«È un abbraccio al pubblico, in questa epoca di distanziamento sociale» dice Sergio Castellitto

Nell’anno del 120° anniversario della nascita di Eduardo De Filippo il suo capolavoro teatrale “Natale in casa Cupiello” arriva in tv. Lo fa in versione cinematografica con la regia di Edoardo De Angelis e l’interpretazione di Sergio Castellitto, che considera il film «un dono che facciamo al pubblico, un abbraccio in questa epoca di distanziamento sociale».
Sergio, confrontarsi con un gigante come Eduardo non deve essere stato facile.
«Io non mi sono confrontato con lui, che è inarrivabile, ma con Luca Cupiello, un personaggio scritto da Eduardo De Filippo, che è il protagonista di una commedia tragica più grande di lui».
Il film è ambientato nel 1950, circa vent’anni dopo rispetto all’opera originale. Ci sono altre differenze?
«La struttura del testo è la stessa, noi abbiamo fatto un’analisi più profonda dei personaggi, di una famiglia che oggi definiremmo disfunzionale».
Il coprotagonista dell’opera è il presepe, cui Luca Cupiello dedica una cura maniacale. Lei ha l’abitudine di fare il presepe?
«Lo facevo quando i miei figli erano piccoli, poi ho smesso. L’altro giorno, però, ho tirato fuori i vecchi personaggi di terracotta che avevo in cantina e l’ho rifatto. È il regalo di “Natale in casa Cupiello”: farmi tornare la voglia di fare il presepe».
In casa Castellitto il Natale come sarà?
«Per fortuna noi siamo sei in famiglia, non abbiamo problemi. Certo, sarà un Natale malinconico, diverso dagli altri. Negli ultimi mesi ci siamo intristiti, impauriti, anche perché hanno chiuso cinema, teatri e musei, che sono un farmaco altrettanto decisivo quanto quelli medici».