Gianni Morandi: «Quando a Natale avevo tre mandarini»

Racconta a Sorrisi il suo rapporto con le Feste, dall’infanzia non agiata alle «adunate» di oggi: «Amo stare a casa con la mia grande tribù. Ma non mi fanno cantare gli inni!»

Gianni Morandi
20 Dicembre 2018 alle 09:15

Gianni Morandi non sta mai fermo. Chi lo incontra di persona lo sa: non stanno ferme neanche le sue grandi mani, ormai leggendarie, mentre parla con le persone, scatta fotografie, scambia due parole con tutti. Morandi lo trovi un giorno a Bologna, dove vive, un giorno in Sicilia, un giorno a Milano e poi a Roma. Sempre in giro, sempre di corsa.

L’altra settimana, l’11 dicembre, ha spento 74 candeline proprio sotto l’Etna. A dar retta allo zodiaco lui è un Sagittario, ed è questo ad armarlo di curiosità e a trascinarlo in giro per il mondo. A dar retta a lui, invece, è solo il piacere di passare il tempo in mezzo alla gente. «Ho voglia di stare assieme agli altri non solo attraverso il cellulare e i social, ma in strada, in piazza, correndo. Mi piace passare la domenica mattina con gli amici».

Adesso le radio trasmettono il suo nuovo singolo «Che meraviglia sei», una canzone d’amore scritta da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, e Morandi parla ancora una volta delle donne, di tutte le donne che ha conosciuto, incontrato e fotografato in questi mesi. Lui stesso, sempre affamato di novità, ha realizzato il video usando «un sistemino del cellulare, così per gioco» dice. E c’è da credergli.

Come si chiude il 2018 per Gianni Morandi?
«È un anno in cui ho fatto un sacco di cose. Ho fatto tanti spettacoli in giro per l’Italia, poi per quattro mesi e mezzo sono stato sul set della fiction “L’isola di Pietro”. Lavoro quasi più adesso che 20 o 40 anni fa. E non ho più l’energia che avevo allora...».

Comunque l’energia non le manca, visto che ha corso pure la Maratona di New York.
«Eh già. Ho avuto l’ardire e la follia di andare a correre la maratona senza essere preparato. Sono 42 chilometri!».

Ma come? La vediamo sempre correre, anche nella fiction di Canale 5!
«Per una maratona bisogna essere molto allenati. Noi abbiamo finito di girare ai primi di ottobre e la maratona è stata il 4 novembre. Io di solito 40 chilometri li corro in una settimana, per la maratona bisogna allenarsi molto di più».

Comunque ha tagliato il traguardo.
«Ero con un gruppo di amici con cui l’avevo corsa nel 1998, volevamo festeggiare i 20 anni dalla prima maratona. All’epoca eravamo in 11, stavolta siamo partiti in quattro. Mi sono detto: “Male che vada camminiamo, tanto a New York aspettano”. Ci ho messo più di cinque ore, però ho preso la medaglia».

E adesso che altri traguardi l’aspettano?
«Ora sono a Catania per la prima di “La Capinera”, un’opera scritta da Gianni Bella con Mogol, ci hanno lavorato tanto e finalmente ha debuttato. Ho festeggiato qui il mio compleanno, la Sicilia mi piace, è una terra fantastica. Come la Sardegna: ormai dopo “L’isola di Pietro” sono quasi cittadino sardo».

A proposito di Sardegna, ci ritornerà per la terza stagione della fiction?
«Chi può dirlo? Naturalmente sì, se scriveranno una bella storia che possa andare avanti. Io intanto sono contento che il Comune di Carloforte voglia darmi la cittadinanza onoraria, anzi, quasi quasi apro lì uno studio da pediatra» (ride).

Gianni, lei è sempre in movimento. Ma almeno a Natale si ferma?
«Le Feste sono giorni in cui resto molto volentieri a casa. A Natale ci ritroviamo tutti insieme. Più gente viene, più è bello. C’è la famiglia di mia moglie Anna, la mia famiglia, quella di mia figlia Marianna, quella di mio figlio Marco, ci sono mio figlio Pietro, le mie sorelle di Bologna. Un bel Natale».

Ma quanti siete?
«È chiaro che stare tutti insieme è difficile, siamo tanti. Ci divideremo in due fasi: la vigilia la passo con i miei figli e i nipoti. Il giorno di Natale andiamo dalla famiglia di Anna, e anche lì sono quattro fratelli con vari nipoti».

Il Natale per lei è...
«È il momento e l’occasione per ritrovarsi, ed è bellissimo quando ci sono dei bambini piccoli: gli adolescenti a un certo momento diventano insofferenti e scappano da una parte e dall’altra».

