fiction di Raiuno hanno anche un altro motivo per festeggiare. Questa 12a stagione (10 nuovi episodi al via giovedì 9 gennaio), infatti, non sarà l’ultima, come invece si era vociferato tempo addietro.

A rivelarlo a Sorrisi è lo stesso Terence Hill: «Fermo restando che sarà la Rai a decidere, per quanto mi riguarda sono pieno di entusiasmo e carico di energia. E “Don Matteo”, grazie alle caratteristiche del protagonista, potrebbe andare avanti all’infinito».

Terence, a quali caratteristiche si riferisce?
«Don Matteo è una figura epica, un po’ come Trinità (il pistolero che ha interpretato con successo nei film western degli Anni 70, ndr). Non ha un passato, non ha parenti, non si sa da dove venga né dove vada. È il personaggio perfetto per una serie senza fine».

Intanto sono trascorsi 20 anni. Cosa ricorda dell’arrivo di Don Matteo nella sua vita?
«Stavo preparando una serie per Mediaset su un prete-investigatore che era anche a capo di una squadra di paracadutisti. A 15 anni avevo recitato nel film “Divisione Folgore”, in cui interpretavo proprio un paracadutista, perciò l’idea mi piacque subito. Quando il progetto era quasi pronto, mi chiamò il mio agente per dirmi che anche la Lux Vide stata lavorando a una serie su un prete-investigatore e voleva me come protagonista. Ne parlammo e il progetto mi appassionò perché mi avrebbe permesso di confrontarmi con la provincia italiana e con tanti attori diversi. Perciò accettai, chiedendo alcune modifiche».

Quali modifiche?
«Innanzitutto il titolo, che da “Il diavolo e l’acquasanta” diventò “Don Matteo”. Poi il nome del protagonista, che inizialmente si chiamava Don Teodoro. E, infine, il mezzo di trasporto. Enrico Oldoini, che ha ideato la serie, lo aveva immaginato a bordo di una moto, io invece ho preferito la bicicletta perché è più ecologica e dà più movimento alle scene. La bici ormai è diventata un simbolo di Don Matteo: basta appoggiarla al muro di una casa e tutti pensano che lì ci sia lui».

A proposito di simboli, c’è anche la tonaca...
«La stessa, fin dalla prima puntata. A un certo punto ho deciso di accontentare chi mi chiedeva di farne una nuova e sono andato diligentemente a farmi prendere le misure dal sarto. Quando me l’hanno consegnata, l’ho appesa nell’armadio e ho continuato a indossare la mia, piena di rattoppi. Ora per fortuna c’è papa Francesco e grazie alla sua semplicità nessuno mi critica più! Ho anche cambiato un po’ il linguaggio, un po’ meno da prete e più da persona comune».

Una delle armi vincenti della serie è costituita dal cast. Dopo 20 anni di set insieme, c’è qualcuno con cui è nata una vera amicizia?
«Sicuramente con Nino Frassica (il maresciallo Cecchini, ndr). Io parlo poco, lui parla poco, ma siamo diventati amici per la pelle. In scena, poi, ci capiamo al volo. Siamo una coppia ben riuscita, un po’ come don Camillo e Peppone. Ho avuto un buon rapporto anche con Simone Montedoro (che ha interpretato il capitano Tommasi dalla sesta alla decima stagione, ndr). Per questa nuova edizione è tornato sul set per una piccola apparizione ed è stata una festa».

Sicuramente Don Matteo e il maresciallo Cecchini sono i due personaggi più amati.
«È vero, ma ce ne sono anche altri che piacciono moltissimo. La perpetua Natalina (l’attrice Nathalie Guetta, ndr), per esempio. Lavora e nessuno le dice mai grazie. Un po’ come succede a tante mogli quando i mariti non riconoscono i loro sacrifici. Sapesse quanta gente per strada mi ferma e mi parla di Natalina!».

Mai quanta ne viene sul set durante le riprese a Spoleto.
«Arrivano persone dai posti più incredibili: dalla Germania, dall’Olanda, persino dal Sudafrica. Tutti mi chiedono di fare un selfie e io faccio quello che posso. Quando non ho tempo faccio un saluto collettivo. Il massimo è stato quando una signora ha chiesto se potevo confessarla: le ho spiegato che non sono un prete vero e lei allora se ne è andata. Ma non sembrava molto convinta...».

Per ogni stagione di “Don Matteo” sono necessari nove mesi di riprese. Come concilia questi ritmi con la vita familiare?
«Mia moglie (l’americana Lori, con cui è sposato da oltre 50 anni, ndr) viene spesso a trovarmi. Quando arriva mi fa trovare una buona cena e questo per me è molto salutare (ride). Però, proprio a causa degli impegni di lavoro, stiamo pensando di lasciare la nostra casa in Massachusetts e trasferirci definitivamente in Italia, tra l’Umbria e Roma. E poi la casa negli Stati Uniti richiede una continua manutenzione: l’ultima volta che mia moglie c’è stata, poco tempo fa, c’era già un metro di neve».

Allora è così che si tiene in forma, facendo il “carpentiere”?
«È una questione di geni e di alimentazione. Mio padre, che aveva due lauree, diceva: “Durante la guerra si mangiava poco e nessuno aveva mal di fegato”. Ora c’è il benessere, se non lo controlli, è lui che controlla te!».

Prima di chiudere, se dovesse buttare giù dalla torre Trinità o Don Matteo, chi sceglierebbe?
«Bella domanda... Diciamo tutti e due, così inventiamo un personaggio nuovo».

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