10 Maggio 2019 | 10:15 di Giusy Cascio
Siamo pronti a festeggiare la donna che ci ha messi al mondo, che ci ha cresciuti, che ci ha messi in castigo da bambini quando lo abbiamo meritato, che ci preparava cose buone da mangiare dopo un bel voto a scuola... Qui sotto, potete leggere due lettere molto toccanti con cui anche Simona Ventura e Massimo Giletti ringraziano la loro madre.
SuperSimo all’inizio fa una piccola autocritica: «Stavo per dimenticarmene!». Può succedere, perché la festa della mamma non cade in una data fissa come la festa del papà, che è sempre il 19 marzo.
La ricorrenza ha una storia più complicata. Nel 1868 la pacifista Ann Marie Jarvis creò la “Giornata dell’amicizia delle madri” per riconciliare le famiglie che avevano combattuto su fronti opposti durante la Guerra civile americana. Tre anni dopo la sua morte, nel 1908, la figlia Anna iniziò a ricordarla ogni seconda domenica di maggio con una cerimonia nella chiesa di Grafton, in West Virginia, invogliando tutti a onorare la mamma. Finché, nel 1914, il Presidente americano Woodrow Wilson istituì il “Mother’s day”. In Italia la festa fu organizzata la prima volta nel 1956 dal senatore e sindaco di Bordighera Raoul Zaccari.
Oggi si celebra la seconda domenica di maggio nella maggior parte dei Paesi del mondo, ma non in tutti: a San Marino è il 15 marzo, in Irlanda la quarta domenica di Quaresima, in Spagna, Portogallo e Ungheria la prima domenica di maggio, in Francia e Svezia la prima domenica di giugno, in Costa Rica il 15 agosto e in Russia l’ultima domenica di novembre.

Simona Ventura: «Cara mamma...»
« ...è arrivata un’altra festa della mamma e io, come ogni anno , stavo per dimenticarmene. Non perché non pensi a te, anzi. Sei, e sarai sempre, il mio punto di riferimento.
Sei stata il mio porto sicuro quando ero fuori nel mare in tempesta. La prima a cui ho sempre telefonato quando mi è successa una cosa bella, quando ho raggiunto un obiettivo nel lavoro, quando mi sono innamorata o mi sono disperata. Quando, ancora adolescente, ti sedevi sul letto e mi parlavi, raccogliendo tante volte le mie lacrime di disperazione (età un po’ strana quella). Quando, seppur non fossi d’accordo, mi hai lasciato volare per raggiungere i miei sogni, dandomi fiducia e, soprattutto, togliendomela se lo avessi meritato. Sei sempre stata attenta a ogni minimo cambiamento, salvandomi tante volte da scivoloni e deragliamenti. Sei sempre stata pronta per un consiglio, un parere. Per questo, mamma, la tua festa per me durerà tutta la mia vita. Grazie».

Massimo Giletti: «Cara mamma...»
« ...il mio nuovo libro “Le dannate” racconta la vera storia delle sorelle Napoli, tre imprenditrici agricole di Mezzojuso, un paese vicino a Corleone, che lottano contro la mafia dimostrando che un’altra Sicilia è possibile. Per questo ho voluto dedicarlo a te e a tutte le donne coraggiose.
Ho sempre ammirato la tua forza, mamma, il tuo non arrenderti mai davanti alle avversità che la vita ci presenta più o meno spesso. Il tuo sguardo dolce, ma al tempo stesso fiero, mi è sempre dentro. Nel cuore ho un’immagine fortissima che non mi abbandonerà mai: avevo quattro anni. Emilio, tuo marito e mio papà, che ancora oggi a 90 anni continua a lavorare, aveva deciso che Maurizio ed Emanuele, gli altri due figli tuoi più grandi di me, finite le elementari nel nostro paese nel Biellese avrebbero dovuto trasferirsi in città a Torino con te per continuare a studiare lì.
Io, che ero troppo piccolo, rimasi così da solo a vivere nella casa di campagna con papà e una terribile tata tedesca che la parola “amore” non sapeva neppure cosa fosse. Furono mesi difficili, ma per una strana forma di orgoglio i miei pianti li facevo nascosto, in soffitta. Non volevo che nessuno si accorgesse di quanto stessi male. Poi però, un giorno, trovai la forza di aprirmi con te, rammenti? Ti portai sulla collina che dominava la nostra valle. Ricordo ancora che sotto di noi c’erano i faggi rossi, coi colori dell’autunno. Fu lì che, guardandoti negli occhi ti urlai tutta la mia sofferenza perché non potevo averti vicina. E tu, mamma, comprendendo soltanto in quel momento il dolore che mi avevi creato, ti lasciasti andare a un pianto a dirotto, mi abbracciasti stringendomi all’infinito e mi sussurrasti: «Bimbo mio, non sarai mai più solo, staremo sempre insieme».
La mattina dopo partii con i miei fratelli per Torino e la mia vita cambiò. E con te da quel momento instaurai un rapporto fortissimo, difficile da spiegare a parole.
Ecco perché credo che gran parte di ciò che sono diventato, con quelle poche qualità che ho, lo devo a te. Mi hai insegnato tu, con la tua pazienza, i valori veri, le idee per cui lottare, il senso del non abdicare mai alla dignità del proprio modo di essere e la pienezza dell’amore che per te era, ed è tuttora, solo dare, senza nulla chiedere in cambio.
Oggi le nostre telefonate sono attimi sempre pieni di emozioni. Non mancano mai, ma non sono sufficienti per dirti grazie di avermi aiutato ad attraversare questa nostra vita, così aspra ma così bella».