Quattro leggende della tv (e non solo) sono le protagoniste di un nuovo film in arrivo su Paramount+ a partire dal 24 dicembre
Si puo' vedere su
Quattro arzille nonnine e una truffa da smascherare. Questo e molto altro è “L’età giusta”, divertente e toccante commedia di Alessio Di Cosimo disponibile dal 24 dicembre su Paramount+. Francesca, Olimpia, Anna e Luciana sono le protagoniste che, per sventare un raggiro ai danni di una delle quattro, rubano un pulmino, fuggono dalla casa di riposo e partono per Assisi, coinvolgendo il giovane nipote di Francesca. Nel viaggio ne combinano di cotte e di crude e alla fine dell’avventura avranno nuove consapevolezze. Ma facciamolo raccontare a loro!
Le 4 protagoniste di "L'età giusta"
Valeria Fabrizi: «La mia energia? Un dono di Dio»
Dopo averci fatto ridere nei panni di Suor Costanza in “Che Dio ci aiuti”, Valeria Fabrizi ne “L’età giusta” interpreta Francesca, donna intraprendente e dinamica che coinvolge le sue tre amiche e il nipote in un’avventura davvero…particolare!
Tre aggettivi per descrivere il film.
«Tenero, delicato e pieno di divertimento».
Com’è stato il set?
«Con le mie colleghe mi sono trovata molto bene. Eravamo in armonia. Alloggiavamo in una villa stupenda. Però il primo giorno di lavorazione ho visto un gabbiano sul davanzale, mi sono avvicinata per fare una foto e non ho visto uno scalino. Ho perso l'equilibrio. Accanto a me c'era una scala di 29 scalini. Ne ho fatti 27 precipitando».
Si è fatta male?
«Un taglio alla gamba, ma niente di grave. Penso di essere stata miracolata. Se mi fossi rotta qualcosa sarebbero stati guai. Evidentemente ho una forza sotterranea che non conosco».
Lei è molto credente?
«Certo, guai se non ci fosse la fede! Spesso qui trovo rifugio. Quando ho bisogno e sono sofferente, io chiedo. Ho un Gesù con cui vado a parlare e a brontolare, non solo a dire grazie. Mi sfogo».
A “Ballando con le Stelle” nel 2021 si è messa in gioco, dimostrando molta carica.
«”Ballando con le Stelle” è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Mi manca molto. Ogni tanto mi incontro con gli amici di quella edizione».
Lei è piena di energia: da dove la prende?
«È un dono di Dio. A volte non mi rendo conto dell'età che ho. Non sono perfetta, lo so, ma sono me stessa. Non fingo di essere diversa per far felice gli altri. Questo è il mio motto».
Il 2 aprile 1964 ha sposato Giovanni “Tata” Giacobetti del Quartetto Cetra.
«Sono stata scritturata da Carlo Dapporto per “Carlo non farlo”. Lì ho conosciuto bene Tata. Devo dire che questo musical ci ha fatto da cupido».
Poi dal vostro amore è nata vostra figlia Giorgia. Che rapporto avete?
«Bellissimo. Siamo amiche e tra noi c'è tanta confidenza. Io sono come una sorella maggiore per lei. Quando ero a “Ballando” si emozionava sempre».
In “Che Dio ci aiuti” ha interpretato la simpaticissima Suor Costanza.
«Lei, brillante e brontolona, è amata da tutti, dal bambino all'uomo. È un personaggio matto. Io nella vita sono così. Suor Costanza è vera. È per questo che ha avuto successo. Per strada spesso i fan mi fermano e mi salutano con affetto. Io ricambio!».
Quindi sente una certa affinità con Suor Costanza.
«Esattamente».
La vedremo nella nuova stagione?
«Me lo auguro. Io spero vivamente di esserci».
Gigliola Cinquetti: «Oggi ho l’età giusta per divertirmi»
Sul set le colleghe la chiamavano Emily Dickinson per il cappotto antico che indossava e il cappello di paglia in stile ottocentesco (che porta anche d’inverno). Ne “L’età giusta” Gigliola Cinquetti – che ha da poco pubblicato la sua autobiografia “A volte si sogna” – interpreta Luciana, donna forte e indipendente che vuole riprendere in mano la propria vita.
Chi è Luciana?
«Un’ex femminista, indipendente e battagliera, ma che in realtà ha un grande bisogno di affetto. Ha una crosta spavalda e un cuore di pasta frolla».
