L'attrice ha conquistato il cuore del Commissario della tv e adesso dà il suo volto a Ilary Blasi nella serie di Sky su Totti
Negli anni Greta Scarano è apparsa e riapparsa in molte serie tv, film, pubblicità, soap opera, finché qualche sera fa per nove milioni di spettatori è diventata colei che, con occhioni innocenti e languidi, fa innamorare in un battito di ciglia il commissario Montalbano. In quello che potrebbe essere l’episodio conclusivo della popolare fiction, visto da 9 milioni di telespettatori.
Greta, cosa si prova ad aver fatto perdere la testa al commissario Montalbano?
«Montalbano perde la testa per una ragazza che non ha bisogno di un uomo. Mi spiace se le persone si sono sentite urtate, ma certe cose avvengono nel momento in cui c’è uno spiraglio. Il mio personaggio l’ha scritto Andrea Camilleri e chi sono io per giudicarlo?».
Le piacerebbe sapere come finisce fra loro?
«Da una parte me lo chiedo e mi piace pensare che siano ancora insieme, dall’altra le storie che finiscono “in levare” hanno una loro poesia, è bello non definire sempre tutto. Forse non è un caso che Camilleri ci abbia lasciato così».
Salto di canale: dal 19 marzo lei sarà Ilary Blasi nella serie di Sky su Francesco Totti.
«È un personaggio che vive e lotta tra noi! In questa serie ci confrontiamo con persone vere e attuali, ma la mia è un’ispirazione, non un’imitazione».
Ha detto di essersi molto divertita con la sua Ilary.
«Mi sono divertita a immaginare come sono in casa Ilary e Totti, entrambi molto ironici. Ilary inizia come showgirl, ma poi diventa conduttrice, sa tenere il pubblico, non è soltanto “la moglie del calciatore”».
Il personaggio più lontano da lei finora interpretato?
«La tossicodipendente in “Suburra” di Stefano Sollima. Mi fa impressione la droga, se vedo gli aghi mi sento male, eppure ho dovuto studiare quel mondo per entrare in contatto con il personaggio».
Il ruolo scritto proprio per lei?
«Paradossalmente quello di Ilary. Appena ho letto la sceneggiatura ho detto: “Lo faccio di sicuro!”. Dopo così tanti provini, se un personaggio è fatto per me ora lo sento subito. È successo lo stesso per la serie “Il nome della rosa”, al provino sentivo che quel ruolo era perfettamente nelle mie corde».
Ripartiamo dall’inizio: a 6 anni viene iscritta da papà a un corso di teatro insieme con sua sorella.
«Era un gioco bellissimo, il teatro mi faceva sognare, ho sempre avuto un’immaginazione molto vivida. Sin da piccola mi piaceva raccontare storie attraverso il mio corpo e il mio volto».
Sua sorella poi cosa ha fatto?
«Fa la scenografa, ci siamo anche casualmente incrociate sul lavoro, ma pure mia mamma che è infermiera e mio padre che è medico hanno un lato artistico molto spiccato».
E papà ora cosa dice?
«In realtà penso che avrei fatto questo mestiere anche senza quel corso di teatro, ero abbastanza predestinata. I miei genitori mi hanno sempre appoggiato, fu mia mamma ad accompagnarmi a Napoli ai provini di “Un posto al sole”».
Per la soap ha rinunciato al Centro sperimentale di cinematografia.
«All’inizio volevo fare la regista e provai a entrare all’Accademia “Silvio d’Amico”. Non mi presero. Provai al Centro sperimentale come attrice e mi accettarono per il corso propedeutico, avevo 20 anni e andare a Cinecittà era come un sogno. Poi feci il provino per “Un posto al sole” e mollai tutto per lavorare in un contesto magari più tradizionale, ma da dove si esce davvero formati».
Dopo neanche due anni ha mollato pure “Un posto al sole”: carattere o incoscienza?
«Sono una persona che ha bisogno di essere stimolata, avevo capito tutto del meccanismo e del personaggio. È successa la stessa cosa anche con “Squadra antimafia”, mi avevano chiesto di restare, ma dopo due anni per non esaurirmi mi sono rimessa in cerca».
“R.I.S.”, “Romanzo criminale”, “In treatment”, “La linea verticale”: in tv ha fatto tanti ruoli drammatici.
«Non mi è difficile immedesimarmi in una situazione drammatica, riesco sempre a trovare un punto di incontro. E poi i personaggi brillanti femminili sono pochissimi, i ruoli leggeri rischiano di essere stereotipati: “la moglie di...”, “la ragazza di...”. E io sono estremamente ambiziosa».
In che senso?
«Ambisco a fare sempre meglio. Mi piacerebbe lavorare all’estero per vedere come sono le altre industrie, vedere la differenza, anche se lì la competizione è ovviamente maggiore. Oppure girare un film da regista».
Se fosse salita sul palco del Festival di Sanremo per un monologo cosa avrebbe detto?
«Meno male che non me l’hanno chiesto, non saprei. Però penso che sarebbe bello che il Festival lo conducesse una donna che fosse anche direttrice artistica, visto che non è mai successo. Penso a Paola Cortellesi o a Laura Pausini, ma magari loro non sono interessate. O forse sogno troppo?».