Liberi sognatori, Cristiana Capotondi è Renata Fonte

«Interpreto il ruolo della prima donna vittima della mafia del Salento» spiega l’attrice. «Ancora una volta incarno un eroe di tutti i giorni, una persona coraggiosa che si batte per i valori in cui crede»

Cristiana Capotondi nei panni di Renata Fonte  Credit: © Retiinrete
1 Febbraio 2018 alle 15:27

Cristiana Capotondi non è nuova a ruoli di forte impegno civile. Non sorprende quindi, dopo averla vista nei panni di Lucia Annibali – la donna fatta sfregiare con l’acido dall’ex fidanzato – che torni in tv interpretando un’altra donna coraggiosa. Nell’ultimo episodio della serie «Liberi sognatori» sarà infatti Renata Fonte, l’assessore comunale di Nardò, in provincia di Lecce, assassinata il 31 marzo 1984 mentre rientrava a casa, pagando così con la vita il suo impegno civile e ambientalista.

Un ruolo bello tosto.
«Già. Sono un’appassionata di storie del nostro Paese, degli eroi quotidiani, persone che fanno della loro vita e del loro sacrificio uno strumento per perpetuare i valori. Valori molto forti che essi decidono di seguire nonostante tutto».

Come si è preparata a essere Renata Fonte?
«Ho visto tante cose sue e ho “tormentato” con un sacco di domande le sue figlie, che mi hanno molto supportata. Ho cercato di accumulare informazioni e poi di dimenticarle, per cercare di restituire un racconto personale. Ho vissuto tutto con una forte partecipazione. In fondo la cosa meravigliosa del nostro mestiere è potere toccare con mano la parte emotiva di ciò che abbiamo letto sui libri ed è diventato patrimonio culturale del nostro Paese. Ecco perché faccio molta fatica a interpretare personaggi che non “sento”».

Che idea si è fatta della Fonte?
«Di una persona e di una politica capace di anticipare i tempi. Una donna del Sud che in anni non sospetti aveva intuito che cosa sarebbe potuto diventare il Salento se fosse stato capace di soddisfare la richiesta di un turismo legato alle bellezze di una natura incontaminata. Una visione che lei ha avuto con 20 anni d’anticipo rispetto a tutti gli altri».

È più difficile interpretare un personaggio realmente esistito?
«È bello. C’è un coinvolgimento diverso. Si crea un corto circuito emotivo molto intenso. E comunque ho avuto un’esperienza di estrema libertà nel muovermi all’interno della vita di Renata, proprio perché lei stessa era uno spirito libero. Non ho avvertito vincoli».

Vi somigliate in qualcosa?
«Con lei condivido il fatto di non stare mai ferma, di avere molti interessi e sogni da realizzare: una vita piena di stimoli. Mi sono sentita vicina a questa donna che aveva deciso di incarnare un ruolo diverso da quello a cui era destinata».

Lei ha ormai una filmografia molto densa. Come valuta questo momento della sua carriera?
«Non riesco mai a fare delle riflessioni su quello che sto vivendo. Mi sento fortunata, ho la possibilità di scegliere fra diverse proposte ed è una situazione ottimale. Non ho la necessità di essere sul set ogni mese. Per me stare sul set è una vacanza. Il nostro è un mestiere di grande svago: richiede disciplina nella fase precedente, quella di assorbimento del personaggio, ma poi, quando si gira, è un gioco meraviglioso».

Recentemente si è cimentata anche con la regia.
«Nel mio modo di stare al mondo c’è sempre la necessità di sperimentare cose diverse. Ho diretto due corti e c’è sicuramente il desiderio di farlo ancora, non è stato casuale. La regia è una cosa molto complessa e io ho una attrazione naturale per le cose complesse». 

Qual è il film italiano più bello che ha visto ultimamente?
«“Ella & John” mi è piaciuto molto, ma è stata in generale un’ottima stagione. Ho visto anche buone commedie di spessore con una doppia lettura, tipo “Come un gatto in tangenziale”. Forse come pubblico abbiamo fatto uno scatto in avanti rispetto al passato».

Un impegno pagato con la vita

Renata Fonte era l’assessore alla Cultura del Comune di Nardò (LE) e segretario cittadino del Partito repubblicano. Si stava battendo per evitare la lottizzazione e la speculazione edilizia dell’incontaminata Baia di Porto Selvaggio. Aveva anche scoperto illeciti ambientali e i primi metodi mafiosi che stavano attecchendo nel Salento, all’epoca ritenuto lontano dai circuiti della criminalità organizzata. La notte del 31 marzo 1984, a soli 33 anni, mentre rientrava a casa dal consiglio comunale, fu freddata con tre colpi di pistola da due sicari. Gli esecutori materiali dell’omicidio e il mandante, il primo dei non eletti nonché espressione degli speculatori di Porto Selvaggio, furono arrestati. Oggi Porto Selvaggio è Parco naturale regionale.

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