Gli incontri di Maurizio Costanzo: la tv più divertente io l’ho vista grazie a Ugo Tognazzi

L'attore era un talento sul palco, in cucina e sul set. E in coppia con Raimondo Vianello era irresistibile

Fine Anni 70: Maurizio Costanzo intervista Ugo Tognazzi (1922-1990) nello studio di “Bontà loro”, considerato il primo talk show della tv italiana
11 Luglio 2019 alle 15:59

Ho conosciuto Ugo Tognazzi quando mi occupavo della redazione romana del settimanale femminile della Mondadori “Grazia”. L’ho conosciuto, credo, per qualcosa che aveva interpretato in teatro. Ma poi l’ho inseguito, prima di diventare suo amico, negli amori nazionali e internazionali.

Il primo figlio di Ugo si chiama Ricky Tognazzi e lo ebbe da Pat O’Hara, ballerina straniera di un suo spettacolo di rivista. Ma nel 1963 Ugo si sposò con un’attrice norvegese, Margarethe Robsahm, dalla quale ebbe un figlio, Thomas. Il giornale mi spedì, con un bravissimo fotografo, il compianto Velio Cioni, in Norvegia per intervistare questa donna e fotografare il ragazzo. La cosa avvenne dopo un lungo viaggio, con la certezza che Ugo si sarebbe molto dispiaciuto della cosa.

Ma non fu così, la prese bene e quindi poi fui quasi invitato quando nacque Gianmarco, avuto da Franca Bettoja (era il 1967), e Maria Sole (nata nel 1971). Ugo ha sicuramente molto amato, ma è stato anche molto amato. Ricordo quello che mi raccontava Paolo Villaggio, di quando facevano tardi la sera, magari bevevano qualcosa di troppo e poi finivano tra braccia non sempre discrete.

Tognazzi è nato a Cremona il 23 marzo del 1922 ed è morto a Roma il 27 ottobre del 1990 a soli 68 anni per una emorragia cerebrale. Aveva cominciato in teatro prestissimo e, da professionista, arrivò alla compagnia di Wanda Osiris. In seguito, da lì, alla coppia Tognazzi-Vianello. Ugo e Raimondo hanno riempito per anni i teatri di tutta Italia e hanno fatto la televisione più divertente che abbiamo visto. Penso a quando Tognazzi e Vianello conducevano in televisione “Un due tre” e gli autori erano Scarnicci e Tarabusi, che a lungo sono stati accanto ai due. Presero in giro il Presidente della Repubblica Gronchi che, assistendo a uno spettacolo al Teatro alla Scala insieme con il Presidente francese De Gaulle, era quasi caduto per terra per una sedia spostata da un collaboratore. Recitando la gag, Raimondo a Ugo o Ugo a Raimondo, disse: “Ma chi ti credi di essere?”. E per quella “innocente” satira vennero perfino licenziati in tronco.

Mi torna alla mente, mentre scrivo, una battuta un po’ greve ma divertente, di uno spettacolo di rivista teatrale con Tognazzi e Vianello. Parlavano di vacanze e a un certo punto uno dei due disse: “Io sono stato a Ischia, dove si balla, si canta e si fischia”. E l’altro: “Io sono stato a Giava dove si balla, si canta e…”. A quel punto rullo di tamburi sull’applauso della platea che aveva intuito la rima.

Tognazzi e il cinema, poi. Ha interpretato film importanti, come “La Califfa” (1970), diretto da uno scrittore famoso, Alberto Bevilacqua. E poi nel 1981, quando fu diretto da Bernardo Bertolucci in “La tragedia di un uomo ridicolo”. E ancora, dal 1975 al 1985, la serie trionfante di “Amici miei”. Ricorderete tutti che Tognazzi interpretava un disperato ma divertente Conte Mascetti. Poi arrivò “Il vizietto”, in tre film, nel 1978, nel 1980 e nel 1985. Ma il suo primo film importante fu “Il federale”, nel 1961, diretto da Luciano Salce, dove Tognazzi dimostrò di non essere solo un attore brillante o comico, ma anche drammatico, come in seguito confermò ampiamente.

Tognazzi è sicuramente uno dei grandi mattatori della commedia italiana, come lo sono stati Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi. Io ho sempre pensato (ma forse mi sbaglio) che Tognazzi volesse fare altro rispetto al comico, rispetto al “buffone”. Forse si sentiva più tagliato per ruoli drammatici. Mi sono fatto questa idea dopo aver letto alcuni aforismi che Tognazzi, a insaputa dei più, scrisse. Ve ne cito qualcuno: «L’ottimista è un uomo che, senza una lira in tasca, ordina delle ostriche nella speranza di poterle pagare con la perla trovata». Oppure: «L’ispettore delle imposte crede esattamente il doppio di quello che gli si dice». Sì, vi accorgerete ancora una volta che i grandi comici sono attraversati da grandi malinconie.

E poi penso a quanto erano bravi Gassman e Tognazzi insieme, quando interpretarono un film di Dino Risi, “I mostri” (1963), o anche quando Ugo partecipò al film “Io la conoscevo bene”, diretto da Antonio Pietrangeli, nel 1965. Per Ettore Scola, nel 1969, interpretò “Il commissario Pepe” e, persino con Pier Paolo Pasolini regista, partecipò a “Porcile” nel 1969. Forse il grande desiderio di Tognazzi, e di conseguenza il suo rammarico, era quello di poter recitare in un film diretto da Federico Fellini. Ma l’occasione, per quanto prossima più volte, non si concretizzò mai. Non dimentichiamo, comunque, che Ugo è stato diretto anche da un regista di prima grandezza come Marco Ferreri.

Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman hanno in qualche modo vite parallele, se penso che Ricky, figlio di Ugo, è attore e regista, così come Alessandro, figlio di Vittorio, è attore e regista.

Concludo facendo riferimento alla cucina, alla sua voglia di fare il cuoco e di affermarsi a grandi livelli. Sì, gli piaceva cucinare e una volta fui invitato a Velletri, dove aveva una villa (costruita dopo che a lungo Ugo era stato in una casa al mare, a Torvaianica) e dove cucinò, come sempre, straordinariamente. Come tutti i grandi cuochi, quello che cucinava lo assaggiava soltanto e niente di più.

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