L'attore comico torna a condurre il tg satirico per la 22ª volta e qui svela curiosità e aneddoti di un lungo amore
Di numeri Enzo Iacchetti ne ha parecchi: è arrivato a «Striscia la notizia» 21 anni fa e da allora ha condotto ben 2.330 puntate del tg satirico ideato da Antonio Ricci. A partire dal 30 novembre aggiungerà al suo carnet altre 50 serate dietro il bancone, accanto all’ormai inseparabile compagno di avventure Ezio Greggio. In tanti anni Iacchetti ha raccolto decine di aneddoti, segreti, curiosità. Che qui svela a Sorrisi.
Una questione di intesa. «Striscia è Striscia, è un meccanismo che non ha niente a che vedere con il resto, c’è lo spazio d’improvvisazione per fare anche un acuto, se vuoi cantare. Ma soprattutto ci sono la notizia, il servizio e il rapporto fra me e Greggio. Io e lui basta che ci guardiamo e sappiamo cosa fare».
Separati allo stadio. «Con Ezio non ho mai litigato. Mai. Fra noi l’unica rivalità è sportiva, sul calcio fa dell’ironia che mi dà fastidio, lui lo sa e insiste. Io sono interista e lui juventino e se la Juve vince arriva trionfante per farmi innervosire. Quando perde la Juventus? Non sono mai in conduzione!».
Un’incredibile somiglianza. «Di oltre 2.000 puntate ne ho saltate solo due il primo anno. Ero stato preso a “Striscia” con un contratto di prova per una settimana, poi è diventato di un mese e quindi per tutto l’anno. Avevo già fissato una tournée teatrale, sono riuscito a cancellare tutte le date tranne due. Ricci mi ha chiesto: “Hai dei fratelli?”. Mauro, più piccolo di 11 anni, mi assomiglia molto e ha pure la mia voce. All’epoca lavorava in Borsa, fece la puntata e si divertì pure parecchio. Mia mamma non si accorse di nulla, finché mia nonna esclamò: “Ma non vedi che è quell’altro?”. E così mia mamma cominciò a telefonare a tutti gli ospedali temendo che mi fosse successo qualcosa».
La mattina per me non esiste. «La mattina per me non esiste. Puoi farmi lavorare dalle 9 di sera alle 3 di notte senza batter ciglio. Io soffro d’insonnia e mi addormento tardissimo. Comincio a svegliarmi nel pomeriggio. Poi faccio il mio passeggiatone da sessantenne inoltrato: due o tre chilometri a piedi in compagnia del mio cagnolino Lucino».
Una routine rassicurante. «A Striscia arrivo alle 6 di pomeriggio. Bevo un caffettino, verso le 7 mi lavo i capelli, taglio la barba, faccio il giro per salutare i tecnici. Fino alle 7 e mezza non succede niente. Poi io ed Ezio doppiamo i servizi, alle 7.45 andiamo in studio a fare il lancio della puntata e verso le 8 c’è una mezz’ora di black out: di solito mi sdraio, guardo il Tg5 o saluto qualche ospite».
Il copione personalizzato. «Il copione è pronto verso le 8.15, ognuno lo legge per conto suo. Io scrivo i miei appunti, “qui si può dire questa battuta”, “qui quell’altra”. Raramente Antonio Ricci scende nei camerini, a meno che non ci sia una puntata particolarmente difficile. Ezio non vuole leggere la mia parte, se arrivo con degli scherzi o delle invenzioni lui non vuole conoscerli, perché si diverte di più. Ricci invece vuole leggere tutto».
Il camerino provvisorio. «Sentendomi sempre provvisorio non appendo le mie foto alle pareti del camerino, però esigo sempre l’albero di Natale. Il mio camerino è spoglio, attacco solo un tabellone con i numeri di telefono di mio fratello, dei miei nipoti, di Ricci, della regia. Ho un ciondolo portachiavi di spugna a forma di Gabibbo che tengo sul tavolo, vicino alla chiavetta del caffè».
De André aspirante Gabibbo. «Non ho mai avuto la tentazione di entrare nel costume del Gabibbo, bisogna essere piccoli e molto magri per non sudare troppo. E poi io sono un tipo un po’ igienista e schizzinosetto, neanche a teatro mi piace mettere costumi di altri, preferisco che siano confezionati apposta per me. Una volta Antonio Ricci mi ha raccontato che Fabrizio De André aveva espresso il desiderio di fare una serata in diretta a Striscia dentro il costume del Gabibbo e alla fine della puntata aprire la bocca del pupazzo spuntando fuori con la testa».
Il mio lato femminile. «Ricci dice che io sono sempre stato la “femmina” della coppia. In generale: anche quand’ero fidanzato con Maddalena Corvaglia diceva che la femmina ero io e il maschio era lei. Lo stesso succede con Greggio. Quando mi parla, Ricci spesso lo fa al femminile: “Sei bella”, “Stai bene con i capelli così, Enzina!”».
Un conduttore di un certo peso. «Ormai il mio peso “ideale” è 86 chili per un metro e 78 centimetri di altezza. Dopo l’estate mi ritrovo con una taglia in più, ma perdo sempre tre, quattro chili prima di “Striscia” e vorrei rimanere nella 52. Quando ho iniziato, 21 anni fa, avevo la taglia 48, dai 50 ai 58 anni sono passato alla 50, ero ancora magro. Poi ho cominciato a non bruciare più le calorie e qualsiasi cosa mangio mi va nella pancia».
Nulla da ridere con Wanna. «All’epoca del caso Wanna Marchi facevamo anche 13, 14 milioni di spettatori a sera. C’era uno scoop a puntata. Lì mi sentivo più un giornalista che un conduttore comico. Avevo anche paura delle cose che saltavano fuori, erano talmente forti che non c’era niente da ridere. Tutta questa gente truffata, le telecamere nascoste, la Guardia di Finanza: non bisognava essere dei buffoni».
Un cane per amico. «Ho sempre avuto un cane. Il mio Willy era di una comicità pazzesca, stava in mezzo al bancone e non c’era mezzo di spostarlo. Si sedeva e aspettava, guardava il pubblico e le Veline, poi come mi alzavo dalla scrivania mi saltava in braccio e ce ne andavamo a casa. È rimasto a “Striscia” otto anni, fino al 2010. Ora con me c’è Lucino».
Enzo ed Ezio for President. «Alle ultime elezioni per il Presidente della Repubblica ho ottenuto un voto. La sera prima Ezio ne ha avuti due. Qualcuno tra gli onorevoli avrà detto: “Povero Enzo, diamogliene uno anche a lui!”. Non ho amici parlamentari, non ho idea di chi mi abbia votato, ma mi piacerebbe conoscerlo».
Il teatro, che passione. «Dopo “Striscia”, il 24 febbraio torno a teatro (al Carcano di Milano, ndr) in una commedia accanto al mio amico Giobbe Covatta, “Matti da slegare”. Il teatro ti dà questa grande possibilità, i ruoli più belli ti arrivano dopo i 60 anni. Se mi vedessi vecchio a fare “Striscia” di certo non la farei più. A teatro, invece, andrei avanti».