Nella nuova fiction di Raiuno, in onda da giovedì 23 aprile in prima serata, è Toni, un uomo d’affari, un amico di vecchia data della protagonista, Laura, interpretata da Elena Sofia Ricci
Stare al telefono con Massimo Ghini è così piacevole che si va avanti per più di un’ora. «Chiacchiero troppo?» scherza lui, e poi continua a snocciolare aneddoti. Tra i volti più popolari del nostro cinema e protagonista di tante fiction di successo, l’attore romano, eterno “ragazzo di Piazza Vittorio” nell’animo, torna in prima serata su Raiuno dal 23 aprile in “Vivi e lascia vivere”. Nella serie tv diretta da Pappi Corsicato, interpreta Toni, un amico di vecchia data della protagonista, Laura (Elena Sofia Ricci). Lei lo incontra per caso, lui è diventato un affascinante imprenditore e...
Che succede dopo?
«Siccome è un giallo e la suspense della trama va rispettata, rispondo con una formula che funziona sempre, dai tempi di Agatha Christie: “Quando il passato ritorna, qualcosa sta per succedere”. È una garanzia».
Anche lavorare sul set con Elena Sofia Ricci è una garanzia?
«Elena Sofia più che una collega è un’amica, una sorella. Ci conosciamo da così tanti anni... Lei è una grandissima professionista, sempre pronta allo scherzo».
Si è divertito a interpretare il suo personaggio?
«Molto, perché Toni è un personaggio ambiguo, con luci e ombre. Quando ho letto il copione mi sono meravigliato: non pensavo che Raiuno potesse trasmettere qualcosa di così audace e coraggioso».
Toni gestisce una catena di hotel eleganti. Se non fosse diventato attore, le sarebbe piaciuto fare questo lavoro?
«Con me un hotel fallirebbe nel giro di mezz’ora (ride). Ma ho avuto un momento in cui avrei potuto fare altro. Da ragazzo, quando lavoravo nei villaggi turistici con Rosario Fiorello, una volta mi improvvisai per caso banditore d’asta in una serata organizzata da una galleria d’arte di Firenze. Andò bene e mi proposero di rifarlo. Ma io ho scelto il teatro, poi il cinema e la tv e con questo mestiere da “zingaro” ho girato il mondo. E tanti hotel».
Il più bello che ricorda?
«“La Mamounia”, un resort marocchino, a Marrakech, negli Anni 80. Splendido, sembrava di essere in un film di Indiana Jones».
Certo, pensare ai viaggi in questi giorni di reclusione è malinconico.
«Vero, ma devo dire che la dimensione casalinga non mi dispiace, visto che per lavoro sono stato spesso lunghi mesi lontano da casa e dagli affetti familiari».
Ora siete tutti riuniti?
«Mia moglie Paola è a Salerno, perché deve assistere la madre che purtroppo non sta bene. Ma ci sentiamo in continuazione al telefono. Io faccio “il mammo” con tre dei miei quattro figli: Lorenzo, di 25 anni, Leonardo di 23 e Margherita di 21. Camilla, invece, ne ha 25 e vive con il fidanzato».
Fa lei le pulizie?
«Mai avrei pensato di prendere in mano l’aspirapolvere. E invece...».
Cucina lei per tutti?
«Sì, me la cavo abbastanza bene. Faccio la carbonara, mi viene da paura».
Ha un posto tutto suo dove riflettere, pensare?
«Il bagno, è il mio “ufficio” come per Fonzie in “Happy Days”. Qui, canto, telefono, faccio interviste».
Cosa le manca di più del mondo là fuori?
«Il mare: mi mancano gli scogli, direi che sono “scogl...”, no su Sorrisi non posso dirlo, diciamo che sono “amareggiato”. In tutta onestà, poi, mi mancano le partite di calcio in tv».
Quindi la tv è spenta?
«No, seguo i documentari di storia, perché sono un appassionato. E con i ragazzi guardiamo tanti film».
Chi dei suoi figli ha seguito le sue orme?
«Margherita studia moda, le interessa la parte di marketing, Lorenzo lavora nel settore dell’organizzazione di eventi. Camilla, che molti hanno visto a “Forum” con Barbara Palombelli, al momento continua il suo programma in radio a Rtl. Leonardo è l’unico attore, ha fatto l’Accademia nazionale d’arte drammatica. Recita pure lui in “Vivi e lascia vivere”. Ma non perché è raccomandato, chiariamolo. Per un flashback serviva un giovane attore che mi somigliasse. E il regista ha detto: “Chi meglio di tuo figlio?”».
Lei ha lavorato, tra gli altri, con registi del calibro di Zeffirelli, Rosi, Verdone, Sorrentino. Ha collezionato più di 60 interpretazioni, inclusi cinepanettoni e serie tv.
«Ormai ho più pellicola che sangue nelle vene (ride). Ma ancora oggi qualcuno non mi perdona il fatto che mi diverto a fare cose diverse. Basti pensare che la nomination per i David di Donatello è arrivata solo l’anno scorso per “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino».
Più dei premi, conta l’affetto del pubblico.
«L’affetto del pubblico è tutto. Anni fa un pasticciere di Pozzuoli dove comprai dei bomboloni, mi riconobbe e disse a un lavorante: “Lo vedi questo signore? Ha la coerenza”. Non so esattamente cosa intendesse, ma lo ricorderò sempre con infinita gratitudine».