Perché non ha mai fatto un disco di canzoni per Natale?
«Me l’hanno proposto e ci ho pensato tante volte, ma vedevo che ogni anno ne uscivano tanti. Quest’anno l’ha fatto Raffaella Carrà, mi sembra un bel lavoro. Il disco di Natale va preparato bene, ci sono ricerche, arrangiamenti. Ma chissà che un giorno non mi decida a farlo. Tanto sono giovane: ho solo 55 anni  di carriera!».

Quale brano è la sua canzone delle Feste?
«A me piace “Tu scendi dalle stelle”, quando si canta tutti in coro con i bambini. E il classico  “White Christmas” di Bing Crosby».

A Natale di certo le metteranno una chitarra in mano e le chiederanno di cantare qualcosa...
«Macché. Cominciano a dire: “No, mica vorrai cantare? Canti tutto l’anno, adesso cantiamo noi!”».

Cose si mangia a Natale in casa Morandi?
«Andiamo da Lucia, sorella di mia moglie, una straordinaria padrona di casa: cucina divinamente. Il tortellino in brodo bisogna mangiarlo per forza, oltre al tradizionale bollito, ma lei inserisce sempre qualche piatto speciale. Suo marito è campano, del Cilento, e aggiunge qualche invenzione con verdure, fave, ceci. Uniamo Nord e Sud anche a tavola».

Le tradizioni del Natale a cui non rinuncia?
«Lo scambio di regali coi bambini. Non grandissimi regali, conta il pensiero che hai avuto nei confronti di una persona cara. Un libro, una cravatta, il classico foulard. Quando si regalavano i cd c’era la raccolta di un cantante amato».

Da bambino com’era il suo Natale?
«Molto semplice. Eravamo una famiglia modesta, a Monghidoro mio padre faceva il ciabattino e mia madre la lavandaia. C’era la tradizione della letterina di Natale, io e mia sorella la scrivevamo e la mettevamo sotto il piatto di mamma e papà. La preparavamo molto tempo prima, tutta bella e ricamata con il pungitopo: “Caro papà, cara mamma, ti prometto che l’anno prossimo sarò...”. Erano i buoni propositi per l’anno che arrivava. Ci si sedeva a tavola e mentre si mangiava qualcuno diceva: “Guarda un po’, c’è una letterina!”. Mia mamma si commuoveva leggendo: “Ti chiedo scusa se non sono stato ubbidiente... sarò più bravo...”».

Quale regalo ricorda con più affetto?
«Erano piccoli giochi, cose semplici: un trenino di legno, magari tre mandarini. Poi un Natale mia madre mi fece un maglione rosso che mi piaceva da morire. Era riuscita a recuperare della lana di qua e di là, ci mise un mese a farlo a mano. Quando me lo regalò mi sentivo ricco, lo mettevo la domenica con i calzoni lunghi».

Un Natale memorabile?
«Quando Marianna mi ha detto che aspettava il primo figlio, Paolo. Quel Natale lì mi si avvicinò: “Papà, ti devo dire una cosa”. E io: “Aspetti un bambino”. “Come fai a saperlo?”. Avevo capito tutto subito. Adesso quel bambino, Paolo, si è laureato, scrive canzoni ed è davvero bravissimo».

Quante statuine del presepe le hanno dedicato?
«Tantissime, sin dai tempi in cui ero protagonista dei “musicarelli” al cinema. Del resto li ho girati quasi tutti a Napoli: “In ginocchio da te”, “Non son degno di te”, “Se non avessi più te”... Mi facevano le statuine con la divisa da militare. Anche quando ho presentato il Festival di Sanremo, nel 2011, ho avuto la mia statuina. A Napoli sono sempre sull’attualità...».

La statuina a cui è più affezionato?
«Ce l’ho sul camino, l’hanno fatta quando io e Lucio Dalla abbiamo fatto il tour insieme. In realtà sono due,  lui con il sassofono e io con il microfono. Ora Canale 5 trasmetterà uno speciale su quel tour. Facemmo 130 concerti in tutto il mondo: Russia, America, Canada. È stato un momento meraviglioso del mio cammino artistico. Ecco, Lucio era uno che impazziva per il Natale, lui in casa aveva il presepe tutto l’anno e luminarie ovunque. Del resto in “L’anno che verrà” cantava: “Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno...”».

Il Natale le infonde più gioia o più malinconia?
«Malinconia, quando penso che i nostri genitori non ci sono più e ora noi abbiamo il loro ruolo. Quando penso a mia mamma che a Natale mi faceva la zuppa inglese, il mio dolce preferito. Ma poi il piacere di vedere il sorriso dei bambini e dei nipoti supera tutto il resto».

Vuole fare un augurio a qualcuno?
«A tutti i lettori di Sorrisi. Che nel 2019 ci sia più serenità, più educazione, più rispetto per l’ambiente, più voglia di tollerarci. E poi, ovviamente, che il Bologna resti in Serie A!».

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