Gigi Marzullo: «In realtà da bambino sognavo di fare l’attore»

Dopo un cameo in "Don Matteo 13", l’intervistatore della notte si racconta a Sorrisi, partendo dalla sua ultima esperienza

2 Giugno 2022 alle 08:48

Intervistare Gigi Marzullo è come regalare una torta a Iginio Massari. Già, perché Gigi, tra “Sottovoce”, “Mezzanotte e dintorni” e tanti altri programmi, di interviste ne ha fatte oltre 8 mila. Anzi, celebrate, perché le sue sono un vero rito: «Non sei mai stato da Marzullo? Allora non esisti».

Lei è stato ospite da Fabio Fazio, da Serena Bortone, ha i suoi programmi... Però, teoricamente, dovrebbe essere in pensione.
«Ma io non so cosa vuol dire pensione! Credo che ognuno di noi sia come il binario di un treno, ossia sia fatto da due rette che viaggiano accanto: il lavoro e l’amore. Non è che vivo per il lavoro, ma il lavoro mi dà molta vita. Poi c’è l’amore. Solo che quello non dipende unicamente da noi».

Ha fatto un cameo in “Don Matteo”. Non è la sua prima volta sul set, ma ha sempre interpretato... Marzullo.
«Sono bravo a essere me stesso. Quando faccio la televisione sono molto vero e sincero. Poi, forse, ci sono altre parti di me: quella riflessiva e quella ironica, che è venuta fuori molto grazie a Fabio Fazio. Ci sono più momenti del mio modo di essere e ci sono anche momenti di malinconia, di tristezza, di paura: insomma io cerco di fare quello che sono. Non potrei interpretare un altro, anche se a 20 anni sognavo di fare l’attore. Diciamo che mi ispiro... a me stesso».

Davvero voleva diventare attore?
«Ero molto attratto dal mondo dello spettacolo. Arrivai a chiamare a casa Stefano Satta Flores (grande attore e commediografo scomparso nel 1985, ndr) per chiedergli consigli. Lui mi parlò dell’Accademia, del Centro Sperimentale, e io ero anche tentato di andare, ma poi mi mancò la forza. Più avanti, ho capito che non sarei stato portato. Non mi piace ripetere le scene, amo la diretta: una volta e via».

Com’è stato crescere ad Avellino?
«È una normale città di provincia, molto bella. Con forti radici e valori forti. Lì il percorso era studiare e poi fare i concorsi. Tutti laureati in Giurisprudenza o in Medicina. Alla peggio il posto in banca. Io però volevo fare il giornalista. O quello o niente».

Prima assunzione a “Il Mattino” di Napoli.
«Casa mia era nello stesso stabile della redazione del giornale. Dopo il terremoto dell’Irpinia aumentarono le pagine e mi offrirono l’assunzione con base a Benevento. Solo che io volevo andare via da Avellino, sognavo Roma, dove avevo fatto per un mese l’annunciatore alla radio. Al “Mattino” rimasi tre anni, ma già collaboravo con la Rai, il mio vero obiettivo. Non è stato semplice come alcuni s’immaginano: prima consulente, poi programmista regista... ho fatto tutta la gavetta. Ho lasciato “Il Mattino”, il posto fisso, come diceva mia madre, avendo di fronte a me l’incertezza».

Dopo le prime apparizioni, nel 1989 si è “preso” la notte. Come è successo?
«Non c’erano spazi liberi. E poi volevo fare una cosa ideata e condotta da me. A quell’ora c’era il monoscopio, cominciare a mezzanotte era una cosa da pazzi. Mi dicevano: “Ma chi ti guarda?”. L’ordine era: “Fai una cosa che non costa niente” e io recuperai nel “trovarobato” della Rai un orologio, due panni neri e due sedie, e cominciai a fare domande alle persone famose. Prendevo spunto dalle nostre conversazioni notturne tra amici nel corso principale di Avellino. All’epoca nessuno chiedeva a una persona importante del suo primo bacio o se avesse mai pianto per amore. Ora vogliono venire tutti, ma all’inizio non fu semplice. Anche perché era in diretta, a mezzanotte. Comunque funzionò. Ma cominciarono anche ad attaccarmi sui giornali».

Con lei alcuni critici si sono scatenati...
«L’argomento non mi ha mai interessato. A me interessa solo il lavoro e credo di avere dimostrato, col lavoro, quello che sapevo fare e quello che riuscivo a fare. Oggi per fortuna le cose sono molto cambiate».

Io non l’ho ancora capito se la vita è un sogno o se i sogni aiutano a vivere meglio, ma lei cosa sogna?
«A 68 anni sogno ancora che devo entrare in Rai, o che devo fare il giornalista, come se non avessi ancora fatto niente. E sono passati 40 anni. Sogno di non essermi mai laureato, che devo fare tutti gli esami».

«Si faccia una domanda e si dia una risposta» è una sua celebre domanda. Chi ha risposto meglio?
«Sabina Guzzanti. Rimase in silenzio per qualche istante e poi disse: “Fatto”».

E lei cosa si domanda?
«Perché bisogna morire. Lo chiedo pure ai preti: perché Dio ci dà la vita se poi ce la toglie?».

E loro che rispondono?
«Mi dicono che non è che ce la toglie, che si tratta di una trasformazione. Ma io non la voglio trasformare, mi va bene così, perché la devo cambiare? Io mi accontento di questa».

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