Parte su Sky la stagione delle coppe europee con Federica Masolin e “Champions League Show”

Dal 17 settembre su Sky e in streaming su Now

Federica Masolin  Credit: © Emanuela Balbini
11 Settembre 2024 alle 15:56

È quasi ora. Dal 17 settembre su Sky e in streaming su Now scatta la nuova stagione delle Coppe Europee: 51 notti per 527 partite complessive e addirittura otto squadre italiane protagoniste. Champions League, Europa League e Conference League, si presentano al via con un nuovo format, che nelle intenzioni della Uefa dovrebbe moltiplicare emozioni e suspence, con i riflettori puntati sulla Champions, che offrirà più partite e più scontri tra le big già nella fase iniziale. Per la prima volta nella storia, 5 italiane in campo: Inter, Milan, Juventus, Atalanta e Bologna.

Di questo e di altro abbiamo parlato con Federica Masolin, ormai eletta “Signora d’Europa” di Sky, a cui spetterà il compito di condurre “Champions League Show”, lo studio pre e postpartita con le leggende del calcio che compongono la squadra di Sky Sport.

Per te non è un debutto, lo hai già fatto lo scorso anno, però questa è una Champions tutta nuova. Cambia qualcosa anche per te?
«È un nuovo inizio per tutti e siamo esaltati dal fatto che ci sia qualcosa di nuovo da raccontare. Il calcio è nazional popolare, è lo sport che fa sognare più di tutti, e credo che questa Champions, con questa nuova formula, esalti ancora di l’idea che tutti possano sognare. Avremo il 47% delle partite in più, quindi, dal nostro punto di vista, uno sforzo produttivo più ampio, su più giornate: la prima sarà spalmata su tre giorni e la Champions, altra novità, si gioca anche il giovedì. Ci sono, rispetto all'anno scorso, 36 squadre e non 32, e ci sarà una classifica unica. Quindi l’obiettivo non è più il passaggio del girone, ma valgono tutte le partite. E il fatto che non ci siano dei gironi mette ogni squadra nella possibilità di incontrare tante squadre diverse e subito grandi partite. Già alla prima giornata ci sono Milan, Liverpool, City contro l'Inter, insomma ci sono tante sfide belle sin da subito. È una sorta di campionato con le migliori squadre d'Europa».

Sarai impegnata tutti e tre i giorni?
«Alcune volte sì, ma di base la Champions League rimane l'appuntamento del martedì e del mercoledì sera. In alcuni casi ci sarà l’aggiunta del giovedì e l'ultima giornata di questa prima fase si gioca tutta in contemporanea. E quella è la giornata che tutti aspettiamo perché lì si definiscono effettivamente le squadre che passano direttamente agli ottavi, che sono le prime otto. Dalla nona alla ventiquattresima, invece, fanno dei play-off, con andata e ritorno. E le altre, quelle dalla 25 alla 36, vengono eliminate da tutte le coppe europee.

Quest’anno con te c’è uno squadrone…
«Eccome! Mister Fabio Capello, Boban, Del Piero, Bergomi, Cambiasso, Di Canio, Marchegiani, Costacurta, Dzemaili, Gobbi, Marocchi, Padovano, Minotti, Montolivo, Orsi e Serena. Un team che in bacheca ha 11 trofei di Champions League. La cosa che dico sempre a tutti, ed è la verità, è che con loro è un po' come andare all'università del calcio. Vedere le partite con loro, che fanno i loro commenti, ai quali puoi chiedere, è veramente bello, bellissimo. La cosa più bella del mio lavoro è quella di poter attingere dalle persone, poi noi oltre al racconto cerchiamo sempre di tirar fuori proprio quella che è l'essenza un po' umana del vissuto, dell'emozione che loro hanno vissuto in prima persona e noi siamo un po' dei privilegiati a poterle raccontare dal vivo e da vicino, tramite gli occhi degli inviati o quando siamo sul posto».

Sei passata da un decennio in giro per il mondo con la Formula 1 a una situazione più stanziale: che differenza c'è tra questi due ruoli, dall'essere giramondo a essere padrona di casa?
«Nell'animo sarò sempre giramondo (ride). Anche quando sono in studio cerco di entrare un po' nell'atmosfera dei posti grazie ai colleghi che fanno gli inviati. Io poi faccio duemila domande: fa caldo, fa freddo, perché davvero so cosa vuol dire raccontarle dal posto. È molto diverso, perché sei condizionato, banalmente, anche dalle condizioni atmosferiche. Ogni luogo ha le sue peculiarità, usi e costumi diversi, che non è un modo di dire, quindi è bello entrare in quel tessuto sociale per raccontare anche il posto. Quello che mi piace fare da studio è stuzzicare gli altri affinché venga fuori anche quello, il contorno, l'emotività data da tutti i fattori che ci sono fuori».

