Laura Chimenti: «Ogni sera al Tg1 io ceno con voi»

La giornalista dell’edizione delle 20 si racconta in esclusiva a Sorrisi. «In questo periodo cerco di comunicare le notizie al pubblico con più calore» spiega la conduttrice

Laura Chimenti alterna le settimane di conduzione con i colleghi Emma D’Aquino e Francesco Giorgino. Hanno una chat su WhatsApp: “Quelli delle 20”  Credit: © Iwan Palombi
28 Maggio 2020 alle 08:00

Mi ero fatta un appunto mentale dopo averla intervistata varie volte: non chiamare mai Laura Chimenti, la popolare giornalista del Tg1 delle 20, quando si è a digiuno. Troppo “pericoloso” se si è golosi come la sottoscritta. Poco prima della sua partecipazione a Sanremo mi aveva elencato piatto per piatto il menu a base di pesce che stava preparando per la cena in famiglia: è stato un esercizio di “autocontrollo della golosità” (il mio) tostissimo. E totalmente inutile. Stavolta non ci casco. La chiamo subito dopo pranzo. Infatti non si smentisce: «La posso richiamare tra due minuti? Scusi, sto ultimando la cheesecake…» dice soddisfatta. E aggiunge: «Durante il periodo di isolamento ho perfezionato la mia cucina».

Laura, è impossibile: lei è la versione magra, bella e al femminile dello chef Cannavacciuolo!
«(Ride) Sì, ma ho imparato a fare i dolci che, da non golosa, prima erano il mio punto debole. In questo periodo ho messo a punto la cheesecake, la tarte tatin, il rotolo di crema di nocciole e il tiramisù».

Va bene, parliamo di altro però… Lei è uno dei volti più popolari della televisione. Ancora di più in questo periodo, in cui i telegiornali volano negli ascolti, con un pubblico affamato di informazioni sulla pandemia. Come si fa a comunicare le notizie in un momento così delicato?
«Il nostro approccio è sicuramente fondamentale per il pubblico che ci segue».

In che modo?
«Con un sorriso quando magari hai una notizia un po’ più leggera, o un saluto iniziale e quello finale fatto con più garbo. Insomma, una maggiore attenzione nei confronti del pubblico senz’altro rassicura. Anche le notizie più drammatiche se date con enfasi non troppo perentoria arrivano in una maniera più soft nell’animo del telespettatore».

Quindi c’è una maniera diversa di dare le notizie in questo periodo?
«Non c’è una regola, dipende dal buon senso del conduttore. C’è quello più freddo che non vuole trasmettere empatia e allora va avanti nello stesso modo, e poi c’è quello che ha piacere di comunicare con il pubblico con più calore».

E lei sceglie questa seconda strada?
«Sì. Sempre mantenendosi freddi nei confronti della notizia, beninteso, ma un abbraccio dato anche con un’intonazione diversa è più piacevole in questo momento. Faccio attenzione anche all’abbigliamento».

Cosa intende?
«I primi giorni in cui avevamo tanti morti e ricoverati, lì serviva un abbigliamento più austero: ho scelto di indossare il bianco o il nero. Vestirsi di fucsia non sarebbe andato bene. Ora che i contagi stanno diminuendo, la situazione migliora e ci riavviamo poco a poco verso una nuova normalità, indossare colori un po’ più vivaci o pastello può aiutare a tirare un sospiro di sollievo… È una specie di “psicologia del conduttore”, insomma (sorride)».

In fondo nelle scuole di giornalismo non sono previsti corsi su come dare le notizie nel caso di una pandemia mondiale.
«È vero. Ma pensi che una delle mie più care amiche insegna ai medici come esporre gli argomenti durante i convegni. Lei ha portato due esempi: la lettera che ho letto a Sanremo, analizzando il linguaggio del corpo, e poi le differenze nella mia conduzione del tg tra l’inizio della pandemia e questi ultimi giorni».

