Concluso "Reazione a catena", solo 24 ore dopo era alla guida di "L’eredità". Stessa fascia oraria e stesso successo di pubblico
Liorni, chi inizia bene il primo dell’anno va bene tutto l’anno?
«Speriamo davvero che questo detto sia valido!».
Speranze esaudite. Per ora, infatti, la proverbiale saggezza ha fatto centro. Marco Liorni ha inaugurato il 2024 su Rai1 con due programmi, due quiz, nella fascia oraria prima di cena. Il primo gennaio il conduttore è andato in onda, un po’ emozionato, con la finalissima di “Reazione a catena – La sfida dei Campioni” che ha portato all’Auditel 4.527.000 spettatori (e il 25,99% di share). La sera dopo, il 2 gennaio, cambio di scena, cambio di studio e cambio di quiz (e pure cambio d’abito, stavolta con tanto di cravatta): Liorni debutta sorridente alla guida di “L’eredità” e fa pure meglio, con 4.673.000 spettatori (e il 26,49% di share).
Il segreto del successo?
«Posso parlare per “Reazione a catena” che ho condotto per cinque anni: abbiamo avuto un forte gradimento da parte del pubblico, che corrisponde alla passione e alle competenze di tutti quelli che hanno lavorato al programma. Tutti noi ce l’abbiamo messa veramente tutta».
Cinque edizioni ininterrotte da giugno 2019, in totale 749 puntate: è stato il suo programma più duraturo?
«Forse con “La vita in diretta” ci sono state più puntate, ma non ho fatto il conteggio preciso. Con “ItaliaSì!” siamo ancora sulle duecento».
Nell’ultimo anno ha condotto “Reazione a catena” da inizio estate al 1° gennaio, poi senza sosta è ripartito con un altro quiz. È il maratoneta della Rai.
«Certo, sono tempi lunghi, ma sono in ottima compagnia. Anche altri colleghi fanno le loro “maratone”: Amadeus, Antonella Clerici, Carlo Conti e tantissimi altri che sono in onda tutti i giorni, la mattina o il pomeriggio».
Come si resiste?
«C’è da dire che nel lungo periodo tutto quello che accade dentro e dietro un programma esce fuori, il pubblico lo percepisce, per questo è importante che ci sia sempre una grande armonia».
Ammetterà che ormai fra lei e il genere del quiz più che armonia c’è “un’intesa vincente”.
«L’intesa vincente è proprio quel clima che cerco di portare in tutti i programmi che faccio. Poi effettivamente nel quiz mi trovo molto bene, per il ritmo e per l’atmosfera che si crea con i concorrenti».
Qual è “l’eredità” di “Reazione a catena”?
«Nel 2019 hanno dovuto insistere per farmi fare questa esperienza, all’inizio avevo qualche remora... ora invece devo solo essere grato. Facendo “Reazione a catena” ho scoperto che mi faceva stare bene, c’era autentica armonia, c’era la volontà di fare bene le cose, ci sono state anche le arrabbiature che servono purché siano costruttive e non tossiche. Questa è... l’eredità che porto a “L’eredità”, sto conoscendo ora il nuovo gruppo di lavoro e ci sono tante persone sulla mia stessa lunghezza d’onda».
Durante la finalissima del 1° gennaio si è commosso.
«“Reazione a catena” è stato un programma che mi ha dato sensazioni molto belle, per il gruppo di lavoro, per il contatto con tanti ragazzi che sono venuti a giocare, per il pubblico di Napoli, per Napoli… Io ho un po’ di sangue napoletano, mio nonno era nato a Pozzuoli, in linea d’aria dallo studio saranno quattro chilometri. Nel momento dello stacco sentivo tutto questo. Quell’attimo di commozione è servito a sciogliere la tensione».
Le lacrime sono arrivate solo l’ultimo giorno?
«Qualche giorno dopo le ultime registrazioni sono tornato a Napoli e sono passato nello studio: lo stavano smontando, prima era tutto colorato, pieno di gente, di pubblico, di concorrenti, ma in quel momento c’erano solo silenzio, luci al neon, qualche operaio. Sono quegli istanti in cui pensi che un pezzo di vita se ne va e ti prende una grande malinconia. Ho avuto un po’ di commozione, ripensavo alle storie, alle difficoltà superate, le facce, le musiche, i colori. È stato utile. Ora si va avanti».