Paolo Del Debbio: «Mi è cresciuta la barba e ho trovato l’amore»

Il giornalista di "Dritto e rovescio" racconta come è cambiata la sua vita (e la sua immagine) in poco tempo

Paolo Del Debbio
21 Gennaio 2021 alle 08:34

Il 2 febbraio Paolo Del Debbio compirà 63 anni, portati con l’eleganza di un signore distinto, in vestito sartoriale e forma perfetta: onde grigie nei capelli fluenti, l’ombra della barba un po’ incolta e un paio di occhiali vintage dalla montatura scura. In mano, i soliti fogli che durante “Dritto e rovescio” agita a mo’ di bacchetta come un direttore di orchestra, scandendo i collegamenti fra le piazze esterne, gli ospiti in studio e quelli a casa. Una formula collaudata da un paio di anni che il giovedì sera su Rete 4 supera il milione di spettatori con picchi di oltre due.

Del Debbio, a settembre ha ripreso il programma con meno chili e più...
«Più forza, più energia».

Ha parlato di una lunga dieta.
«È stata una scelta, volevo mettere il fisico in sesto. Non è facile, ci si può scoraggiare, ma superato il primo mese e mezzo, va meglio, l’appetito va scemando. Lo dico per chi ha provato a farlo».

Gli spettatori si sono abituati al nuovo look o chiedono lumi?
«Ogni tanto succede. È stato un cambiamento un po’ radicale: si chiedono cosa c’è dietro, se sono stato malato, se l’ho fatto per motivi sentimentali».

E la risposta?
«L’amore aiuta, se c’è un amore tutto è più facile. Ma la cosa è iniziata prima».

Quindi c’è anche l’amore.
«Sì, ma non dico di chi si tratta neanche sotto tortura. Non fa parte del mondo della tv, ci mancherebbe altro, per carità, Dio ce ne scampi e liberi!».

Ma lei si sente un po’ diverso?
«Sì, mi sento più me stesso, ragiono meglio, ho più voglia di fare le cose, più fiducia e autostima. A volte mi guardo e mi sembra così strano, da un po’ di anni ero rotondotto, anzi, piuttosto grasso. Ho cominciato la dieta il giorno di Pasqua dell’anno scorso».

Un fioretto?
«Più che un fioretto, una spada, anzi uno spadone! Ho perso 31 chili, ma ora mi fermo».

Il panettone lo ha mangiato?
«Una fetta, ci mancherebbe! Poi rigoroso. C’è il terrore di tornare indietro».

Sarà o meno per la dieta, ma gli ascolti la premiano.
«Per ora, se Dio vuole e facendo le corna, stiamo andando molto bene, pur con la concorrenza di Corrado Formigli con “Piazza pulita” su La7: lui è un osso duro, è come avere contro un mastino napoletano!».

Guarda gli altri talk show?
«La tv non la vedo, non ho tempo, guardo solo film e documentari».

Quando le persone la fermano e dicono: «Dio la benedica», le fa impressione?
«Mi fa un’impressione positiva che le persone mi mostrino affetto. Do loro voce e mi fa piacere. Di tutto il resto, dei partiti, della politica, non mi importa nulla, sono abbastanza anarchico e apartitico e questo mi aiuta a condurre».

Le critiche la feriscono?
«No, le accetto. Non si va al circo se si ha paura dei leoni».

Una che ha trovato ingiusta?
«Quella di fascismo. Io sono figlio di un deportato, mio papà è stato nel campo di concentramento di Buchenwald due anni, poi in Grecia. Il fascismo è un errore della storia. Ho reagito pesantemente».

La parola d’ordine del 2020 è stata “distanziamento”. Quella del 2021?
«Vaccino».

Lo dice con speranza o con pessimismo?
«Dico che è ora che si diano una mossa e che ce lo facciano avere, il vaccino è la vera luce. Il resto sono ciance. L’economia sta andando in rovina».

Che ne pensa dei virologi-star?
«Sarebbe stato meglio un coordinamento a livello nazionale lasciando da parte le singole opinioni, c’è stata una comunicazione confusa. Io da un certo punto in poi ho deciso di non invitarli se non in casi rari».

Il suo motto è: «Bisogna essere semplici, ma non banali».
«Lo è tuttora ed è eterno».

Vede in giro banalità quando...
«...i politici sembrano degli opinionisti, quando dicono “si dovrebbe” al condizionale o “si farà” al futuro. Invece di usare l’indicativo o l’imperativo».

Dice anche: «Ogni tanto me la prendo con qualcuno, ma sono toscano». Un alibi o un’attenuante?
«Un’attenuante generica di tipo territoriale».

Con chi se la prende?
«Con quelli che in tv si sovrappongono e non si capisce nulla, mi arrabbio con le piazze quando escono dal seminato».

Poi fa pace?
«È una fiammatina, non sono il roveto ardente di Mosè che brucia e non si consuma».

Cos’altro ha ereditato dalle sue origini lucchesi?
«La forza polemica, naturalmente, ma soprattutto tenere i piedi per terra. Non dimentico le mie origini umili e i sacrifici che hanno fatto i miei genitori per farmi studiare».

Un altro toscano, Ubaldo Pantani, fa la sua imitazione a “Quelli che il calcio”.
«Prima mi imitava anche Gene Gnocchi. Pantani l’ho visto una volta, è simpatico e divertente. È mica pisano?».

È originario di Cecina, Livorno.
«Allora è già meglio».

Oltre alla tv continua a insegnare?
«Sì, “Etica ed economia” allo Iulm di Milano, ricomincio a febbraio».

I suoi studenti che hanno detto della “nuova versione” del prof?
«Ci sono stati un po’ di commenti “carbonari”, ma li ho scoperti. “Guarda un po’ il prof”, “Hai capito il prof!”, “Deve aver perso la testa...”».

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