25 anni e non sentirli: da tanto dura il legame tra lui e Paolo Bonolis. E tutto iniziò con un folle provino...

L'infanzia
Luca Laurenti è cresciuto a Roma, figlio di una mamma musicista. Solo con lei si apriva: «Scriveva canzoni, io le cantavo. Per il resto sono stato per anni chiuso in me stesso come una cozza. C’avevo tutte le paure, le fobie, l’agorafobia soprattutto. Avevo il terrore di incontrare la gente e stavo al chiuso, quando uscivo camminavo rasente i muri». Colpa anche di una brutta balbuzie. «Balbettavo, sì, non avevo ancora capito che la balbuzie è timidezza, è una porta che non si apre. L’ho vinta affacciandomi fuori. Hai paura di una cosa? Falla! Dopo un po’ di volte la paura ti passerà». Il primo modo di affacciarsi? «Andavo a suonare per i bambini alle feste di compleanno. Anche se i genitori all’inizio non mi capivano come artista. “Ma lei chi è?”. “So’ quello della festa. Quello che suona…”».
Gli esordi
Vuole il caso che Gianni Ippoliti fosse un cliente della banca dove lavorava il padre di Luca. «Ma sai che mio figlio fa pianobar?». «E perché non me lo mandi?». La settimana dopo si rivedono: «Ao’, tuo figlio è un personaggio!». E Laurenti comincia a lavora a Gbr, una tv locale romana. È il 1986. Dice Ippoliti: «Spero che se lo ricordi, ora che è un divo. Caso mai avessi bisogno un giorno».
L'incontro con Bonolis
La svolta però arriva nel 1991. Paolo Bonolis la racconta così: «Stavamo facendo i provini per Urka! Tutti con bella voce e bella presenza. Poi arriva lui e pigolando fa “Buonasera, sarei qui peeeer… il provino da cantante”. Per non mortificarlo gli dico: “Prego, ci faccia qualcosa”. “Mi sarei portato la mia pianola da casa”. Comincia ad attaccare i fili. Passa un’ora. Siamo esausti. Finalmente canta “Overjoyed” di Stevie Wonder, un pezzo difficilissimo. E si trasforma come l’indemoniata di “L’esorcista”. “Dov’è il trucco?” ci siamo detti. Il bello è che il trucco non c’è». Finiscono col dividere anche la casa, due romani in trasferta a Milano e in preda alla «saudade». È l’inizio di un sodalizio inesauribile, che in 25 anni li porta a inanellare successi come «Ciao Darwin» e «Il senso della vita», goliardate come il disco Bucatini Disco Dance e oltre un decennio di spot per la Lavazza ormai entrati nel mito, nonché a presentare insieme Striscia la notizia e un Festival di Sanremo (2009). Il segreto di tanta intesa? Un critico cinico direbbe che Laurenti, col suo parlare buffo e spezzettato, esalta «per contrasto» la sontuosa parlantina di Bonolis. «Questo è niente. Ci hanno anche accusato di abbassarci al livello dei bambini, soprattutto per Tira e molla e “Chi ha incastrato Peter Pan?”. Ma noi non ci siamo mai abbassati. Noi lo siamo davvero, bambini». La verità, secondo Luca, è che «io Paolo l’ho sposato a livello umoristico: ridiamo delle stesse cose. Per il resto siamo diversi».
Innocenti evasioni
Qualche volta, però, Luca Laurenti a Paolo Bonolis l’ha pure tradito. Per esempio, per fare Buona domenica insieme a Lippi, o Fantasia con la d’Urso, o addirittura una sitcom tutta sua (Don Luca). Nel 1999 assaggia anche il cinema, dando la sua voce al topolino Stuart Little, e non lo molla più, anche se le sue apparizioni sono sempre estemporanee (l’ultima nel 2009, al fianco di Leonardo Pieraccioni in Io & Marylin). Ma poi torna sempre dall’amico Bonolis, che del resto per lui ha una venerazione. Tanto che lo chiama Maestro, non si sa bene perché («Beh, insomma, suona la pianola, no? E allora Maestro ci sta» spiega Paolo).
«Raffaella m'ha risolto»
È stato sempre Bonolis a presentargli («e non perde occasione per rinfacciarmelo») la donna che diventerà l’amore della sua vita: Raffaella Ferrari, che sposa nel 1994 e da cui ha, tre anni dopo, il figlio Andrea. «Con Raffaella me ’so risolto» dice lui «mi ha fatto uscire da ’na mezza depressione, mi ha dato l’equilibrio». Da allora lei è l’elemento quadrato, «terreno» della coppia. Mentre lui continua a filosofeggiare, spingendosi arditamente in territori inaspettati come la reincarnazione o il nudismo: «Col costume stiamo in un sacco di plastica. Mi piaceva tanto da bambino tenere tutto all’aria fresca, ma perché a un certo punto ci dobbiamo coprire?». Il che ci riporta alla domanda iniziale del «Ci è o ci fa?». Ecco la sua risposta: «Voglio sta più de là che de qua perché stando de là capisco se tu che stai de qua me pigli in giro». Chiaro, no?