«Donnavventura»: Mozambico, inaspettato, potente, incontaminato, vero e sensibile

Un Paese che ha lasciato il suo segno, forte, diretto e inconfondibile nell'anima della nostra inviata Vanessa Villa

26 Dicembre 2017 alle 09:00

Inaspettato. Potente. Incontaminato. Vero. Sensibile.
Un Mozambico che ha lasciato il suo segno, forte, diretto e inconfondibile.

Facemmo scalo a Dar Es Salam, in Tanzania, poi con un piccolo aeromobile arrivammo a Pemba. Aspettammo due ore e mezza circa i nostri visti per un guasto all’unico computer presente in aeroporto e dopo un’altra ora di strada sterrata, arrivammo in hotel, il Diamonds Mecufi. Era un’oasi di villette bianche immerse in un deserto di dune. Eravamo tutte curiose di cosa ci avrebbe atteso il giorno successivo, quale mondo avremmo incontrato, cosa avremmo potuto raccontare o fotografare. Mi svegliai presto come al solito, felice e venticinquenne. Marianna mi abbracciò e mi urlò “tanti auguri!”. Era il mio compleanno ed io ero in Mozambico, con Donnavventura. Wow. Rimasi qualche istante in silenzio, a ringraziare.

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Uscii dalla villetta e vidi un dipinto perfetto davanti ai miei occhi. Le grandi dune di sabbia bianca si snocciolavano verso il mare, mosso e in fermento. Il vento, invece, rivelava dolcemente la sua presenza. Andammo verso la spiaggia, dove ci aspettavano gli sport d’acqua. Giocai con il vento e con la bassa marea, sfrecciando veloce con un piccolo veicolo a vela. Più andavo veloce e più ridevo, più ridevo e più mi sporcavo di sabbia. Andammo poi nella laguna tra le mangrovie. Presi un sup e mentre le altre Donnavventura pagaiavano a bordo di gialli kayak, io mi godevo la mia tavola verde, finalmente di nuovo sotto i miei piedi. Ero avvolta da un’energia calma, serena, matura. Era quella terra così sincera e semplice nella sua assoluta bellezza.

Verso il tramonto ci radunammo attorno al fuoco, presi l’ukulele e suonai. Non c’era niente di meglio che desiderassi per il mio compleanno: la musica, un Paese magico, una natura inesplorata e un gruppo di persone uniche. Mentre cantavamo tutte insieme, si rivelò davanti a noi uno dei regali più grandi. Un sole gigantesco, il più grande che abbia mai visto. Era rosa intenso, quasi rosso. Così vivo, così pulsante. Era un grande cuore rosso.

Andammo a cena, ancora incredule per tutta quella misticità, finché arrivò anche il buio e in quel momento, ci fu una nuova sorpresa inaspettata: la luna. Era di fronte a me e mentre cenavo non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel regalo. Era enorme, arancione e tremendamente bella. Grazie Mozambico per la tua celebrazione.

Il giorno dopo andammo nei piccoli villaggi limitrofi a Mecufi, prima di arrivare in aeroporto. L’ospitalità regnò sovrana. C’erano ovunque bambini e persone ridenti che ci salutavano e ci accoglievano. La loro musicale e colorata parlata in portoghese rendeva tutto ancor più soave e dolce. Ripartimmo in macchina, era giunto il momento di volare.
All’aeroporto di Pemba ci aspettava il nostro giovane pilota sudafricano, Jacu, che ci invitò a salire a bordo di un Charter Chesna a undici posti. Eravamo pronte.
Dopo un breve e panoramico volo di venticinque minuti sull’arcipelago delle Quirimbas, atterrammo in una piccola e sterrata pista. Eravamo nell’isola di Ibo.
Jacu ci aiutò con grande galanteria a scaricare l’aereomobile e caricare le nostre valigie sul Land Rover Defender che ci aspettava. Lo salutammo brevemente e ci girammo verso l’uomo del fuoristrada, un alto signore dolce e sorridente. Era il mitico Willfred. Salimmo a bordo di quel mezzo d’epoca e arrivammo all’Ibo Island Lodge, una struttura appartenente all’epoca della colonizzazione portoghese, completamente ristrutturata e arredata con grande gusto, ricca di piante, baobab e verde. Mi sembrava di essere arrivata in un luogo sacro e protetto. Non sarei mai voluta andarmene.

Nel pomeriggio andammo nel piccolo villaggio di Ibo, dove abbiamo avuto modo di conoscere gli usi e le tradizioni di un popolo accogliente e felice. Avevo la strana sensazione di sentirmi a casa. Quel luogo mi apparteneva in qualche modo. Quelle rovine portoghesi non erano decadenza ma storia. Quelle persone non erano povere ma ricche di vita e di luce.

Andammo anche presso la sede del WWF e raccontai dell’importanza ecologica e culturale dell’arcipelago delle Quirimbas. Ne fui onorata e tornai al lodge in un tumulto di sensazioni positive.

Quel giorno terminò con il pensiero verso quella semplicità e bellezza disarmante. Era un mondo ancora nuovo, lo stesso che avrei voluto conoscere e amare.

Mare, finalmente mare. A bordo di un dhow antico, un’imbarcazione di legno dal fascino incredibile, andammo alla volta delle lingue di sabbia in mezzo all’oceano. Feci tutto il viaggio in piedi a prua, con il vento tra i capelli e gli schizzi d’acqua che mi bagnavano il viso. Ero al settimo cielo.

Ad un certo punto avvistammo una sorta di isolotto in mezzo al mare, che di lì a poco divenne sempre più chiaro. La marea a mano a mano che si abbassava, rivelata lembi di fine sabbia bianca. Era uno spettacolo della natura, era un dialogo d’amore fra Terra e Acqua, fra Vento e Cielo. Cosa avrebbe potuto regalarmi di più questo Mozambico?

Tornammo al lodge e andammo nella terrazza a bere un juice fresco di fronte al tramonto delle Quirimbas. Fu la chiusura perfetta di una giornata altrettanto unica.

L’indomani ci aspettava di nuovo il nostro pilota Jacu, che ci portò in un battito di ciglia a Pemba, mostrandoci ancora una volta dall’alto quegli isolotti incontaminati e quelle acque cristalline. Tornammo a Mecufi e fummo accolte nuovamente con grande calore e armonia. Dopo un giro in mountain bike, praticammo atha yoga con una maestra thailandese e nuovamente sentii l’unità tra corpo mente e spirito. Non volevo lasciare quel paradiso, era così mio, così casa. Di sera, davanti al mio computer, mentre visionavo tutti i video della giornata, non potei non sorridere e commuovermi di fronte a tanta bellezza. Il lavoro non pesava mai, ma quella sera in particolar modo, si era evoluto in qualcos’altro ancora. Era un mix di passione e commozione.

Il giorno dopo mi svegliai per prima, non volevo più dormire, ma gustarmi ancora gli ultimi istanti in quel magico luogo di armonia. Andai a correre sulla lunga battigia, lì dove si rompevano onde alte e ordinate a pochi metri. Il sole era ancora dolce, il vento spirava già forte, il mio cuore batteva forte. Ero nel mio habitat e mi sentivo in pace. Dopo un po’ di risveglio muscolare e meditazione, feci l’ultima doccia e finii di preparare il bagaglio. Salutai i mitici ragazzi dello staff del resort e ripartimmo alla volta dell’aeroporto di Pemba, questa volta avrei dovuto salutare il Mozambico e lasciarlo per un po’.

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