Quali differenze ci sono?
«L’abbigliamento, come dicevo prima, e il tono che ho utilizzato nell’esposizione delle notizie: all’inizio era più drammatico e nella parte finale più morbido. La mia amica mi ha detto che i suoi medici hanno capito…».

In questo periodo in cui le persone hanno più bisogno di notizie, sente una responsabilità maggiore rispetto al normale?
«La responsabilità è la stessa, ma ho sentito una maggiore tensione emotiva nel dare certe notizie. Quando per due mesi di fila devi dire che ci sono centinaia di morti ogni giorno allora l’approccio è diverso».

Come supera quella tensione emotiva?
«La domino. Cerco di non farla percepire, ma dentro al mio cuore la sento».

Ci sono stati momenti di difficoltà in diretta in questo ultimo periodo?
«Le interviste con i medici e gli infermieri in prima linea: lavoravano senza sosta, vedendo le persone morire una dietro l’altra sotto i loro occhi. Chiedere loro di raccontare le sensazioni mi ha turbato emotivamente».

Lei la sera entra nelle case delle persone: per strada la riconoscono, mascherine a parte?
«Le cose sono cambiate dopo Sanremo e da quando ho Instagram. Ora mi riconoscono: “Aaah, ma lei è la Chimenti, quella del telegiornale!”».

Sente ancora, dopo anni di conduzione, l’emozione della diretta?
«Sì. Ovvio che non sia la stessa emozione di dieci anni fa, ma in quei momenti sento una forte adrenalina da concentrazione. La settimana di conduzione perdo sempre un chilo... di nervi».

Ricorda la sua prima conduzione?
«E come no? Ero incinta di Margherita e ancora non lo sapevo. Era aprile 2006, l’edizione del tg del mattino alle 6.30, durava cinque minuti. Andai in onda tutta bella “acchittata”, con orecchini pendenti. Finisce la diretta, arriva un messaggio del direttore Clemente Mimun che dice: “Tutto bene, sei stata bravissima, ma... togliti quegli orecchini: è la notizia che deve passare, non tu”. Da allora ho imparato che in video meno orpelli hai e meglio è».

Ha una formula per cominciare e per terminare il tg?
«Sì, ho i miei saluti standard (ride). All’inizio dico “Buonasera, buonasera”. Mi è venuto normale dirlo due volte quando ero alle prime conduzioni per prendere fiato, poi è rimasto ed è diventato una mia caratteristica. Alla fine dico sempre: “È tutto, ci fermiamo qui”. E poi lancio il programma che c’è dopo».

Lei ha tre figlie: come ha spiegato loro la situazione che viviamo?
«Margherita, la grande, ha 13 anni e ovviamente già sapeva tutto. È stata la più timorosa: per il primo mese e mezzo non ha mai messo il naso fuori casa, neanche per il giro del palazzo, era spaventata. Fra l’altro frequenta la terza media e farà l’esame con la nuova modalità. Le piccoline, Bianca di 7 anni e Gloria di 5, mi vedono più spesso a casa e per loro è una gioia. Ho spiegato loro il motivo e devo dire che sono responsabilissime: quando usciamo mettono la mascherina e non la tolgono per niente al mondo. Appena rientrano a casa si tolgono le scarpe e si vanno subito a lavare le mani per 40 secondi, contandoli ad alta voce. Con i nonni si tengono ancora a distanza per proteggerli».

Come fa, pur sfornando manicaretti a raffica, a rimanere così in forma?
«In effetti amo mangiare bene e allora ho bisogno di bruciare. La mattina mi alzo alle 7, porto la colazione a letto alle ragazze e poi tre giorni alla settimana faccio circa un’ora di ginnastica. Sono sempre stata sportiva, amo tanto lo sci e a 12 anni sarei dovuta entrare nella nazionale di nuoto sincronizzato, ma poi ho mollato. Il mio sogno era quello di diventare una giornalista. Lo desidero fin da quando ero bambina».

Davvero porta la colazione in camera alle sue figlie?
«Sì, proprio con il vassoio come si vede nei film americani (ride). Alla piccola il biberon con il latte e i biscotti, alle più grandi toast o uova strapazzate e spremuta».