Cosa significa per lei interpretare questo personaggio?
«Intanto significa interpretare il ruolo di una persona anziana. Io sto studiando da tanti anni per diventarlo e ci tengo molto. Poi, parlando con il regista, ho capito che lo sono per davvero…».
È felice della donna che è oggi?
«Sono felice di essere come volevo diventare, cioè vecchia».
La Gigliola degli inizi invece com’era?
«Curiosa e libera, ma con autocontrollo e disciplina, come mi aveva insegnato mia madre. Amavo obbedire liberamente. Un’anticonformista direi, ma non a tempo pieno, perché l'anticonformismo non è un look da indossare, è una battaglia che va combattuta quando è in corso la guerra. È un concetto che non ho mai cambiato. La ragazza di una volta e la donna di oggi in questo sono identiche».
Lei ha calcato palcoscenici particolari. A 12 anni ha cantato in un manicomio.
«Mio padre mi diceva sempre che era importante vedere realtà. Ho visitato i manicomi e le carceri. Ho subito capito che i privilegi non sono meriti e che non devono esserci muri che dividano il brutto dal bello, il malessere dal benessere. Ci deve essere comunità. Il perbenismo non serve».
Ancora si mantiene riservatezza per quanto riguarda certe tematiche…
«Purtroppo sì. C’è la tendenza a nascondere la polvere sotto al tappeto per sentirsi rassicurati da un proprio piccolo mondo. Invece questa è una cosa che va infranta perché comporta elementi di non consapevolezza. Bisogna vedere la realtà».
L’abbiamo vista a “Oggi è un altro giorno” con Serena Bortone. Qual è il suo rapporto con il presente televisivo?
«Al momento la mia è una presenza molto discreta. Ho già dato. Ora voglio vivere la mia vita al di fuori, senza esser sempre esposta. Voglio nutrirmi della realtà e la tv per me deve essere il luogo in cui restituisco ciò che ho appreso. Il “mordi e fuggi” oggi è la mia dimensione».
Nel 1964 cantava “Non ho l’età”, brano con cui ha vinto Sanremo. Oggi invece?
«Ho l’età giusta per divertirmi!».
Giuliana Lojodice: «In questo film vivo emozioni intense»
Giuliana Lojodice ne “L’età giusta” è Anna, una signora con un passato da ballerina classica alle spalle che si lascia trasportare dai sentimenti e vive emozioni intense. L’attrice aggiunge così un altro tassello alla sua grande carriera, dopo una vita dedicata soprattutto al teatro, dove debuttò a soli 14 anni.
Chi è Anna?
«È una signora ancien régime, dai capelli bianchi e dolcissima. Ha il morbo di Alzheimer e per questo spesso si isola, ma ad accudirla ci sono le sue amiche».
Un “suo” momento emozionante nel film.
«Ad Assisi Anna si trova a danzare fuori da un chiesa bellissima in mezzo alle persone, con un balletto inventato da me. Non l’avevo mai fatto in vita mia. È stata un'esperienza commovente».
Come si è trovata sul set?
«Con le colleghe c’è stata complicità, la troupe era adorabile e il regista (Alessio Di Cosimo, ndr) anche. Ho accettato di fare questo film non dopo aver letto il mio copione, ma dopo aver visto un bellissimo docu-film che lui aveva fatto. Ho capito che era una persona capace ed intelligente».
Alle spalle ha una grande carriera, ma com’era la Giuliana degli inizi?
«Cominciai con Luchino Visconti, che mi chiamava la sua “streghina del Botticelli” per il ruolo che interpretavo ne “Il Crogiuolo” di Arthur Miller. Ero una matta agli inizi. A soli 14 anni mi trovavo in tournée con un cast fantastico. Vivevo come in un sogno. Ero la più piccola e la più coccolata. Da lì non ho mai mollato».
È stata compagna di lavoro e moglie di Aroldo Tieri. Come descrive il vostro rapporto?
«Meraviglioso. Mi commuovo solo a pensarci. Lui, elegantissimo, mi ha insegnato molto. Attori così non ce ne sono più. Abbiamo ricevuto anche delle onorificenze: mio marito Cavaliere di Gran Croce, io Grande Ufficiale della Repubblica italiana. Ci chiamavano “La coppia sovrana”. Cosa si può desiderare di più?».
Nel 1964 in tv ha condotto Sanremo con Mike Buongiorno.
