Maria Rosaria Balivo: «Con Caterina sono stata severa ma poi…»

La madre della conduttrice di Detto fatto racconta il rapporto speciale che la lega alla figlia

Maria Rosaria Orabona al fianco della figlia Caterina Balivo, la prima di tre sorelle
18 Maggio 2018 alle 14:10

Quando mi presento, non mi lascia finire la frase e mi interrompe ridendo: «Mi sa che parliamo la stessa lingua. Veniano entrambe dalla Campania, giusto?». Annuisco e mi trovo subito a mio agio. Maria Rosaria Orabona, mamma di Caterina Balivo, mi dà appuntamento nel pomeriggio dopo avere partecipato a un consiglio di classe. È una maestra delle elementari e vive ad Aversa (Caserta).

Quando è in diretta Caterina cita spesso la sua mamma…
«Lei è la prima di tre femmine. Siamo legatissime».

È vero che quando sua figlia da piccola diceva di voler partecipare a «Non è la Rai» o a «Miss Italia» lei troncava il discorso dicendo: «Ma dove vai...»?
«Non perché fosse brutta, anche perché oggi è uguale a come era da ragazzina, nel senso che non ha fatto ritocchi al viso, ma era sottile. Non bellissima, ecco».

Caterina era bella da piccola. Le foto parlano.
«Io sono obiettiva (ride)».

Fisicamente sua figlia è uguale a lei da giovane…
«Alcuni tratti del viso sono del padre, come il naso che però anch’io ho piccolo. Il fisico è il mio. Al primo impatto mi somiglia molto».

Lei è molto severa?
«Si educa con l’esempio e non con le chiacchiere. Se dico a un figlio di mangiare composto a tavola, di non mettersi le mani nel naso quando la prima a farlo sono io, che esempio do? E poi i figli devono avere timore dei genitori anche da lontano».

Ha mai dato uno schiaffo a sua figlia?
«In modo leggero. A tre anni, Caterina, per provocarmi, diceva sempre “le mane”. Le diedi uno schiaffo proprio sulle mani e da allora non l’ha più detto».

Caterina era una bambina esuberante?
«No. Era ubbidiente e si accontentava di quello che avevamo in casa. Era socievole e non mi dava l’idea che volesse fare tv. Il suo sogno era diventare magistrato per combattere le ingiustizie. È una che prende posizione quando ci crede. Alle superiori era rappresentante di classe ed era la prima a parlare se doveva far valere le ragioni sue e dei suoi compagni».

Le ha mai  fatto prendere uno spavento?
«Ci eravamo trasferiti a Bergamo dove mio marito insegnava. Una vicina di pianerottolo mi chiese la cortesia di andare a prendere il pane nel negozio sotto casa. Le lasciai Caterina che aveva sette mesi e già camminava. La bimba trovò una pillola a terra e la inghiottì. Non c’erano telefonini. Ero disperata. Ero da sola. Incontrai una signora anziana che mi accompagnò in ospedale dove fecero a Caterina una lavanda gastrica. Venni sottoposta a un interrogatorio. Volevano sapere perché avessi lasciato mia figlia a un’estranea e se usassi stupefacenti. Avevo solo 23 anni. Comunque, nonostante gli accertamenti, non mi hanno mai detto che pillola avesse ingerito la bambina».

Quando Caterina ha deciso di fare spettacolo l’ha subito assecondata?
«Io e mio marito siamo stati severi. Le abbiamo dato un ultimatum: se non fosse riuscita a fare niente di serio e di concreto avrebbe dovuto tornarsene a casa. Le ho pagato le tasse universitarie fino all’età di 25 anni. Dopo ha provveduto lei. Per pochi esami non è riuscita a finire gli studi».

Al Sud spesso si sogna il posto fisso. Difficile accettare che un figlio scelga la tv…
«Siamo abituati a pensare al posto fisso e alla possibilità concreta di guadagnare il pane. Le abbiamo fatto capire sin dall’inizio che il mondo dello spettacolo è effimero. Oggi c’è e domani chissà».

Le soddisfazioni però non sono mancate...
«Io sarei stata contenta anche se lei avesse fatto un lavoro più ordinario. Non ho mai imposto alle mie figlie di fare qualcosa. Caterina ha una sorella pediatra e un’altra che fa l’architetto. Entrambe si sono laureate giovanissime».

Quando ha capito che sua figlia poteva fare il lavoro che fa?
«Quando ha condotto “Festa italiana” che era un programma tutto suo. Ero contentissima».

Con i primi soldi guadagnati che regalo ha ricevuto da Caterina?
«Quando posava per i fotoromanzi ricevette i primi soldi. Un giorno volle che l’accompagnassi a prendere un telefonino. Le dissi: “Ne hai già uno, perché vuoi comprarne un altro?”. Entrammo nel negozio. Lo scelsi io. E lei: “Mamma questo è per te!”. Mi emozionai».

La segue a «Detto fatto»?
«Tutti i giorni. È come averla a casa. Devo vedere se sta bene. I miei non sono consigli, ma continue critiche».

Nel privato qual è stata la gioia più grande?
«La nascita di suo figlio Guido Alberto. È stata un’emozione grandissima».

«Mi ha insegnato il rigore»

Caterina, cosa pensa di avere ereditato da sua madre?
«Il fatto di non essere apprensiva. La tensione e l'ansia non servono ai figli. Bisogna sempre dare loro fiducia».

Con i suoi due bambini lei tende a comportarsi come faceva sua madre?
«Per certi aspetti sì. Ho stabilito che la tv si guarda solo prima di cenare così come, dopo mangiato, non esistono biscotti o dolci. Ogni sera io o mio marito leggiamo una favola e recitiamo le preghiere ringraziando Dio per la giornata. Poi c’è il bacio della buonanotte».

Ci racconti un aneddoto…
«Frequentavo il primo anno del liceo classico e mia madre andò a parlare con la temutissima professoressa di latino e greco per dirle che io uscivo sempre e che temeva che studiassi con superficialità».

E lei lo venne a sapere?
«All’inizio no, ma per due mesi l'insegnante mi interrogò sempre. Alla fine mamma confessò. L’ho odiata certo, ma questa cosa rafforzò il legame. Io realizzai che la mamma non deve fare l’amica. E mia madre capì che uscire e divertirsi non significa per forza non studiare».

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