Sandra Bullock e George Clooney sono i protagonisti di «Gravity», film del 2013 di Alfonso Cuarón, premiato con sette Oscar su dieci nomination.
Lei è la dottoressa Ryan Stone ed è alla sua prima missione nello spazio insieme al più esperto Matt Kowalski. Piccoli punti, quasi invisibili nell’immensità dello spazio che li circonda, i due si trovano ad affrontare una delle sfide più grandi e assurde che possano mai capitare agli astronauti: essere attaccati da una tempesta di detriti e trovarsi completamente soli in mezzo allo spazio. Per sopravvivere, con il poco ossigeno a loro disposizione, dovranno fare il possibile per raggiungere la più vicina stazione orbitante.
Film spettacolare e in certi passaggi persino claustrofobico, «Gravity» è un’avventura spaziale carica di tensione, emozione e angoscia, che coinvolge lo spettatore e lo trascina nel bel mezzo del cosmo per affrontare insieme ai due protagonisti i pericoli dell'universo.
Grazie a due attori incredibli, un buon ritmo, effetti speciali straordinari e una storia ricca di suspence e colpi di scena, il film tiene viva l’attenzione dello spettatore dall’inizio alla fine, tenendo sempre ben presente nella mente di chi guarda un semplice quesito: ce la faranno a salvarsi?
Se non lo avete ancora visto, non possiamo che consigliarvi di farlo. Nel frattempo, ecco il trailer una serie di curiosità sul fillm.
Il trailer del film
La trama ufficiale del film
La brillante dottoressa Ryan Stone è alla sua prima missione spaziale, mentre l'astronauta Matt Kovalsky è all'ultimo volo prima della pensione. Quella che per loro doveva essere una passeggiata spaziale di routine si trasforma in una catastrofe. Lo shuttle viene distrutto e loro si ritrovano soli nell'assordante silenzio dell'universo. Fluttuanti nell'oscurità e privi di qualunque contatto con la Terra, non hanno apparentemente alcuna chance di sopravvivere anche per via dell'ossigeno che va esaurendosi. Forse l'unico modo per sperare di tornare a casa è quello di addentrarsi nello spazio infinito.
L'idea del film
L’idea è nata dal desiderio di Alfonso Cuarón e di suo figlio, che è anche co-sceneggiatore del film, di raccontare una vincenda ambientata nello spazio in cui un astronauta cade nell’immensità dell'universo e deve trovare il modo di sopravvivere.
Gravità zero
Per rendere credibili le scene del film e capire meglio le dinamiche scientifiche che regolano lo spazio, gli artisti della VFX hanno dovuto prendere delle lezioni di fisica e anche lezioni sulla gravità zero.
I costumi
I filmmaker si sono dovuti discostare un po’ dalla realtà soprattutto per la realizzazione dei costumi. Quelli indossati dagli attori del film, difatti, sono stati realizzati in modo da permettere ai protagonisti di mettere le mani sulla testa. Qualcosa che è in realtà difficile da fare quando si indossa un vero costume da astronauta della NASA.
Le riprese
Di tutto il film, soltanto i volti degli attori sono stati filmati. Tutto i resto, tutto quello che si vede sullo schermo è stato praticamente generato al computer.
Le inquadrature più belle del cinema
In certi momenti più riprese sono state unite in un’unica inquadratura per creare una performance che potesse avesse un maggiore impatto visivo e spettacolare rispetto a quelle individuali.
Milioni di stelle
Le stelle che si vedono in «Gravity» sono 120,000, pari a quelle che in genere sono maggiormente visibili dalla Terra. Ad ogni modo, il numero di stelle non era sufficente a riempire l’inquadratura e i creatori hanno così deciso di incrementare il numero di stelle da utilizzare, arrivando addirittura a 3 milioni.
Ore e ore di lavoro
Per realizzare una singola inquadrature del film ci sono volute persino dalle 10 alle 15 ore di lavoro al computer.
La teoria che ha fatto impazzire il regista
Dopo aver completato il film, un produttore degli effetti speciali ha notato come il film potesse essere visto da qualsiasi posizione e apparire assolutamente perfetto. Quando il regista ha saputo di questa teoria, l’effetto gli è piaciuto a tal punto da convincerlo ad applicarlo ai primi sei minuti di film. Così, la prima metà dell’inquadratura d’apertura, che nel complesso dura 12 minuti e dove non ci sono tagli o stacchi, è stata girata di 180°. La scelta ha causato un ulteriore lavoro al computer con un processo durato tre mesi.