Max Giusti: «A “Pechino Express” ci hanno salvati i tappi per le orecchie!»

L'artista è già al lavoro su "Boss in incognito" per Raidue. E ci ha raccontato la sua straordinaria avventura al reality

Max Giusti
24 Aprile 2020 alle 17:08

«E pensare che “Pechino Express” non lo volevo fare» dice sorridendo Max Giusti. «Invece mi ha regalato un’ondata di affetto incredibile da parte del pubblico. Ho fatto bene a partecipare».

Le ultime parole famose…
«Già. In realtà le ultime parole famose sono state quelle che ho pronunciato prima di partire: “Due cose non farò: piangere e mangiare insetti”. Nella prima puntata ho pianto come una fontana perché mi mancavano mia moglie e i miei figli. Poi ho mangiato una blatta di cinque centimetri. Se ripenso al rumore che faceva scrocchiando nella mia bocca mi sento male di nuovo».

Perché non lo voleva fare?
«Soffrivo all’idea di vivere una gara. Ma soprattutto, senza telefoni, di non poter sentire la mia famiglia. Mia moglie mi ha spronato. In realtà le sarebbe piaciuto partecipare con me: Benedetta è istruttrice subacquea, fa yoga, è sportiva, dinamica, ama l’avventura, ma avendo i bambini non si poteva partire insieme».

Così con Marco Mazzocchi siete diventati i “Gladiatori”.
«Noi avevamo proposto i “Belli” ma è sfuggito l’intento ironico… Con Marco sapevamo che sarebbe stato come partire per un viaggio da sedicenni: quando stiamo insieme io e lui dimentichiamo quello che siamo ora e torniamo due ragazzi, uno del Portuense e uno del Flaminio (due quartieri di Roma, ndr), che si incontrano in comitiva».

La vostra è una bella amicizia.
«Cominciata ai tempi di “Quelli che il calcio” quando eravamo i romani in trasferta a Milano. Andavamo sempre a cena insieme e in ogni ristorante ordinavamo la carbonara. A volte io stesso entravo in cucina e spiegavo al cuoco, che magari era pakistano, come farla. Immagini quanto ci è mancata la carbonara a “Pechino”…».

Cosa vi è mancato, oltre alla carbonara?
«Poter dare la buonanotte ai miei figli ed essere autonomo. Ho iniziato a fare il mio lavoro a 16 anni, guadagnavo 50 mila lire a serata e sono sempre stato indipendente. Lì dovevo chiedere tutto, dal cibo al posto per dormire, ai passaggi, questo mi ha provato parecchio. Infatti con tutti quelli che ci hanno ospitato ci siamo scambiati gli indirizzi mail: ho promesso di ospitarli a casa mia a Roma quando un giorno verranno in vacanza qui».

Momenti davvero difficili ce ne sono stati?
«Sì, e questo non si è visto in tv. La prima sera in Thailandia cercavamo un posto per dormire. Pioveva a dirotto, eravamo in piena campagna, c’era una casa e siamo andati a ripararci sotto la tettoia. Esce un signore scalzo con i pantaloncini, due tatuaggi enormi, con tre cani aggressivi accanto. Ci avviciniamo e lui urla: “Go away!” (“Andate via”, ndr), tira fuori un machete e ci rincorre. Siamo scappati. Quello è stato il nostro battesimo a “Pechino”!».

La cosa più utile che vi siete portati dietro?
«Oltre alle decine di flaconcini di repellente per gli insetti e le salviettine umidificate, sono stati vitali i tappi di cera per le orecchie. Li ho scoperti girando “Distretto di Polizia”: sul set gli attori li usano quando ci sono delle sparatorie perché il frastuono è fortissimo. Da allora li porto sempre con me: viaggio spesso in aereo e ne approfitto per riposarmi, metto i tappi al decollo e mi addormento».

E a “Pechino” a cosa servivano?
«Io e Marco russiamo entrambi come trattori: erano utili, le assicuro!».

E la cosa più inutile?
«I bastoncini da camminata nordica che Marco mi ha costretto a comprare e a mettere nello zaino. Manco dovessimo andare alla scoperta dell’Antartide… non li abbiamo mai usati».

Cosa le ha detto sua moglie al rientro in Italia?
«Ci siamo abbracciati e un piantarello me lo sono fatto. Poi sono andato a prendere i miei figli a scuola, è stata una bella sorpresa. Anche perché avevo perso sei chili, sembravo un’altra persona!».

E ora dove si trova in isolamento?
«Siamo noi quattro insieme a casa, a Roma».

Come state trascorrendo le vostre giornate?
«Ci sono le riunioni per la nuova edizione di “Boss in incognito” su Raidue: una versione sorprendente, con tante novità. E poi sto preparando un nuovo programma radiofonico in onda da settembre. Scrivo uno spettacolo teatrale, faccio un corso di inglese con una app e ginnastica con i bambini. Poi ci sarebbe il doppiaggio di “Minions 2” ma per ora si è interrotto. Ci saranno anche i miei figli Matteo e Caterina, alla prima esperienza di doppiaggio».

Sta imparando qualcosa da questo isolamento?
«So di essere più paziente di quando credessi. La cosa che mi manca di più è il pubblico, esibirmi sul palco, mi manca il sudore di quando faccio il bis, mi mancano gli applausi. Però quando la sera chiudo la porta di casa e so che i miei cari stanno bene, abbraccio i miei figli e mia moglie e penso che nella vita in fondo basta quello per essere felici».

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