Il celebre fotoreporter, nostro amico da sempre, racconta: «Così da un mio scatto è nato un documentario»

«Che bello, stavolta l’intervistato sono io? Ti mando subito delle foto stre-pi-to-se». Massimo Sestini è un entusiasta di natura. I giornalisti che vanno in “missione” per un servizio con lui sono in una botte di ferro perché il suo motto è: «Tutto si può fare».
Grande amico di Sorrisi da sempre (ha firmato la copertina proprio di questo numero), è uno dei più famosi fotoreporter italiani. Sono suoi molti celebri scoop degli Anni 80, da Licio Gelli in carcere a Ginevra alla strage del Rapido 904. È stato lui l’unico a riprendere il primo bikini di Lady D nel 1991 e, l’anno successivo, ha documentato gli attentati a Falcone e a Borsellino con le sue foto dall’alto.
Sempre Massimo è l’autore di un clamoroso scatto del 7 giugno 2014 finito su tutti i giornali: il barcone carico di migranti con gli occhi al cielo. Durante le operazioni di salvataggio della Marina M ilitare nel Mediterraneo, su un elicottero in volo alla velocità di oltre 200 chilometri orari Sestini è riuscito a immortalare tutti i volti di quelle persone, realizzando l’immagine vincitrice del World Press Photo nel 2015 nella categoria “General news”.
Adesso il canale National Geographic racconta la storia di quel “clic” nel documentario “Where are you? Dimmi dove sei” in onda sul Canale 403 di Sky in prima serata il 20 giugno, Giornata mondiale del rifugiato. Guardandolo scopriremo che fine hanno fatto alcuni di quegli uomini, donne e bambini, fuggiti dai loro Paesi alla ricerca di un futuro migliore.
Massimo, come hai fatto a scattare quell’immagine simbolo?
«Ci ho messo due anni. La prima volta ci ho provato nel 2013, ma c’era il mare in tempesta e un vento fortissimo. Al secondo tentativo, grazie alla bravura del pilota Sergio Prato ho colto l’istante giusto e l’espressione spontanea di centinaia di persone che guardavano in cielo, tutte insieme. Scappavano da conflitti e carestie. Penso che se scoppiasse una guerra civile in Italia, potremmo ritrovarci nella stessa situazione».
Hai seguito le loro storie in tutti questi anni?
«Il progetto è nato per caso, quando la foto era in mostra a Losanna. Mi hanno chiamato perché un migrante si era riconosciuto. Da lì mi è scattato il desiderio di cercare gli altri. All’inizio ho trovato una ventina di persone, tutte in Campania, ma volevo scoprire anche altre storie in giro per l’Europa. Così ho chiesto aiuto alla rivista “Time” e alla Bbc, che hanno lanciato appelli in varie lingue. Ma solo con l’aiuto del canale National Geographic, che ci ha messo le risorse, siamo riusciti a ricostruire le vicende umane di alcuni rifugiati in Francia, in Svizzera e in Germania».
Chi ti ha colpito di più?
«Non saprei dirlo, è come scegliere il preferito tra i figli! Li ho fotografati tutti e il documentario è davvero bellissimo. Oltre che su Sky, sarà proiettato in contemporanea al Maxxi di Roma. La regia è del messicano Jesus Garcés Lambert, lo stesso che ha diretto il film su Leonardo da Vinci con Luca Argentero a settembre nelle sale».
Fotografi anche tanti personaggi della tv, del cinema, della musica. Ti senti più un “animale” da cronaca o da spettacolo?
«Lo spettacolo è il mio primo amore. Avevo 14 anni quando andavo a scattare le foto sotto al palco dei concerti di Vasco Rossi. Me le vendevo durante tutto il tour a 250 lire l’una. E oggi, che di anni ne ho 56, mi sento sempre un “rockettaro”».
E chi ti dà del paparazzo?
