Paola Ferrari: «Adoro il calcio, ma non so giocare…»

È stata la prima donna a condurre "90° minuto". Ora tutte le sere è su Raiuno per gli Europei

Paola Ferrari
20 Giugno 2021 alle 08:51

A un capo del telefono, una giornalista sportiva che da oltre 30 anni è in televisione, una superesperta di calcio, un volto che sarà in onda tutti i giorni durante gli Europei. Dall’altro capo una giornalista che di calcio non capisce nulla e che anzi quando c’è una partita in tv cambia canale. La prima è Paola Ferrari, la seconda sono io. Abbiamo provato a creare un “cortocircuito”. Ecco cosa ne è venuto fuori.

Paola, le sembrerà impossibile ma io riconosco l’arbitro in campo solo perché è vestito di nero...
«Mi sembra impossibile, infatti».

Non sia così severa...
«No, è che ormai da diversi anni gli arbitri non vestono di nero! Almeno non sempre».

E di che colore vestono?
«Dipende. C’è il giallo, il fucsia... Piuttosto, se guarda bene, gli arbitri li riconosce perché sono sempre molto pettinati (ride)».

Sono un po’ vanitosi?
«Danno sempre più importanza alla loro immagine, hanno capito che anche quello conta».

Fanno concorrenza ai calciatori?
«Mi dicono che sono dei gran rubacuori pure loro, ma non ho conferme di questo (ride). È vero però che quando vengono ospiti in studio si presentano sempre molto curati ed eleganti. E poi hanno dei fisici ben allenati. D’altronde sono molto più protagonisti di una volta, oggi con il Var è cambiato tanto...».

La interrompo. Ha detto Var: cos’è?
«È una specie di moviola, ma in campo e in tempo reale. È la possibilità per gli arbitri di andare a visionare cos’è successo in campo nelle situazioni dubbie, tipo falli di mano, cartellini rossi...».

Perché da profana mi dovrei appassionare agli Europei di calcio?
«Perché gli Europei, come i Mondiali, sono una grande festa popolare, non solo un evento sportivo. E tutti tifano per la Nazionale. Poi quest’anno c’è ancora più voglia di stare insieme, di festeggiare delle belle partite, di condividere una passione. È come un’avventura totalizzante: polemiche, delusioni, soddisfazioni, pensi solo a quello 24 ore al giorno».

Come Sanremo per la musica?
«Sì (ride), ma il Festival dura una settimana, l’Europeo è un po’ più lungo».

Ci sono sempre più donne appassionate di calcio.
«La svolta è avvenuta nell’82 quando abbiamo vinto i Mondiali e si scoprì che davanti ai televisori c’erano tante donne. E poi il calcio ora è diventato femminile sia per le tante colleghe che lo raccontano, sia per la fortissima Nazionale di calcio di Milena Bertolini».

Lei quando ha scoperto la sua passione per il calcio?
«Da quando avevo 6 anni mio padre, tifoso nerazzurro che oggi ha 91 anni, mi portava allo stadio: mi è sempre piaciuto. Crescendo, andavo a vedere le partite in curva con i miei amici e ho ricordi bellissimi: si partiva ore prima per prendere i posti che allora non erano numerati, si stava stretti stretti, spesso sotto la pioggia».

Si può chiedere a un giornalista sportivo per quale squadra tifa?
«Alcuni preferiscono non dirlo, ma io sono milanista dichiarata».

Ma suo padre non la portava a vedere l’Inter?
«Sì, ero dell’Inter. Poi a 8 anni a un derby vidi Gianni Rivera e rimasi folgorata. Cambiai squadra, ma fino ai 10 anni di età è consentito farlo. Dopo no (ride)».

Lei che tifosa è?
«Attenta, severa. Quando la mia squadra sbaglia la critico, ma sono una tifosa fedele e innamorata».

L’esito di una partita del Milan le cambia l’umore?
«Dipende dalla partita. Nel 2005 ero a Istanbul alla storica finale di Champions in cui il Milan perse contro il Liverpool. Beh, ho avuto una colica renale e mi hanno ricoverata (ride)».

Mi spiega perché il calcio è uno sport bellissimo?
«Perché è imprevedibile: anche Davide può vincere contro Golia. Perché scatena le passioni più belle, c’è l’amore per la propria squadra, l’accettazione della sconfitta, il cadere e il sapersi rialzare, il rispetto dell’avversario, l’emozione del gol. Ed è il maggior veicolo di integrazione di cultura, di civiltà, di razza».

Lei sa giocare a calcio?
«No».

Ci ha mai provato?
«Una volta con la mia amica Maria Teresa Ruta, che invece è fortissima, e che mi disse: “Guarda è meglio che lasci stare...”. Io mi dedico al nuoto».

Il giocatore più bravo della storia del calcio?
«Ho un debole per Marco Van Basten, un attaccante dotato di classe, talento, eleganza. Ed è pure bello...».

Il calciatore più figo degli Europei?
«Io lavoro con Luca Toni e Claudio Marchisio, che commentano le partite: ce li ho io i più belli! Però possiamo aggiungere che gli occhi di Marco Verratti sono speciali».

Il suo impegno per questi Europei è serrato...
«Già. Fino all’11 luglio tutte le sere su Raiuno iniziamo alle 20.30, con una mezz’ora di prepartita, e andiamo avanti anche con i commenti dopo partita, fino alle 23.10 quando il testimone passa a Marco Lollobrigida che conduce “Notti Europee”. In studio con me ci sono Luca Toni, Marco Tardelli e Milena Bertolini. Mi piace poter raccontare come un fiume in piena tutto quello che succede, senza filtri».

Posso chiederle un pronostico?
«Il pronostico non si fa. Ci sono tante squadre forti ma vedo un trio speciale: Francia, Inghilterra e Italia. C’è però sempre una sorpresa e quello che mi incuriosisce è scoprire quale sarà quella di Euro 2020».

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