Il conduttore ci racconta come vive (e ha vissuto) la stagione più bella
Quando vediamo Paolo Bonolis notiamo un insolito filo di barba sopra le labbra. «È per fare un’intervista coi baffi!» dice. Lo abbiamo incontrato a Benevento, dove era ospite del Festival del cinema e della televisione.
Paolo, le piace incontrare la gente nelle piazze?
«Più che altro, spero che piaccia agli altri. E mi fa piacere se mi invitano».
Sarà un’estate di lavoro o di vacanza?
«Vacanza. Col lavoro ricomincio a settembre, quando con Luca Laurenti tornerò in studio per registrare la nuova stagione di “Avanti un altro!”. Adesso invece passerò tempo con i figli e i nipotini».
E che cosa fa con loro?
«I nipotini sono americani e non capiscono neanche la lingua... Passati i primi giorni di stupore, si divertono con questo nonno che prova a insegnare loro l’italiano. Con mia figlia Adele leggiamo libri e guardiamo film: abbiamo appena visto “Inside out 2”, che spacciano per roba da bambini ma per me è da grandi. Con i maschi faccio sport: padel, tennis e calcio, ma con moderazione. Perché alla mia età un contrasto duro può trasformarsi in sbriciolamento del ginocchio».
In che ruolo gioca?
«Terzino come il mio idolo, Andrea Cambiaso».
Vengono tutti a trovarla?
«Tutti tranne mia figlia Martina, che è incinta e sta per partorire. Da lei andrò io, negli Stati Uniti».
La vacanza più bella?
«Ho fatto tanti viaggi: il Perù, l’Asia sudorientale, l’Africa... E le Galapagos, dove ho fatto delle immersioni meravigliose».
La sua estate da bimbo?
«Anche allora viaggiavo parecchio, perché i miei genitori risparmiavano tutto l’anno con due obiettivi: pagare la retta della scuola assai costosa che frequentavo e regalarmi un viaggio. Poi mi mandavano a Lucinasco, vicino a Como, da zia Adele, che aveva creato una casa-famiglia per ex prostitute che volevano costruirsi una nuova vita con i loro bambini. Lì si faceva vita di comunità».
Allora è lì che ha imparato il piacere di stare insieme e comunicare?
«E chi lo sa. Nella vita ci capitano delle cose, vallo a capire se e come ci trasformano. Io lo chiamo il “cocktail esperienziale”».
Parlando di infanzia, qual è il suo primissimo ricordo estivo?
«Il nonno che mi raccontava storie del terrore in dialetto tranese. Io non capivo nulla ma, essendo un bambino gentile, fingevo di spaurirmi quando dalla voce intuivo che era arrivato il momento clou. E poi i rimproveri di nonna Lina, che era grossa e quindi, non potendomi inseguire, mi sputava».
Su Canale 5 stiamo vedendo le repliche di “Ciao Darwin”; lei pensa già alla prossima stagione tv?
«Sì, a settembre tornerò a divertirmi (e, spero, divertirvi) registrando “Avanti un altro!”. Invece “Ciao Darwin” non lo farò più: troppi paletti, troppo camminare sulle uova, troppo “si offendono tutti”. È cambiata la mentalità».
Si era liberato un posto anche a Sanremo...
«Sanremo lo faccio se posso dargli una forma mia. Com’era successo nel 2005 e nel 2009. Le gare di canzoni e basta non mi interessano».
Si sente una bandiera di Mediaset?
«Forse definirmi “bandiera” mi sembra arrogante. È un posto dove sto bene e ho tanti amici e persone che mi apprezzano. Per cui per ora sto qui».
E poi?
«Ho ancora qualcosa da dare, ma non oltre un lustro. Che sarebbero cinque anni».
Non le piace la tv di oggi? C’è più concorrenza rispetto a tanti lustri fa...
«Sì, però allora la tv era pionieristica: c’era la voglia di scoprire territori nuovi. Oggi è coloniale: ritengono di aver scoperto tutto e fanno variazioni su ciò che si conosce già. E poi oggi in tv non fanno che cantare: professionisti, dilettanti, bambini, pupazzi mascherati! Se fai cantare la gente, non hai bisogno di idee nuove».
E lei ce l’ha un’idea nuova?
«Sì, ma non la dico. Il momento dell’ideazione è il più bello: io mi sento più autore che conduttore. Infatti ho scritto quasi tutti i miei programmi. Fare il conduttore è stato una conseguenza».
E qual è secondo lei il conduttore ideale?
«Chi resta sé stesso. Non mi piace chi interpreta il “bravo conduttore”. Quello non è condurre, è recitare».
E il concorrente ideale, invece?
«È uno che ha voglia di divertirsi. Parliamoci chiaro, a me non interessa se la sai o non la sai, mi piace giocare insieme. Poi se vinci pure i soldi sono contento, eh».
Facciamo un gioco anche noi, allora: cito delle qualità, dica se ci si riconosce. Lei è... ansioso?
«No, perché le cose accadono quando devono. Sono felice per le piacevoli, cerco di risolvere le spiacevoli e, se non posso, le accetto».
Fortunato?
«Totalmente, sono un fondoschiena ambulante: ho avuto una vita bellissima».
Ambizioso?
«No, perché non riesco a prendermi sul serio».
Puntuale?
«Odio i ritardatari. È una mancanza di rispetto».
Bello?
«Ovvio, mi sento di una bellezza sconfinata. Proprio ieri, rimirandomi allo specchio, mi sono invitato a cena... (scoppia in una risata, ndr) Ma cosa dice? Non do importanza all’aspetto esteriore. Piuttosto, cerco di essere una persona gradevole».
La cosa di cui è più orgoglioso nella sua carriera?
«Non aver mai fatto male a nessuno».