«Ha ragione, ho fatto migliaia di appostamenti. Anche se ora raramente salgo sugli alberi pieni di formiche rosse per “rubare” uno scatto, quella scuola mi è servita. Se un personaggio arriva per le foto di Sorrisi e ha solo tre minuti per scattare, non è un problema: si fa!».
Ti dedichi anche allo sport.
«Seguire il Giro d’Italia con i miei reportage dall’alto è stato faticoso, ma anche comico per certi versi».
Comico?
«I ciclisti quando devono fare pipì e si fermano dietro una macchina pensano di non essere visti da nessuno. Invece li becco io» (ride).
Sto dimenticando qualcosa?
«Ho appena fatto un progetto per la pubblicità».
Non fare il modesto, racconta!
«Lavorerò con Tim per il lancio del 5G (la connessione dati di nuova generazione, ndr). E ho appena scattato sul set dello spot con il ballerino Sven Otten e Spider-Man a Venezia. Ho praticamente immerso nell’acqua del Canal Grande la mia macchina fotografica reflex».
Dimmi la verità, a te piace essere fotografato?
«No, zero. Detesto anche i selfie».
Ma c’è un collega da cui ti faresti ritrarre volentieri?
«Maurizio Galimberti, che è un vero artista. Fa dei ritratti accostando in un collage tante polaroid, una accanto all’altra».
Tu hai una polaroid che custodisci nel portafogli?
«Nel portafogli no, ma sul mio tavolo c’è una foto incorniciata a cui tengo molto. Ritrae mia figlia Chiara da bambina».
Dove ti “apposterai” quest’estate a caccia di scoop?
«Non sono uno di quelli che si piazzano in Sardegna e aspettano... Mi muovo sempre all’ultimo minuto. Anche perché al momento ho tanta carne al fuoco. Dopo il Quirinale e il Mamm di Mosca, la mia mostra sull’Italia vista dall’alto volando sugli elicotteri della Polizia è arrivata fino in Vietnam. Prima è stata all’aeroporto di Ho Chi Minh City e ora è ad Hanoi fino a luglio».
Un fotoreporter avventuroso
Cinque consigli per avere risultati super anche col cellulare
Ammettiamolo, è dura fare belle foto se non si è professionisti come Massimo Sestini. Ma lui, il fotoreporter che scatta in volo, sott’acqua e in qualunque situazione, ci ha svelato alcuni trucchi per cavarsela anche usando il nostro cellulare.
• Occhio al flash
«Quando capite che il vostro soggetto deve essere illuminato di più, non usate il flash del telefonino o della vostra macchina fotografica.
La luce così diretta e frontale “spara” troppo. Meglio utilizzare un flash esterno o chiedere a qualcuno, un amico accanto a voi, di accendere la torcia del suo cellulare».
• Non cercate di convincere qualcuno a mettersi in posa
«Guai a dirgli “Cheeese!” o “Sorridi”, perché se è timido si sentirà ancora più a disagio, osservato, giudicato. Meglio cambiare discorso, fargli una battuta stupidina, distrarlo. Così dimenticherà per un attimo di essere ritratto e tirerà fuori una bella espressione naturale».
• Inquadrate i dettagli, possibilmente dall’alto
«Volete uno scatto da artista su un piatto gourmet o su un vaso di fiori? Inquadrate solo quelli, “zoomando” dall’alto. Mi raccomando, niente gente in campo, solo il dettaglio, a fuoco».
• Sì ai selfie in quota
«Li adoro, ma sono una sfida. Io uso i droni, provateci anche voi. In commercio ce ne sono di facilissimi da usare, a meno di 100 euro. Per il risultato che si ottiene, vale la pena di fare questo investimento».
• Stop ai filtri
«Con i filtri “bellezza”, “seppiati” o simili, le fotografie sembrano finte e tutte uguali. Molto meglio usare il bianco e nero: camuffa piccoli difetti ed errori».