La conduttrice e showgirl torna alla fiction dopo tanti anni e ci torna con Morandi «Con Gianni abbiamo fatto il varietà “Uno di noi“, lui correva sempre!»

Ne è passato di tempo da quando Lorella Cuccarini ha incrociato la strada della fiction. «La mia ultima partecipazione a una serie tv è stata nel 2006, con “Lo zio d’America”» dice. Da allora, tanta televisione, ma in veste di conduttrice, di showgirl, di giurata, di ospite, e tantissimo teatro.
È stata a lungo lontana dai set.
«È vero. Da un lato non si sono presentate occasioni interessanti, dall’altro mi sono divisa tra tv e teatro e non sono riuscita a incastrare i tempi per girare una fiction».
Ci è riuscita con la seconda stagione di «L’isola di Pietro».
«Sì. Ho appena terminato la tournée della commedia “Non mi hai più detto ti amo” e avevo il periodo estivo libero. Ma ci sono altri motivi: la Lux è una casa di produzione che garantisce qualità, il regista Giulio Manfredonia è bravissimo, il mio personaggio è intrigante e poi... torno a lavorare con Gianni Morandi».
Andiamo per ordine. Chi interpreterà?
«Isabella Sulci, la mamma di Matteo, che è Federico Russo, presente già nella prima serie. Entro in scena dalla seconda puntata e la storia racconta il rapporto di Isabella con il figlio alle prese con una serie di vicissitudini, ma ci sarà anche un po’ di giallo».
È emozionata?
«Lo sono tutte le prime volte, perché sono sfide e devi sempre dimostrare di essere all’altezza».
Ma avrà accanto Gianni.
«Siamo entrambi felici di tornare a lavorare insieme. Lo conosco bene, da quando abbiamo fatto il varietà “Uno di noi”. Era il 2002 e abbiamo praticamente convissuto per quattro mesi, condividendo non soltanto il palco ma anche le riunioni, i camerini, il dopo spettacolo».
Un ricordo?
«L’immagine di Gianni che corre sul tapis roulant. Io provavo i balletti, finivo, facevo la doccia, mi preparavo e lui era sempre lì che correva, correva... E questo suo tratto l’ha regalato al personaggio di Pietro, che ha bisogno ogni tanto di correre».
Lei è una spettatrice di fiction?
«Certo! Fiction e serie tv hanno raggiunto una qualità molto alta. La follia più grande che abbiamo fatto in famiglia è stata con “24”. Eravamo in vacanza al mare in America. Nella casa che avevamo affittato c’erano diversi dvd. Ne abbiamo trovato uno con Kiefer Sutherland. L’abbiamo messo su e... stregati: ci siamo visti gli episodi uno dietro l’altro. Fuori c’era un mare meraviglioso ma noi appena scendeva il sole scappavamo a casa per vederci “24” fino alla mattina dopo: una roba da pazzi!».
«L’isola di Pietro» è ambientata in Sardegna: sono luoghi che conosce?
«Non la parte meridionale, che è quella nella quale gireremo, ma mio marito Silvio è sardo e sono diventata sarda di adozione. Conosco bene la zona di Olbia perché lui è di Siniscola. Ho sempre amato quella terra: i profumi, i colori del mare, la natura selvaggia».
Ci torna spesso?
«Il papà di Silvio aveva una vigna e ogni anno c’è la tradizione di andare a fare la vendemmia tutti insieme. Ho ricordi bellissimi che mi legano a quei posti».
Pietro vive in una casa sul mare: lei ha mai sognato di vivere così?
«Quando ero piccola mia madre affittava una piccola casa al mare tra Ostia e Torvajanica per i due mesi estivi. Aveva un cancelletto che dava proprio sulla spiaggia. Ricordo un bellissimo senso di libertà. Oggi però non so se vivrei così: sono nata a Roma e non credo che potrei fare a meno dell’atmosfera di una grande città».
Il protagonista è un pediatra amato da tutti. Lei, avendo quattro figli, ce l’ha avuto un pediatra «speciale»?
«Il mio Pietro ce l’ho anche io: il professor Romagnoli. Ed è un pediatra meraviglioso, che ha seguito tutti e quattro i miei figli. Ma non nascondo che oggi, che hanno tra i 18 e i 23 anni, se ho qualche problema lo chiamo ancora...».
Tra i personaggi c’è una giovane promessa del windsurf. Sua figlia Chiara è una promessa del calcio.
«Gioca nella Roma calcio femminile, è difensore centrale: deve difendere ma deve anche difendersi, sennò ogni tanto l’accoppano (ride). Sta lavorando per realizzare un sogno. Se noi genitori riusciamo ad accompagnare i figli a sviluppare una passione per uno sport facciamo loro un grande regalo: sono tanti i valori che lo sport può insegnare».
Pietro ha dei sensi di colpa per aver trascurato la figlia a causa del lavoro. Capita anche a lei?
«Io ho sempre lavorato, però non sono mai mancata nei momenti strategici, non credo che i ragazzi abbiano sofferto. Loro vivono anche la mia realizzazione professionale. Mi sembra siano cresciuti bene e ancora mi danno ascolto, non è che standoci poco io abbia perso autorevolezza. Non mi rimprovero nulla: è giusto anche per loro avere dei genitori realizzati, così quando prenderanno il volo, saranno sereni e felici di farlo».