“La concessione del telefono”: trama, cast, personaggi e intervista ad Alessio Vassallo

Parla il protagonista del film tv tratto da un romanzo di Andrea Camilleri e terzo capitolo del ciclo “C’era una volta Vigata”. In onda lunedì 23 marzo in prima serata su Raiuno

Alessio Vassallo in una scena del film tv diretto da Roan Johnson e prodotto da Palomar in collaborazione con Rai Fiction
19 Marzo 2020 alle 08:00

«Questo virus ci ha scassato i cabasisi, avrebbe detto Andrea Camilleri. E allora prendiamo il pubblico per mano e lo portiamo a Vigata» dice Alessio Vassallo, protagonista di “La concessione del telefono”, il film tv tratto dal romanzo storico di Camilleri, terzo capitolo del ciclo “C’era una volta Vigata”.

Alessio, Vigata è un luogo magico, ancor più inarrivabile ora che siamo costretti a rimanere in casa.
«Per me è una specie di “Isola che non c’è” di Peter Pan. Ho avuto la fortuna di approdarvi per quattro volte: due con “Il giovane Montalbano” (dove interpreta Mimì, ndr), una con “La stagione della caccia” e ora con “La concessione del telefono”. E ogni volta che vado via da lì ne sento subito la nostalgia».

Camilleri è riuscito a renderla quasi reale.
«Io sono di Palermo ed è capitato che dei turisti mi chiedessero: “Vigata esiste?”. Ho sempre risposto di sì perché è un luogo dell’anima e del cuore. Quindi... esiste!».

In questo caso lei c’è stato da protagonista del racconto di “La concessione del telefono”.
«Sì. Pippo Genuardi è un commerciante di legnami, ricco grazie ai soldi del suocero. Pippo vuole avere una seconda linea telefonica a casa. Inizia a scrivere al prefetto e a tutti quelli che pensa lo possano aiutare, ma da queste lettere parte una serie di equivoci che portano addirittura a pensare che lui stia complottando per fare un colpo di Stato. Da un episodio banale si ingigantisce tutto e viene scoperchiato un vaso di Pandora da cui escono fuori le fragilità, i difetti, i vizi dell’essere umano. Il racconto mette sotto la lente di ingrandimento la stupidità umana e la stupidità della burocrazia dello Stato: quando le due si incontrano, poi succede di tutto. E pensare che lui voleva la linea telefonica solo per motivi... non lo anticipo, vedrete quante sorprese! La forza del personaggio di Pippo è quella di essere totalmente vittima degli eventi. E la bellezza è che ha mille colori: si passa dalla commedia al dramma, con un cambio netto da una scena all’altra».
Come si è trovato catapultato alla fine dell’Ottocento?
«È stato molto divertente. Ho pure guidato un quadriciclo a motore».

Un quadriciclo a motore?
«Sì, una specie di macchina ante litteram. È venuto un esperto da Londra per spiegarmi come guidarla. Ha presente quelle barchette con il timone a barra che si affittano d’estate al mare? Ecco, il funzionamento era più o meno lo stesso. Divertimento a parte, sono davvero molto legato a questo film».

Come mai?
«Innanzitutto perché una novità è che ha un grande respiro di immagine rispetto ai precedenti: per la prima volta, oltre che nella Sicilia orientale, abbiamo girato anche a Palermo, che è la mia città. Nelle due settimane di riprese me la sono vissuta da turista, con mio papà che mi veniva a trovare sul set. Poi questo è il mio primo film da protagonista. E infine perché “La concessione del telefono” è, tra i suoi, il romanzo che Camilleri amava di più. È l’ultima sceneggiatura che ha firmato prima di andarsene».

L’ha conosciuto?
«Sì, ho avuto la fortuna di conoscerlo e di confrontarmi con lui, una cosa che potrò raccontare ai nipoti: Andrea Camilleri è uno dei più grandi autori del Novecento».

Ci regala un suo ricordo?
«L’ultima volta che l’ho visto è stato al Campidoglio, a Roma, quando gli diedero la cittadinanza onoraria di Agrigento. Ho avuto l’onore di leggere la motivazione. Ricordo che andai da lui, gli porsi la pergamena e gli dissi: “Andrea, sono Alessio, sono il giovane Mimì”. Lui, che già non vedeva bene, mi mise le mani in viso e mi disse: “Mimì, stai diventando grande…”. Quelle mani sul mio volto le porterò per sempre con me come una benedizione».

Il cast

Diretto da Roan Johnson e interpretato da Alessio Vassallo, Thomas Trabacchi, Federica De Cola, Corrado Fortuna, Dajana Roncione, Corrado Guzzanti e Fabrizio Bentivoglio.

La trama

La storia racconta di Pippo Genuardi, nato a Vigàta il 3 settembre 1856 e commerciante di legnami. Ma sia chiaro: quella non è la sua occupazione maggiore, anzi, potremmo dire che il suo vero talento è quello di cacciarsi nei guai.

Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta, ma il nostro protagonista è un uomo che non si accontenta mai.

E così spedendo tre lettere al Prefetto Marascianno (un napoletano paranoico e complottista) mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò, che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso.

A tenerlo d’occhio il Questore Monterchi, venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il folle concatenarsi degli eventi.

I personaggi

La vicenda è ambientata a Vigata alla fine dell’800 e coinvolge i seguenti personaggi: Fabrizio Bentivoglio è Don Lollò Longhitano, Corrado Fortuna è Sasà La Ferlita, Corrado Guzzanti interpreta il prefetto Marascianno, Federica De Cola è Taniné e Dajana Roncione è Lillina. 

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