Ogni volta che accendi la tv c’è… Paolo Briguglia

L’attore siciliano recita in tre fiction (molto diverse): due su Rai1 e una su Canale 5. E fa pure un programma gastronomico su Food Network

30 Settembre 2024 alle 08:48

In questi giorni l’attore siciliano Paolo Briguglia è “ovunque” in tv. Qualsiasi sia il canale acceso, si vede lui: su Rai1 è Ignazio Florio in “I leoni di Sicilia” e ha il ruolo del serial killer nella nuova fiction “Brennero”; su Canale 5 è coprotagonista con Giuseppe Fiorello della serie “I fratelli Corsaro” e su Food Network (canale 33) conduce con Giusina Battaglia la seconda stagione di “Ci vediamo al bar”. Ma siccome ci siamo conosciuti da ragazzini quando frequentavamo lo stesso liceo classico, il “Garibaldi” di Palermo, ci diamo del tu. E prima di parlare di lavoro, non possiamo che far partire il film della nostalgia…

Paolo, ma te lo ricordi il preside Carlotti, che ci terrorizzava?
«Vero: era severissimo, quando faceva supplenza lui c’era un silenzio assoluto. Ma aveva una cultura enciclopedica e quando parlava ci cadeva la mascella per lo stupore».

Già a scuola volevi fare l’attore?
«In realtà no, al liceo facevo teatro per stare con gli amici al pomeriggio, ma sognavo di diventare archeologo e dopo la maturità mi iscrissi a Lettere antiche. Però, siccome nel frattempo continuavo a recitare, due insegnanti dell’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma mi notarono e alla fine è stata quella la mia università».

E adesso che ti “fai in quattro” in tv, quali altri sogni hai? Non dirmi che punti a un posto da co-conduttore di Sanremo.
«Nooo. Faccio tre ruoli totalmente diversi nelle serie e in “Ci vediamo al bar” sono proprio io, con la mia “stupidera”. Anche se penso a una regia teatrale, non sono uno di quegli attori che dicono: “Sogno di fare l’Amleto”. Ho capito che è bello lasciarsi sorprendere».

Interpretare Ignazio Florio ti ha fatto sentire un “leone di Sicilia”?
«A noi palermitani il nome Florio riecheggia come una leggenda. Quindi è stato davvero emozionante recitare nella serie tratta dai libri di Stefania Auci, che ha saputo attingere a documenti mercantili e notarili “asciutti“ per scrivere un grande romanzo popolare».

Dei tanti luoghi dei Florio a Palermo, ce n’è uno a te caro?
«La Palazzina dei Quattro Pizzi: lì si è sposato mio fratello Francesco, il più grande di noi».

Quanti siete in tutto?
«Dopo Francesco, che è l’unico rimasto a Palermo e fa l’architetto, ci sono io che vivo a Roma, poi Daniele che fa il cardiologo e abita a Milano, e Caterina che insegna in Spagna, a Barcellona».

Nella fiction “I fratelli Corsaro”. tu sei Roberto: “perfettino”, cattolico, a pranzo da mamma la domenica per mangiare gli anelletti al forno… Punti di contatto con la realtà?
«Tantissimi. Anche noi in famiglia siamo credenti e ci ritroviamo d’estate, in una casa lasciata dai nonni vicino a Cefalù (PA), dove andiamo al mare e a pescare. E a Natale mangiamo tutti insieme gli anelletti cucinati da mamma».

Pure Roberto ha a che fare con i compagni di liceo. Come il pm Maniscalco (Massimiliano Davoli).
«Infatti sul set mentre guardavo Davoli pensavo al mio compagno Giovanni Scala, oggi docente a Giurisprudenza».

Fabrizio Corsaro (Fiorello) chiama il fratello Roberto “Perry Mason” e a lui saltano i nervi. Tu hai un soprannome che detesti?
«Mi infastidisco quando dopo tre minuti di conoscenza mi chiamano “Paolino”. Troppa confidenza. Solo mia nonna poteva chiamarmi “Paolino zampe in aria”, perché toccavo sempre tutto».

In “Brennero” sei il mostro di Bolzano a cui gli investigatori danno la caccia. Ti ha dato soddisfazione interpretare un serial killer?
«Molta. Dopo tanti ruoli da buono, l’ho vissuto come un traguardo. E quando mi sono rivisto alla fine della prima puntata, irsuto e barbuto, non mi sono riconosciuto (ride)».

Ma le tue tre figlie, Carla di 14 anni, Nora Luce di 12 e Maria Luisa di 9, in tv ti preferiscono buono o cattivo?
«Per le grandi è indifferente: si imbarazzano solo quando vedono scene d’amore. La piccola mi fa notare: “Ma papà, perché muori sempre?”. In effetti sono morto spesso nelle fiction, in tutti i modi».

Tua moglie, Alessandra Traina, è una scenografa. Casa vostra sarà bellissima...
«Diciamo che è molto calda, piena di cose, pure troppe. Ogni tanto butto sacchi di roba. Ci piace anche creare oggetti: in soggiorno c’è una boa che ho raccolto al mare e che abbiamo ridipinto, trasformandola in lampada».

Nei giri gastronomici in Sicilia con Giusina per “Ci vediamo al bar” hai scoperto nuove delizie?
«A Palazzolo Acreide (SR) ho assaggiato ottimi dolci».

Ricordo che a ricreazione mangiavi pane e panelle (frittelle di farina di ceci) o la pizzetta. Eri più da rosticceria che da pasticceria. A 50 anni cambi gusti?
«No, preferisco ancora il salato. Per me tra il cannolo e la panella vincerà sempre la panella».

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