Il giornalista racconta a Sorrisi il prossimo speciale sulla mafia e sul boss Totò Riina

Massimo Giletti da tempo racconta la lotta alla criminalità organizzata. Il giornalista continua il suo viaggio nelle grandi storie di mafia e dei suoi protagonisti con lo speciale “Non è l’Arena - Corleone il potere e il sangue” del regista francese Mosco Levi Boucault, in onda mercoledì 5 gennaio in prima serata su La7. Il docufilm, attraverso la testimonianza degli esponenti del clan divenuti collaboratori di giustizia, narra la sete di potere dei “corleonesi” e i disegni criminali e gli orrori del loro capo, Totò Riina.
Massimo, da un anno e mezzo vive sotto scorta dopo le minacce del boss Filippo Graviano. Ma continua lo stesso a parlare di mafia nel suo programma: non ha paura?
«Ho sempre pensato che non bisogna girare la testa dall’altra parte. Non vedo perché ora, che sono sotto scorta, dovrei non raccontare più ciò che c’è intorno a noi. La domanda che mi pongo è: “Perché lo faccio solo io?”».
Perché anche in questo caso sente l’esigenza di tornare sull’argomento, e in particolare di approfondire la figura di Totò Riina? Non è stato raccontato già abbastanza?
«La scorsa primavera sono andato in Sicilia per raccontare i misteri della cattura dei mandanti delle uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino e ho girato il documentario “Abbattiamoli - Chi ha voluto le stragi di Cosa nostra?”. In quell’occasione non mi erano chiari certi tasselli. Con questo speciale daremo elementi più approfonditi: dalle testimonianze di uomini vicini a Riina viene fuori il ritratto di un boss spietato, intelligente, diabolico e crudele. Faremo sentire uno stralcio di conversazione tra lui, detenuto nel carcere di Opera, e un compagno di cella, dove raccontava, con soddisfazione e in maniera lucida, in quanti pezzi erano stati ridotti i corpi degli uomini della scorta dopo le stragi di Capaci e di via d’Amelio. Lui avrebbe voluto proseguire così, una volta libero».
Talvolta nel suo programma il confronto tra gli ospiti è molto acceso. Lei però non perde mai l’aplomb, non alza mai i toni.
«Ho sempre pensato e gestito le mie trasmissioni come un confronto dialettico e questo comporta inevitabilmente tensioni. Le dispute le vedo anche negli altri programmi di cronaca e approfondimento. Ricordo che da Bruno Vespa, molti anni fa, il ministro per le Pari opportunità Katia Bellillo diede un calcio all’onorevole Alessandra Mussolini. È insito in chi tiene il talk show il rischio di dover gestire della reazione che non ti aspetti. Tra i miei ospiti c’è anche Vittorio Sgarbi, che talvolta esagera nei toni e nel linguaggio ma ha intelligenza e grande dialettica. Lui con me è sempre molto corretto».
A questo punto della sua carriera, ha un nuovo obiettivo?
«Sono partito nel 1988 con quattro valigie alla volta di Roma dopo avere telefonato per un anno a Giovanni Minoli di “Mixer” in cerca di un’opportunità. Ho costruito la mia carriera non nei salotti romani né nelle segreterie dei partiti. Ciò che importa è avere sempre passione, e ci penso spesso. Non dimentico, quando decisi di andarmene dalla Rai, la frase che mi si rivolse durante un duro scontro: “Vai pure tanto dove andrai sarai morto”. A La7 ho creato un programma la domenica in una fascia molto difficile, in cui la rete faceva l’1,6% di share e io l’ho portata a raggiungere il 7%. Non ho agenti o società che mi rappresentano. I miei colleghi sappiano una cosa: io sono consapevole che quando ho difficoltà ad avere degli ospiti è perché magari hanno ricevuto l’ordine di non andare da Giletti».
Siamo alla fine delle festività natalizie. Con chi ha trascorso questi giorni?
«Con la famiglia. Anche quest’anno sono stato con mia madre».
I ricordi più belli della sua vita, legati alle feste?
«Ricordo un Natale in cui mio padre non c’era e io rimasi da solo con mia madre per tutta la sera in una grande sala con il giardino dove c’erano liberi cavalli e cani. Una scena indimenticabile. Un altro ricordo è legato alla mia cresima quando mio fratello Maurizio, che era il mio padrino, mi regalò un orologio molto importante. Lui studiava all’università e si era messo i soldi da parte per comprarmelo».
Lei è considerato lo scapolo d’oro. Con l’anno nuovo magari troverà l’amore. Che tipo di donna vorrebbe avere al suo fianco?
«Non è semplice stare con uno come me. Un giorno mia madre mi ha detto: “Ho perso la speranza che possa vederti sposato”... Sono sempre alla ricerca spasmodica di migliorarmi, di aggiungere alla quotidianità qualcosa che rompa la routine ed eviti la noia. C’è una grande irrequietezza di fondo che mi porto dietro. In ogni caso, chi vive con me deve essere abituata alle montagne russe. Sa qual è la cosa più importante? Non precipitare».