Vittoria Puccini è un magistrato in “Il processo”: «Per interpretarlo al meglio ho studiato casi e tribunali»

«Il pubblico ministero deve essere anche un po’ attore, affascinare con le sue arringhe. Del resto nella mia famiglia sono avvocati da tre generazioni, ho la legge nel sangue!». La nuova fiction di Canale 5 andrà in onda in prima serata dal 29 novembre

Vittoria Puccini in una scena della serie che è coprodotta da Rti e Lucky Red
21 Novembre 2019 alle 11:32

Una fregatura. Intervistare Vittoria Puccini alle 11 di mattina nella cucina di casa sua è una fregatura. Perché certo, a quell’ora ci sta bene un caffè, che lei cordialmente mi offre. Ma se ci fossimo incontrate un po’ più tardi, a pranzo, magari ci sarebbe stata la possibilità di assaggiare le sue famose seppioline in umido con crema di piselli e zenzero. O la sua pasta con tonno, vellutata di melanzane e menta. Già. Perché Vittoria Puccini è una chef appassionata.

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Oltre che la protagonista di “Il processo”, la nuova serie legal thriller di Canale 5 in onda in prima serata da venerdì 29 novembre, quattro puntate dirette da Stefano Lodovichi. «Dai, la prossima intervista la organizziamo a “ore pasti”» ride Vittoria. E allora cominciamo a chiacchierare davanti a un caffè. Comunque molto buono...

Vittoria, sei il pubblico ministero Elena Guerra. È la prima volta che interpreti una donna di legge?
«Sì. Elena è una donna dura, che crede nella giustizia e nel lavoro. E per il lavoro ha sacrificato la sua vita privata. La serie inizia col suo matrimonio in crisi, il marito le dà un aut aut: o ti prendi una pausa per passare del tempo insieme a ricucire il nostro rapporto, oppure ti lascio. Lei accetta, perché ama suo marito e non vuole perderlo, ma inaspettatamente le viene assegnato il caso di una ragazza uccisa e non riesce a non occuparsene. Anche perché scopre di essere intimamente legata alla giovane vittima».

Come ti sei preparata?
«Sono stata in tribunale, ho visto come funziona tecnicamente un processo, poi ho parlato con alcune donne pm dell’Antimafia. Quello del pubblico ministero è un lavoro molto interessante che ne racchiude tanti. Al di là della conoscenza della legge, il pm deve avere un istinto nell’indagare e nel raccogliere le prove. Negli interrogatori deve essere anche un po’ psicologo per capire se una persona sta mentendo e per decidere se per tirarle fuori informazioni serve più durezza o più dolcezza. E poi il pm deve essere un attore, perché in aula deve conquistare, affascinare attraverso le arringhe i giudici e la giuria popolare».

Il mondo del diritto ce l’hai in casa da sempre.
«Sì, papà è avvocato e professore di Diritto pubblico, mio nonno era avvocato, il padre di mio nonno pure. La legge e la ricerca della verità le ho sempre respirate. E mi sono sempre piaciute, al punto che dopo le superiori mi sono iscritta a Giurisprudenza, avevo cominciato a frequentare qualche lezione di Diritto romano, poi ho iniziato a lavorare e non ho proseguito. Ma non mi perdo una puntata di “Un giorno in pretura”… (ride)».

Quindi se non avessi fatto l’attrice ora saresti un avvocato?
«In realtà mi sarebbe piaciuta la carriera universitaria, diventare docente di Filosofia del diritto, perché anche la filosofia è una materia che mi piace moltissimo. E trovo che l’insegnamento sia una professione molto importante».

Tra pochi giorni è il tuo compleanno. Come lo festeggerai?
«Ho smesso di festeggiare i compleanni da quando avevo 18 anni. Non mi sono mai piaciuti. Una volta le mie amiche mi hanno organizzato una festa a sorpresa e gliel’ho rovinata! Ma mi conoscono e quindi mi perdonano. L’amicizia serve anche a questo: perdonare i difetti e i limiti delle persone».

Come mai non ti piace?
«Forse perché nella mia vita privata non amo essere al centro dell’attenzione, sono tanto esposta in quella professionale… In realtà anche da bambina ero così: non mi sono mai divertita ai miei compleanni. Fino all’adolescenza sono stata fragile, insicura, timida. A questo proposito qualche giorno fa mi è capitato di rivedere un filmino che mi ha divertito moltissimo».

Quale filmino?
«La mia è una famiglia numerosa e unita: siamo 11 cugini di primo grado e ci siamo frequentati spesso. Mio nonno era sovrintendente ai Beni culturali e ogni tanto per riunirci tutti organizzava delle gite culturali in luoghi artistici importanti. Ricordo che una volta eravamo nel magnifico Santuario di La Verna (in provincia di Arezzo, ndr), io avrò avuto circa 11 anni. Mia cugina La Pina (Orsola Branzi, conduttrice di Radio Deejay, ndr) faceva dei filmini e ci riprendeva mentre noi facevamo finta di rilasciare interviste. Ma quando il microfono passava a me, io diventavo paonazza e iniziavo a balbettare. Pure in una situazione così familiare, di svago e di scherzo, mi emozionavo in modo incredibile».

Non si direbbe che sei così timida…
«E infatti poi nella vita ho fatto tutto ciò che allora mi spaventava. A volte ti convinci di certe cose e poi scopri che a te fa bene tutt’altro, hai delle capacità che non pensavi di avere. Bisogna tenere sempre le porte aperte».