«Lui non mi dava spazio e questo non mi andava bene. Gli dissi che avevo le valigie pronte e me ne sarei andata se non mi avesse lasciato presentare. La Rai poi mi ha difeso e alla fine ho premiato io Gigliola Cinquetti (che ha vinto il brano “Non ho l’età, ndr)».
Ha recitato anche ne “La vita è bella” con Roberto Benigni.
«È stato liliale. Ero stata invitata anche per il premio Oscar, ma non potevo lasciare la compagnia con cui stavo lavorando per una settimana. Di cinema ne ho fatto poco, perché ero sempre via con il teatro».
È contenta della sua carriera?
«Assolutamente sì. Non mi viene da dire “questo non l’avrei fatto”».
Cosa serve oggi per lavorare nel mondo dello spettacolo?
«Prima di tutto preparazione culturale. Bisogna studiare l'autore che si porta in scena e gli attori che ci sono stati prima. Poi si scopre che le vere opere d'arte non hanno età. I testi validi durano sempre. Ai giovani allora dico: leggete!».
Paola Pitagora: «Finalmente interpreto una verasvampita!»
Paola Pitagora, ne “L’età giusta”, veste dei panni decisamente diversi dal solito e, dopo tanto tempo, interpreta «un’adorabile svampita in buona fede». È lei l’anziana che viene truffata da un «mascalzone» che le scrive online e le chiede dei soldi. Ma per fortuna ci sono le sue amiche a salvarla. Insieme «ne combinano di cotte e di crude».
Cosa vuol dire interpretare questo personaggio?
«Non vedevo l’ora! Finalmente, dopo anni e anni di signore consapevoli e dilaniate, interpreto una vera svampita. Lo aspettavo da tempo».
C’è il tema delle truffe agli anziani. Un tema molto attuale.
«Purtroppo questo capita molto spesso ed è triste. La donna che interpreto io, Olimpia, ci crede fino in fondo. La truffa poi fa da sfondo ad altre cose».
Si è divertita sul set?
«Assolutamente sì. Abbiamo riso e scherzato. Mi è anche capitato di cantare nella Rsa “Non ho l’età”. La cosa buffa è che Gigliola Cinquetti da fuori campo mi dava gli attacchi, perché io partivo sempre un istante prima. È stato un momento curioso».
Facciamo un passo indietro nel tempo. Lei è stata Lucia Mondella nello sceneggiato televisivo “I promessi sposi” (1967). Cosa significava in quegli anni portare la cultura in televisione?
«All’epoca sembrava ovvio. Il romanzo sceneggiato era la norma. Poi purtroppo non lo era perché abbiamo visto cosa è successo negli anni successivi. Fu una grande operazione della Rai con i più grandi attori del momento ed una sceneggiatura rigorosa. Fu un successo».
Se lo aspettava?
«Assolutamente no. Non ero preparata. Mi rendevo conto che si trattava di un buon lavoro, ma non pensavo a quegli ascolti».
La cultura oggi ha ancora spazio in tv?
«A me il nutrimento non manca. Certo, bisogna andarlo un po’ a cercare».
Nel 2004 ha recitato una laude di Jacopone da Todi davanti al Papa.
«Che bel ricordo! La piazza era gremita di giovani. È stato molto emozionante. Poi dal Papa ho avuto in dono una coroncina che conservo con molto amore».
In "Luce dei tuoi occhi" è stata Paola Conti, mamma della protagonista (Emma, interpretata da Anna Valle, ndr). Nella realtà che donna è?
«Paola Conti è sola e severa. Io invece sono permeabile, mi adeguo. Questa d’altronde è la scuola del teatro: mi piace lasciarmi attraversare».
Lei è un’artista eclettica. C’è una donna dello spettacolo di adesso che la colpisce?
«Non voglio fare paragoni perché mi sembra presuntuoso. Posso dire che se c’è una donna che stupisce oggi è lei: Paola Cortellesi, che si rivela attrice, registra, interprete in un film straordinario. Un caso raro».
Cosa pensa di “C’è ancora domani”?
«Un capolavoro, inutile girarci intorno. La scelta degli attori, del bianco e nero, la scrittura… è tutto perfetto. Non è un caso che abbia il successo che merita. Questa attrice ricca e completa è veramente geniale. Meno male!».
Ci voleva insomma.
«Dopo anni di commedie all’italiane scolorite, ecco che è arrivata lei e ha riconquistato il pubblico del cinema italiano. Che non è poco».