Ricopri un ruolo storicamente importante per Sky: c’è stata Ilaria D’amico, poi Anna Billò, adesso ci sei tu. Senti questa eredità?
«Beh, sicuramente è uno studio importante e sono onorata che abbiano scelto me l'anno scorso per proseguire quello che è un cammino che ha iniziato la grande Ilaria e poi che ha proseguito Anna. Sono donne che stimo molto, sono professioniste. Al di là dell’essere donna o uomo, mi è sempre piaciuto il piglio con il quale hanno interpretato questo ruolo, che ti permette poi di essere a contatto con grandissimi campioni che hanno esperienze molto alte. Quello che cerco di fare io è essere me stessa sempre, godermela, nel senso che quello che faccio è molto interessante e mi insegna sempre qualcosa. Ecco, la guardo sempre con gli occhi di chi ha qualcosa da imparare, al di là poi dell'importanza dello studio. Lo affronto come ho sempre affrontato tutte le cose, con tanta curiosità e un po' di leggerezza».

Ti sei laureata con una tesi sul linguaggio dei media, direi che sei la persona giusta per raccontarci come è cambiato il linguaggio di Sky.
«C'è stata una grande evoluzione, credo. Sicuramente l'avvento dei social, dell'online, ha cambiato molto il modio di percepire e di fare la televisione. Cosa cerca la gente dalla televisione? Me lo sono domandata tante volte, perché poi è quello che cerco io quando non lavoro. Credo che l'immediatezza e la naturalezza paghi sempre, cioè l'essere normali, senza sovrastrutture. La preparazione, poi, è fondamentale, perché oggi più che mai le persone hanno gli strumenti per potersi informare e per essere dentro alla notizia, quindi tu devi conoscerne ogni aspetto. A me in generale questo piace. E poi mi piace il ritmo. Non amo le cose troppo dilungate, mi piacciono le cose dette in maniera efficace».

Professionalmente hai affrontato due ambienti top: l'automobilismo e il calcio. Che differenze hai trovato?
«Allora, io parto dal presupposto che ho avuto il privilegio e la fortuna di conoscerli direttamente, i ragazzi che fanno parte del circus della Formula 1. I piloti, gli ingegneri, i team principal, passando tanto tempo nel paddock. Ho avuto anche un rapporto umano con loro. Con i calciatori, stando prevalentemente in studio, il rapporto è un po' meno diretto. Ho trovato però, in entrambi i casi, grande rispetto per la mia figura professionale. Posso dirti che i piloti sono dei ragazzi incredibili. Non solo per quello che fanno in pista, ma per come sono. Sono ragazzi abituati, sin da molto giovani, a girare il mondo. Parlano mediamente due o tre lingue. Sono molto preparati al mondo dei media, dei rapporti interpersonali. E hanno la fortuna e il privilegio di poter vivere all'interno di quello che è il paddock. È una sorta di villaggio itinerante. Quindi sono a casa loro, ed è facile incontrarli e farci anche due chiacchiere. Penso che il calcio abbia proprio un sistema diverso».

Sì, i calciatori vivono isolati, sempre iperprotetti, impenetrabili.
«Sì, anche se vai al campo di allenamento, non ci sarebbe il modo di incontrarli tutti. Quello che posso dire io è che ho trovato grande rispetto in entrambi i mondi, con la possibilità, in uno, di entrare un po' più in contatto e in confidenza con loro. I giornalisti che seguono la Formula 1 sono molti di meno, quindi vedendoti di gara in gara, di anno in anno, è ovvio che diventi una faccia abbastanza familiare anche per loro».

Sei milanese di origini friulane, ma calcisticamente?
«Allora, famiglia divisa a metà, ma io non tifo per nessuna squadra, ma non lo dico per difesa… Perché veramente non tifo per nessuna squadra. Io, poi, amo tutto quello che è Milano, quindi sono felice per le milanesi sempre. La verità è che io tifo per la Ferrari. Con quella non si può sbagliare. Tifo per la Nazionale, però la squadra di club lascio alla mia famiglia: papà tifa Udinese, mia sorella tifa una milanese, la famiglia di mamma tifa un'altra. Quindi, insomma, tutto molto equilibrato».

Ti lascio con una battuta: visto chi ti ha preceduta a “Champions League Show”, finisce che anche tu sposi un calciatore?
«I miei miti nella vita sono gli sportivi, da sempre. Li ammiro in una maniera incredibile. Valentino, la Pellegrini, Del Piero, Villeneuve… Ti potrei citare tutti gli idoli sportivi che ho avuto, però non ho mai pensato di sposare uno sportivo. Non lo so perché. E poi sono già fidanzata e non è un calciatore».

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