E la sua colazione?
«Quella la prepara mio marito Claudio: facciamo sempre colazione insieme. Lui salata, io caffè, frutta e yogurt. La stessa da anni...».

Il resto della giornata cosa prevede il menu?
«A pranzo mangio davvero poco: fiocchi di latte o fesa di tacchino oppure tonno. La sera invece preparo sempre un menu completo e curato, sia quando abbiamo ospiti, sia quando siamo solo noi. Faccio la spesa, cucino, e a tavola c’è sempre una bottiglia di un buon vino rosso. E per chiudere, un dolce non manca mai».

Torniamo al suo lavoro: come le piacerebbe comunicare la fine della pandemia?
«Vorrei fare una copertina del telegiornale con la scritta: “È finita!”».

Conto alla rovescia di avvicinamento alle 20: ecco come si prepara alla conduzione del telegiornale

Laura toglie la mascherina appena prima di entrare in studio, dove ci sono solo tre operatori e un microfonista

Come ci si prepara ad andare in onda in diretta davanti a milioni di telespettatori? Laura Chimenti ce lo racconta.

Ore 12: «Arrivo a Saxa Rubra e inizio a seguire le notizie».
Ore 14: «È il momento dei capelli. Ora posso tornare dal mio parrucchiere storico ma prima me li facevo da sola. Mi ero dotata di strumenti all’avanguardia di cui non sospettavo l’esistenza, come piastra americana e bigodini riscaldati».
Ore 16: «Inizia la riunione in videocollegamento con il direttore, il vicedirettore, i capi delle varie redazioni».
Ore 17.30: «Finita la riunione mi trucco, tenendo sempre sotto controllo le notizie».
Ore 18: «Mi vesto con gli abiti che ho portato con me da casa. Prevedo sempre un cambio per sicurezza. A quel punto iniziano ad arrivare i servizi dei colleghi, così che io possa capire come hanno sviluppato gli argomenti. Poi arrivano i lanci (cioè le presentazioni, ndr) dei servizi e io li modifico in base al mio modo di parlare, che è piuttosto sincopato: se sono quattro righe scritte senza un punto allora le cambio (ride). Scrivo anche “lo strillo”, che è il sunto delle notizie più importanti, che anticipo durante il collegamento con Flavio Insinna a “L’eredità”».
Ore 19.10: «Scendo in studio al piano terra con il flacone spray di alcol che mi porto dietro ogni giorno: disinfetto scrivania, tastiera, mouse, microfono, penna e “teller”, che è l’auricolare che mi tiene collegata alla regia quando sono in onda. I ragazzi nello studio ovviamente disinfettano ma io lo faccio anche per conto mio».
Ore 19.25: «Collegamento con “L’eredità” e “strillo”».
Ore 19.26: «Mi cambio le scarpe e metto quelle “da diretta”»
Ore 19.30: «Chiamo a casa e parlo con le mie figlie».
Ore 19.35: «Mi siedo alla scrivania, mangio un paio di caramelle al miele per scaramanzia e per tirarmi su. Mi microfono da sola, mi metto il “teller” e controllo il computer che è incorporato nel pianale della scrivania: da casa non si vede. È utile in caso di notizie dell’ultima ora. Mi ha salvato quando venne eletto papa Bergoglio, che non era tra i papabili e non avevamo previsto una scheda su di lui: sul computer trovai subito informazioni».
Ore 19.40: «Il coordinatore, che è il tramite tra me e la direzione, mi porta il giornale stampato, con i fogli siglati dal direttore, e lo rileggo tutto».
Ore 19.56 e 30 secondi: «Siamo in onda!».
Ore 20.35: «Finisce la diretta, saluto tutti e salgo in auto. Chiamo mia madre che mi dà le sue impressioni: in genere è contenta, mi rimprovera solo quando uso l’intercalare “ecco” a sproposito (ride)».
Ore 20.50: «Sono a casa».

Seguici