Il divulgatore scientifico prepara le nuove puntate di "Superquark" e racconta le paure di quando era ragazzo paragonandole a quelle per il Covid
Inumeri, a proposito di Piero Angela, dicono più di tante parole: quasi 70 anni di lavoro ininterrotto in Rai, 39 dei quali dedicati prima a “Quark” e poi a “Superquark” che, puntuale come ogni estate, sta per tornare nella prima serata di Raiuno.
Nel frattempo, sta preparando anche le nuove puntate di “Superquark +”, la versione web del programma destinata a RaiPlay dove sono già online dieci puntate. E l’emergenza coronavirus, con l’obbligo di rimanere a casa per più di due mesi, non sembra averlo affatto provato.
Piero, come sta?
«Molto bene, grazie. Ho anche fatto il test sierologico per il Covid-19 ed è negativo. Del resto, non avrebbe potuto essere altrimenti, sono stato sempre in casa negli ultimi due mesi».
Le è pesato non poter uscire?
«Per niente. Io sono spesso a casa: non faccio jogging, perché alla mia età è decisamente sconsigliato, e non vado ai giardinetti. Con il mio lavoro, poi, stare seduto alla scrivania è una cosa normale. E sono anche una persona molto adattabile, mi adeguo bene alle circostanze».
Avrà guardato molta televisione: quali programmi preferisce?
«Mi chieda piuttosto quali sono i programmi che non guardo».
Quali sono i programmi che non guarda?
«I programmi di canzoni, i quiz, gli sceneggiati, le telenovela e i varietà».
Non rimane molto…
«I telegiornali. E qualche vecchio telefilm. In questo periodo, per esempio, stanno riproponendo “Colombo” che guardo con piacere perché rovescia la formula classica del giallo: fin dall’inizio sai chi è il colpevole e, a volte, stai quasi dalla sua parte».
Tornando alla pandemia, qualcuno ha paragonato la lotta al coronavirus a una guerra ma con un nemico invisibile.
«Sono due cose molto diverse. Io la guerra, quella vera, l’ho vissuta quando ero un giovanotto ed ero ben consapevole di ciò che stava accadendo. Quando è finita avevo 17 anni. È stata una cosa davvero molto dura. E anche allora c’era un nemico invisibile: le bombe. Non sapevi mai quando e dove sarebbero cadute. Da quelle non bastava certo una mascherina per proteggerci. Per non parlare della crisi economica…».
Peggiore di quella che stiamo attraversando?
«Allora ci fu il crollo totale dell’economia: non c’era da mangiare, mancava la benzina, non c’erano i vestiti e le scarpe si facevano con il cartone. Questa non è una guerra, è un’epidemia. Oggi ai giovani è stato chiesto di rimanere a casa sul sofà, allora erano obbligati a partire per il fronte. Io ne conobbi uno cui mia sorella faceva la madrina di guerra. Ai ragazzi di 15-16 anni veniva assegnato un soldato cui scrivere lettere mentre era al fronte per tenergli compagnia. Durante una licenza lui passò da Torino, dove noi abitavamo, per conoscerla e lo incontrai in quell’occasione. Poi partì per la campagna di Russia e non ne sapemmo più nulla».
Le file davanti ai supermercati a qualcuno hanno ricordato quelle del dopoguerra.
«A quei tempi qualche fila l’ho fatta anche io, erano lunghissime anche per comprare solo un sacchetto di zucchero. Ma sono durate poco perché presto sono arrivate le tessere annonarie con cui ciascuno di noi aveva diritto alla sua razione di cibo senza bisogno di mettersi in fila».
Che cosa si riceveva?
«Poca roba, tra cui un etto e mezzo di pane al giorno, un pane pesante, umido. C’erano anche le sigarette e io fumavo già ma, poiché ero minorenne, non avevo diritto a riceverle. Così decisi di chiederle a un mio anziano prozio che non fumava. Lui, però, aveva già dato la sua tessera a un conoscente. Io non mi persi d’animo e andai da quella persona dicendo che doveva dare qualche sigaretta anche a me perché appartenevano alla mia famiglia. Come dicevo, si trattava di piccole quantità, era tutto razionato e non c’era modo di fare altrimenti. Io una volta ci ho provato ma non è andata bene».
Con le sigarette?
«No, con il riso. Ero stato in campagna da alcuni conoscenti dei miei genitori che mi avevano regalato un sacchetto di riso. Tornando a casa lo avevo nascosto sotto al cappotto perché c’era il rischio di essere accusati di avere fatto acquisti al mercato nero. Alla stazione di Porta Susa fui fermato dalle guardie annonarie che mi chiesero di aprire il cappotto… Morale della favola, mi sequestrarono il sacchetto di riso».
Rimaniamo nel settore alimentare: in questo periodo in cui è rimasto a casa ha avuto anche lei la tentazione, come la maggior parte degli italiani, di cimentarsi in cucina?
«No, ma da piccolo facevo i biscotti. Avevo sei o sette anni: io e mia sorella ci divertivamo a impastare zucchero e farina e poi li mettevamo a cuocere nel forno. Con mia sorella, che ha un anno più di me e gode anche lei di ottima salute, ancora lo ricordiamo. Era una ricetta di nostra mamma».
Una donna con una bella fibra visto che è riuscita a guarire dall’influenza spagnola.
«Quella è stata un’epidemia terribile, ha ucciso 50 milioni di persone. Mia madre la prese nel 1918 a Torino. Viveva con una zia che l’aveva messa in isolamento e si avvicinava solo per portarle da mangiare. Anche io, nel mio piccolo, a un anno ho avuto una brutta polmonite e l’ho superata. Forse è vero che in famiglia abbiamo una bella fibra…».
Divulgatore in tv e in streaming
Il ritorno di Superquark, giunto alla sua 40a edizione (contando anche quelle di “Quark”), è previsto per luglio. Sette le puntate (dirette anche questa volta da Gabriele Cipollitti) che andranno in onda su Raiuno, dedicate come di consueto a ricerca, scienza, biologia, psicologia, ambiente, economia e scuola, ma realizzate con qualche difficoltà in più del solito: «Le limitazioni dovute al coronavirus e l’impossibilità di viaggiare ci stanno creando diversi problemi» racconta Piero Angela.
«Per fortuna Monica Giorgi Rossi, la nostra produttrice esecutiva, è riuscita a fare lo slalom tra le difficoltà e presto andremo in studio per iniziare le registrazioni. Come di consueto, ci saranno gli ospiti con i quali stavolta dovremo rispettare le distanze regolamentari».
Angela sta lavorando anche alle 10 nuove puntate di Superquark+ (ciascuna monografica e della durata di 15 minuti) che si aggiungeranno a quelle già online su RaiPlay e allo speciale sul coronavirus, anch’esso già disponibile sulla piattaforma.