Valeria Fabrizi: «I miei piccoli peccati? Mangiare e bere bene!»

L'attrice torna tra pochi giorni sul set di "Che Dio ci aiuti" nei panni dell’amatissima suor Costanza e ci confida...

Valeria Fabrizi
25 Giugno 2020 alle 08:45

Valeria Fabrizi è così “una di famiglia” per noi di Sorrisi che ci confida piccoli segreti. «L’altro giorno sono caduta in casa e mi sono fatta male a una spalla. Per fortuna niente di rotto, ma se mi attende altri dieci minuti saluto il fisioterapista» esordisce l’attrice. La richiamo a mezzogiorno in punto e al telefono sento le campane di una chiesa. Un segno… del Cielo! Da qui, l’idea di creare un’intervista con Suor Costanza, la madre superiora di “Che Dio ci aiuti”, utilizzando parole del linguaggio religioso in tutte le domande.

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Costanza è il nome del suo personaggio, ma è anche una dote. Lei la coltiva?
«Ce l’ho di natura. La costanza bisogna metterla in due cose: nell’amore e nell’amicizia».

Interpreta una madre superiora che ha l’entusiasmo di una novizia.
«Suor Costanza l’ho creata io, ci ho messo il mio entusiasmo nella recitazione. Io ho 83 anni, ma resto una bambina. Vorrei che scrivessero per me scene in cui salgo su un albero per raccogliere la palla di un bambino, scene in cui vado alle feste e poi non riesco più a tornare… Vorrei piccoli flash che facciano sorridere: alla gente piace, ne abbiamo bisogno».

Per recitare serve la vocazione?
«Sì. E io la “chiamata” l’ho sentita subito, fin da quando andavo a scuola dalle suore canossiane. Mio papà lo aveva capito: prima di essere fatto prigioniero in guerra mandò una lettera a mia mamma in cui scrisse: “Valeria da grande farà l’attrice”».

Lei dà importanza alla spiritualità?
«Di più. Io credo in Dio».

Dov’è Dio?
«Mia nonna diceva che in ogni stanza c’è l’occhio di Dio che ci guarda».

Qual è il posto in cui trova la pace di un convento?
«Nella mia casetta in campagna a Sutri, un paese in provincia di Viterbo. Ci tornerò presto, lì riesco a rigenerarmi. C’è silenzio, c’è il bosco, la vallata, il verde, gli uccellini, le lucciole. Ogni tanto vedo una biscia o una lucertola e sobbalzo, perché ho paura dei rettili, ma è bellissimo».

A proposito di santi, quale massima la ispira di più: “Ora et labora” di San Benedetto o “Ama e fa’ ciò che vuoi” di Sant’Agostino?
«“Ama e fa’ ciò che vuoi”. È il riassunto della vita, c’è tutto».

Il comandamento che non rispetta?
«L’ottavo: “Non mentire”. Io sono una bugiarda cronica. Ma dico le bugie anche a fin di bene, per esempio quando due miei amici litigano. Riporto a entrambi false testimonianze con lo scopo che facciano pace. E funziona, perché mi credono sempre».

L’ultima predica che le hanno inflitto?
«“In casa non si sta con la tuta!”. Ma io sto comoda così!».

Ognuno ha la sua croce…
«È vero. Però ci avevano avvertito (ride)».

C’è qualcuno che vorrebbe “catechizzare”?
«La mia barboncina. Ha pochi mesi e mi fa impazzire, perché è molto vispa. Ma è stupenda, è fulva, rossa. Infatti si chiama Gilda, come il film con Rita Hayworth. Amo i barboncini da sempre, specialmente i toy, quelli piccolini. Il primo me lo regalò Wanda Osiris».

Chi è il suo angelo custode?
«Mia figlia Giorgia. Si fa in quattro per me: mi compra gli igienizzanti, mi porta l’acqua, la spesa. Si prodiga, è attenta, precisa, introversa al contrario di me. Somiglia tanto al suo papà (Tata Giacobetti, componente del Quartetto Cetra, scomparso nel 1988, ndr).

Chi manderebbe al diavolo?
«Il dentista! Devo fare gli impianti, ma se muoio? Mi porto i denti nuovi nella tomba? (ride)».

Tra i suoi colleghi chi merita il paradiso?
«Gian Maria Volonté. Un uomo meraviglioso, che si batteva nel sindacato per noi attori. Oggi tutti parlano, ma nessuno fa niente in concreto».

Si è mai sentita all’inferno?
«Sì, tre volte. Una con questa pandemia. Poi con il terremoto del 1980: ero a Napoli e a ogni scossa mi sentivo morire. E infine con la strage dell’Heysel nel 1985, perché ero lì a Bruxelles, allo stadio per Juventus-Liverpool, in tribuna. Ho visto tutte quelle persone schiacciate, davanti agli occhi, la curva che crollava, non lo dimenticherò».

Prega nei momenti di sconforto?
«Prego ogni sera e ogni mattina. Mi rivolgo al Gesù della Divina Misericordia, recito un rosario breve».

Ci sveli di sé un mistero doloroso, uno glorioso e uno gaudioso.
«Il dolore infinito è stato perdere un figlio, che aveva solo un mese di vita. Un dolore così forte che non ho lavorato per tanti anni per dedicarmi a Giorgia, la gioia più grande. Quanto al mistero glorioso… La tecnologia: ormai sono diventata un’esperta. Ho imparato a fare le videochiamate al computer e in questi giorni con i colleghi del cast di “Che Dio ci aiuti” leggiamo i copioni a distanza. E poi, con gaudio massimo, a casa riparo qualsiasi cosa: sono Valeria aggiustatutto».

E le “liturgie” delle sue giornate?
«Non faccio cose a orari fissi. Mi dimentico pure quando devo prendere le mie pillole per la pressione e per il colesterolo».

Colpa dei peccati di gola?
«Sì, i miei peccatucci. Amo mangiare bene, bere il vino buono, gli aperitivi con le bollicine e… i dolci. Ero negata, ma ora riesco a fare il ciambellone allo yogurt».

Il più grave vizio capitale?
«L’invidia. Fa male a chi la prova».

Prudenza, giustizia, fortezza o temperanza: possiede una delle quattro virtù cardinali?
«Prudenza e temperanza di certo no, perché dico tutto quello che mi passa per la testa. Fortezza, sì. E perseguo la giustizia».

E infine, scopriamo gli altarini di “Che Dio ci aiuti 6”…
«Se Dio vuole, inizieremo a girare il 30 giugno. Nel cast ci sono Francesca Chillemi, Gianmarco Saurino, Simonetta Columbu e sono felice che torni Diana Del Bufalo, che è un amore e canta divinamente. E arrivano due nuovi ragazzi: Pierpaolo Spollon ed Erasmo Genzini. Quanto a me, Suor Costanza, vorrei tanto andare in moto. Io guidavo, sa che ho un Vespone fermo in garage? Ma non mi chiede niente di Elena Sofia Ricci?».

Certo, Suor Angela.
«Ci vogliamo bene. Elena Sofia è brava, colta. Ed è bella, ma lei non lo sa. Sul set cerca sempre le luci giuste. Devo proprio dirglielo che è bellissima».

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