“Don’t look up”, una cometa ha colpito il mondo del cinema

Il film uscito su Netflix a Natale è un fenomeno: ha un cast davvero stellare, diverte, fa discutere e macina record

13 Gennaio 2022 alle 08:57

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Uscito nelle sale a inizio dicembre e in streaming, data la crisi dei cinema a causa del Covid è stato il vero film di Natale. Visto da praticamente chiunque abbia l’abbonamento a Netflix, in pochi giorni ha macinato visualizzazioni entrando nella top 3 dei titoli più visti di sempre sulla piattaforma. Parliamo di “Don’t look up” del regista Adam McKay, kolossal apocalittico dal cast stellare e dal budget iniziale di 75 milioni di dollari, poi lievitato fino a circa 110 milioni, che sta facendo discutere tutti: pubblico e critica.

Racconta la storia di una dottoranda in Astronomia dell’Università del Michigan, Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), e del professor Randall Mindy (Leonardo DiCaprio), che scoprono una cometa grande come l’Everest in rotta di collisione verso la Terra. Pronta a raggiungerci (e distruggerci) nel giro di sei mesi. Dovrebbe essere la notizia del secolo. Eppure non c’è verso che i due scienziati riescano ad attirare l’attenzione sull’evento catastrofico: fanno spallucce la Casa Bianca, i giornalisti e l’opinione pubblica, concentrata a “twittare” su altro.

Questo scetticismo è racchiuso nella frase del titolo “Don’t look up”, cioè “Non guardate su” che viene ripetuta spesso nel film, perché è lo slogan utilizzato dalla presidente degli Stati Uniti Janie Orlean (Meryl Streep) nella sua campagna contro le convinzioni dei due scienziati.

Un titolo perfetto per una commedia satirica sulla società attuale (impaurita dalla pandemia, travolta dalla crisi climatica, entrambe minimizzate dai negazionisti), ispirato al film horror di Nicolas Roeg del 1973 “Don’t look now” (tradotto in italiano con “A Venezia... un dicembre rosso shocking”).

In due ore e 25 minuti di film ci si diverte, si ride e si riflette. Si pensa a quello che stiamo vivendo col Covid e a come sarà il futuro dell’umanità. Il virus ha condizionato anche le riprese e certe scelte stilistiche. Jennifer Lawrence si è scheggiata un dente con un lecca-lecca e non è potuta andare dal dentista per via delle restrizioni, quindi il suo sorriso è stato aggiustato in post-produzione. E Timothée Chalamet (che interpreta Yule, innamorato della dottoranda) ha i capelli più lunghi del solito perché con il lockdown non è potuto andare dal parrucchiere. Sul set c’è stato qualche piccolo incidente: la Lawrence, forse ancora sotto gli effetti di uno spinello fumato per rendere il suo personaggio ancora più credibile, ha inalato e ha rischiato di ingoiare il piercing al naso del suo look un po’ rock. Mentre DiCaprio si è dovuto tuffare dentro il lago ghiacciato dove stava girando una scena per salvare i suoi cani husky, Jack e Jill, che ci erano scivolati dentro. Tra i protagonisti Jennifer e Leo, ugualmente bravi e stessa quantità di ore di lavoro, non è mancata la polemica sul cachet: 30 milioni di dollari di paga per lui contro i 25 milioni per lei. Alla faccia della parità salariale!

Con la mitica Meryl Streep, poi, c’è stato più di un malinteso. Pare che Jennifer Lawrence le si rivolgesse chiamandola “goat”, che in inglese vuol dire capra. E che lei all’inizio fosse risentita. In realtà voleva essere un complimento: “g.o.a.t.” infatti nel gergo giovanile e sportivo sta per “Greatest Of All Time”, vale a dire “La più grande di tutti i tempi”. DiCaprio invece era scandalizzato perché il regista voleva far girare alla Streep una scena di nudo (di spalle). Per lui la Streep è una dea intoccabile (il divo ha interpretato il figlio della Streep in “La stanza di Marvin”, del 1996). L’attrice non avrebbe battuto ciglio, ma alla fine si è optato per una controfigura. Tra gli inconvenienti “hot” del film, c’è pure il numero di telefono di emergenza che appare a un certo punto. E che (strategia di marketing accalappia-fan?) non è finto ma esiste davvero: è quello di una linea erotica! C’è chi ha pensato a uno sbaglio. Così come è sembrato un errore tecnico il breve fotogramma in cui si vede la vera troupe, con i tecnici che indossano le mascherine e le visiere anti-Covid. Invece pare che il frame sia voluto, per non dimenticare il momento storico in cui “Don’t look up” è stato girato. Molti giudicano il film un capolavoro, altri dicono che è solo un fumettone. Comunque, vale la pena di vederlo.

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