Il terzo indizio: Barbara De Rossi, una donna in prima linea

Torna su Rete 4 dal 16 gennaio con quattro nuove puntate il programma della squadra di «Quarto grado» dove si ricostruiscono in forma di docu-fiction alcuni famosi casi di cronaca

Barbara De Rossi conduce per la seconda volta «Il terzo indizio»
12 Gennaio 2018 alle 16:11

Barbara De Rossi torna su Rete 4 dal 16 gennaio con quattro nuove puntate di «Il terzo indizio», programma della squadra di «Quarto grado» (capitanata da Siria Magri) dove si ricostruiscono in forma di docu-fiction alcuni famosi casi di cronaca. La sceneggiatura delle storie si basa, infatti, proprio sugli atti giudiziari dei processi.

Signora De Rossi, torna come voce narrante di eventi terribili.
«Eh sì, la trasmissione si occupa di casi di femminicidio».

Perché ha detto: «È un programma perfetto per me»?
«Perché mi occupo di donne dal ’98, come presidente di un’associazione,  “Salvamamme”. Il mio percorso televisivo viene da un ambito più ampio. Questo è un programma che affronta una tematica che io conosco molto bene».

Per un’attrice, abituata a storie inventate, cosa significa raccontare storie vere?
«Introdurre chi guarda da casa ad argomenti così dolorosi è un compito piuttosto forte. Io sono molto determinata, ma in questo caso cerco di entrare nella violenza di quel che è accaduto e nel dolore di chi è rimasto con delicatezza e rispetto. Senza spettacolizzare o calcare i toni».

Quali sono i casi che l’hanno più toccata?
«Sono molto colpita quando la vendetta e la furia si abbattono sui figli, non solo gli orfani del femminicidio, che sono più di 1.600, ma sui bambini che hanno pagato con la vita».

Se le avessero chiesto di interpretare una delle docu-fiction che ruolo avrebbe scelto?
«Agli autori non è mai venuto in mente, ma mi piace tanto quello che faccio, poter arrivare al cuore e alle orecchie delle persone».

Cosa le piacerebbe realizzare con questo programma?
«Dobbiamo imparare a non giudicare, le donne spesso non trovano la forza di denunciare perché temono il giudizio della famiglia, degli amici, del paese. C’è una concezione culturale sbagliata. Dovremmo essere in grado di proteggere le persone».

Sul tema delle molestie, di cui tanto si parla, qual è la sua posizione?
«Trovo indegno che qualcuno si presenti su un posto di lavoro qualsiasi approfittandosene. Per lo spettacolo mi viene un po’ da ridere, sono sistemi che tutti conoscono e tutti fanno finta di non conoscere. E comunque si può anche dire di no. Ci sono carriere che sono state costruite anche dicendo di no».

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