I compleanni non ami festeggiarli ma sono sempre un momento di bilancio. Come ti vedi oggi?
«Mi vedo molto bene, sono felice di quello che ho costruito nella mia vita, sia dal punto di vista professionale che privato. Sono realizzata, adoro il mio lavoro per quanto sia anche faticoso e complicato, però lo faccio sempre con la stessa passione con la quale l’ho iniziato. Ho imparato ad accettarmi di più, a volermi più bene. Quando ho cominciato a lavorare mi sono “centrata”, perché ho trovato la mia passione e mi sono rafforzata. Mi è capitato di rivedere delle mie interviste subito dopo “Elisa di Rivombrosa”, avrò avuto 24 anni, e già avevo una parlantina e una sicurezza che non mi ricordavo di possedere. Adesso ne sono consapevole, è una cosa che ho sviluppato grazie al lavoro».

Quando eri ragazzina avevi un obiettivo che ti eri posta di raggiungere entro i 40 anni?
«Ero sicura che sarei diventata mamma presto, la maternità l’ho sempre sentita congeniale a me, forse anche grazie alla mia famiglia numerosa. Infatti Elena (la figlia che ha avuto con Alessandro Preziosi, ndr) l’abbiamo voluta quando ero molto giovane. A livello professionale invece il lavoro di attrice è stata una scoperta, dal momento che mi vedevo come “donna di legge”. Ma lo sfizio me lo sono tolto adesso, interpretando Elena Guerra. La bellezza di questo lavoro è proprio che puoi vivere tutte le vite che vuoi, tutte le donne che vuoi, con le loro mille sfaccettature».

E nei prossimi anni che soddisfazioni ti vuoi togliere?
«Vorrei viaggiare di più per piacere e non solo per lavoro. Vorrei andare in Australia e poi in Giappone, dove non sono mai stata. E lì avrò una guida d’eccezione: mia cugina La Pina che il Giappone lo conosce molto bene».

E in cucina sperimenterai qualche nuovo cavallo di battaglia?
«Certo. Da poco ho scoperto il sedano rapa (ride) che è buono e fa anche parecchio bene. Lo cucino in padella col rosmarino. Ma devo sperimentare nuove ricette di pesce: lo mangerei tutti i giorni. Ultimamente sono un po’ arrugginita perché ho lavorato molto ma devo riprendere, cucinare mi piace moltissimo. L’arte del mangiare, la convivialità. Guarda i miei fornelli: non sono rivolti verso il muro ma li ho voluti nell’isola centrale, così che mentre cucini puoi interagire con le altre persone».

Ed Elena ha ereditato la tua passione?
«In realtà io la cucina l’ho scoperta tardi perché mia mamma cucinava talmente bene che faceva tutto lei. A Elena piace aiutarci tra i fornelli, ma vorrei che si abituasse da subito a sperimentare. L’adolescenza è un momento delicato per come ci si vede, allora cucinare quello che mangi ti aiuta ad avere un rapporto sano con il cibo».

Ti vedremo presto anche al cinema.
«Il 9 gennaio esce “18 regali”, tratto dalla storia vera di Elisa Girotto, una donna coraggiosa che ha scoperto mentre era incinta di essere malata di un tumore al seno e ha lasciato 18 regali per la figlia da scartare ogni anno fino al 18° compleanno. È un film che racconta la maternità in modo intenso. E sempre a gennaio sarò sul set di una nuova serie per la tv».

Le parole della legge per non perdere il filo in tv

a cura di Maria Pia Di Leo (avvocato)

Pubblico Ministero (PM): è il ruolo che ricopre la Puccini nella fiction. È la figura della magistratura che svolge le indagini ed esercita l’azione penale, cioè rappresenta l’accusa nei processi.

Avvocato difensore: nella fiction è interpretato da Francesco Scianna. Nel processo è la figura che difende e rappresenta l’imputato che
è oggetto delle accuse.

Giudice per le indagini preliminari (GIP): è la figura che interviene nelle indagini preliminari a garanzia della legalità delle stesse.
Può emettere misure cautelari (come la custodia cautelare in carcere) su richiesta del pm.

Imputato: è la persona, accusata di un reato, nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale.

Giudice: è una figura super partes (ossia imparziale) il cui compito è quello di emanare la sentenza, cioè di decidere su una causa in un processo.

Giuria: è costituita da giudici popolari, che affiancano i due giudici “togati” (cioè di professione) in Corte d’assise
e in Corte d’assise d’appello.

Indagini preliminari: sono svolte dal pm e dalla Polizia giudiziaria e servono a raccogliere elementi di prova al fine di valutare l’esercizio
o meno dell’azione penale.

Dibattimento: è la fase del processo nella quale si procede all’acquisizione e formazione delle prove. Termina con la discussione delle parti a cui segue la sentenza.

Custodia cautelare: è una misura coercitiva con cui il giudice ordina che l’indagato sia catturato e condotto in un istituto di custodia.

Arresti domiciliari: è una misura cautelare con cui il giudice impone all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo pubblico di cura o di assistenza, come un ospedale.

Patteggiamento: è un procedimento speciale che prevede un accordo tra imputato e pm in cui l’imputato rinuncia a contestare l’accusa in cambio di uno sconto sulla pena. 

Sentenza: è il provvedimento emesso dal giudice con il quale si conclude il procedimento penale e normalmente stabilisce la colpevolezza
o l’innocenza dell’imputato.

Appello: noto anche come secondo grado di giudizio, vi si ricorre per cercare di modificare una sentenza svantaggiosa ritenendo
che ci siano errori nel primo grado di giudizio.

Prescrizione: estingue un reato in conseguenza del trascorrere di un periodo di tempo: se un fatto non viene punito entro un tempo massimo si perde la possibilità di farlo.

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