Tutto quello che dovrebbe far ridere in «Contromano» è stato concentrato nel trailer. Antonio Albanese in sala smentisce l'irriverenza del "riportiamoli a casa loro", raccontando il viaggio-metafora di un commerciante milanese abitudinario e ottuso, costretto non solo a fare i conti con i suoi pregiudizi nei confronti degli extracomunitari, ma anche con una vita immobile e infelice.
Questo film interpretato e diretto da Albanese è una commedia che parte filo-leghista, ma finisce immancabilmente buonista. Talmente buonista, però, che non capiamo quale potrebbe essere il reale impatto che avrà sul pubblico parlando d'immigrazione.
Il trailer
La storia
Mario Cavallaro (Antonio Albanese) è un uomo abitudinario e maniaco dell'ordine, della puntualità e del decoro. Ha appena compiuto cinquant’anni e vive a Milano, dove gestisce un negozio di calze di pregio ereditato dalla sua famiglia. Tutte le mattine Mario cammina lungo le stesse strade, va a prendere un marocchino nello stesso bar e apre il negozio alla stessa ora. Mario non vuole cambiare, fino al giorno in cui tutte le sue sicurezze vengono messe in discussione: il bar di cui è cliente fisso viene venduto a un egiziano e davanti alla sua attività un senegalese di nome Oba (Alex Fondja) si è messo a vendere calzini di scarsa qualità, ma a prezzi talmente stracciati che anche la sua clientela di affezionatissimi ormai non compra più da lui. Mario non ne può più e decide di rimettere le cose al proprio posto a modo suo: rapisce Oba con l’obiettivo di riportarlo a casa, in Senegal.
Un viaggio verso la verità
Quello di Mario Cavallaro è un viaggio che parte dal pregiudizio e si trasforma progressivamente in conoscenza, comprensione ed evoluzione. Sia per se stesso come uomo di mezz’età sia come essere umano. Mario non è incline al cambiamento non perché sia felice della sua vita così stazionaria, ma perché ha paura di mettersi in gioco. Con «Contromano» Albanese ci racconta che per dire"‘stavamo meglio prima", bisogna almeno aver provato a cambiare le cose, a capirle e a migliorarle.
Mario Cavallaro, una nuova maschera contemporanea di Antonio Albanese
C’è una scena del film in cui Mario è al ristorante con Umberto, un ricco disabile. Mentre lo imbocca di soutè di cozze quello gli dice «Mario tu mi stai simpatico perché mi fai pena». Mario è un altro di quegli uomini qualunque che Albanese trasforma in piccoli eroi del quotidiano. Mario è ciò che resta dell’Occidente - e dell’Italia - che non accetta i cambiamenti. Mario è un piccolo borghese pieno di nevrosi, insoddisfatto di quella vita che difende coi denti pur sapendo che è vuota.
Un fiabesco ritorno alla terra
«Mi piacerebbe pensare al mio film come a una favola, credo che per certi temi spinosi bisognerebbe tornare ai fondamentali, ad uno sguardo più semplice» dice Antonio Albanese raccontando «Contromano» che in effetti mette in scena argomenti d’attualità molto complessi, come accettazione e integrazione, attraverso situazioni al limite con l’assurdo, ma dalla morale facilmente individualbile.
«Se tutti riportassero un migrante a casa, il problema sarebbe risolto»: è questa la missione di partenza di Mario, lo spunto paradossale per parlare con un po’ di leggerezza della storia e della dignità di tante persone che vivono in condizioni di disagio.
In materia d’immigrazione sostenibile, inoltre, Albanese attraverso il suo film offre un altro punto di vista sull’argomento: quello del «dare a chi vive in una terra lontana la possibilità di capire che è fertile e può produrre ricchezza. Una recente iniziativa di Slow Food ha finanziato migliaia di Orti in Africa insegnando alle famiglie come coltivare, permettendo loro di mangiare e vivere dignitosamente nei luoghi in cui sono nate» dice il regista.
In sala dal 14 febbraio la nuova commedia di Riccardo Milano in cui i due attori interpretano una coppia ai ferri corti e alle prese con l'affidamento dei figli