Da settembre condurrà il talk show di calcio "Tiki Taka". Una notizia bomba che commenta in esclusiva con Sorrisi. «Dopo l’esperienza del Covid che mi ha stravolto la vita e mi ha portato via la mamma, lavorare è una cura. Questo programma è una partita che voglio vincere».

Da metà settembre Piero Chiambretti condurrà “Tiki Taka”, lo storico programma calcistico di Sport Mediaset, in onda il lunedì in seconda serata su Italia 1. Una notizia bomba che solo Sorrisi può anticipare e commentare in esclusiva con il protagonista.
Chiambretti, che notizione!
«Le do il titolo dell’intervista: “Scendo in campo e sono nel pallone”».
Chi le ha fatto la proposta?
«Direttamente Pier Silvio Berlusconi, e ho accettato perché amo le scommesse e sono onorato di far parte di questo gruppo di lavoro, anche se avevo altri progetti. Stavo pensando a “La Repubblica dei bambini”, programma in prima serata dedicato ai più piccoli. Ma non è escluso che riprenda l’idea più avanti».
Invece lo show su Rete 4 “CR4 – La Repubblica delle donne” è un capitolo archiviato?
«Sì. Avevo il desiderio di cambiare, ma un po’ mi dispiace perché il programma aveva costruito in tre anni un suo pubblico e andava bene. In un quarto anno sarebbe diventato una conferma. C’è bisogno di appuntamenti certi nella tv di oggi, fatta di 900 canali».
Che tipo di trasmissione ha in mente? Come si dice in politica, ci sarà “discontinuità” col passato?
«Se avessi voluto stravolgere “Tiki Taka”, gli avrei cambiato nome. Continuità è la parola giusta. In questo periodo di crisi un po’ di sicurezza fa bene all’animo: io vorrei fare un passo indietro e riportare al centro il calcio, senza la “baldoria” di contorno».
Lei è considerato una “mina vagante” della tv e ci si potrebbe aspettare una rivoluzione…
«Ho sulla schiena molte cicatrici perché ho lavorato sempre sul filo della provocazione. Ma non voglio rivoluzionare “Tiki Taka”: ci saranno le riflessioni, gli approfondimenti sul calcio. Ci metterò passione, con l’obiettivo di migliorare il linguaggio calcistico televisivo, pieno di formule abusate».
Tra i talk show calcistici Mediaset ci sono precedenti illustri affidati non a giornalisti sportivi ma a conduttori ironici. Per esempio, “Pressing” di Raimondo Vianello.
«Il calcio è uno spettacolo e quindi un uomo di spettacolo può condurre un programma di calcio. Vianello ha saputo tradurre perfettamente il concetto, tanto che “Pressing” è stato il programma migliore del suo periodo. Magari fossi come Raimondo, un maestro assoluto, con cui ho avuto modo di lavorare a un DopoFestival di un Sanremo condotto da lui (nel 1998, ndr). Ma in quegli anni il calcio stesso era diverso, oggi gli interpreti sono cambiati: i calciatori hanno addetti stampa, truccatori, parrucchieri, motivatori. È un mondo di star».
Troppo spettacolo?
«Io vorrei far risaltare i valori del calcio, che è una metafora della vita. Tutti sono coinvolti in questi gioco, in Italia, lo sappiamo bene, ci sono 60 milioni di allenatori. Tutti ne parlano. L’ideale è andare oltre il bla, bla, bla, i “Fiumi di parole” dei Jalisse, altro Sanremo, del 1997, in cui ho affiancato alla conduzione il grande Mike. Ecco, lui è un altro che avrebbe saputo fare un programma di calcio. Lo sposalizio tra sport e intrattenimento si può fare. Basta non varcare una linea sottile... e allora vinci la partita».
La sua “Tiki Taka” sarà dedicata solo agli appassionati di calcio o anche a chi non sa cos’è un fuorigioco o un traversone?
«Non vorrei deludere chi si aspetta il calcio serio, né illudere chi al contrario cerca il varietà e ne troverebbe troppo poco».
Lei è un grande tifoso del Torino. Ci giocherà su, o sarà super partes?
«Ai tifosi del Torino si vuol bene, perché la nostra squadra perde. Non disturbiamo, non creiamo problemi alle squadre alte in classifica. Sono le sorelle che vincono, quelle che possono risultare antipatiche. Noi siamo partiti che guardavamo alla Champions League e nel finale ci troviamo a lottare per non retrocedere in serie B…».
A “Tiki Taka” hanno tenuto banco tra gli opinionisti Bobo Vieri e Antonio Cassano. Lei chi vorrebbe nel parterre di commentatori?
«Ibrahimovic, perché è uno di esperienza profonda, non più un ragazzino, uno che dice “Io sono il calcio”, un simpatico gladiatore che non molla mai».
Rivedremo tra gli ospiti Giampiero Mughini e Giuseppe Cruciani?
«L’idea è conservare qualche opinionista dell’anno scorso e aggiungerne altri e far ruotare i nomi, per non avere puntate fotocopia delle precedenti».
Nello show si sono alternate donne bellissime e compagne di calciatori, tra cui Melissa Satta e Wanda Nara. Lei avrà partner femminili?
«Donne, non corpi femminili da esibire. Come nella tradizione di “Tiki Taka”, la presenza femminile sarà pertinente: giornaliste sportive, tifose, mogli o fidanzate di calciatori ci saranno».
Con Pardo vi siete sentiti?
«Sì. Con Pierluigi siamo amici e ci siamo sentiti, lui farà le telecronache della Champions League. Siamo diversi, nella stazza e nel modo di stare in tv, ma il programma è quello. Come gli spaghetti alle vongole: Cracco li fa in un modo, Cannavacciuolo in un altro, ognuno con il proprio stile».
Il suo stile qual è?
«C’è chi dice che faccio sempre lo stesso programma, ma in fondo pure Armani fa sempre lo stesso vestito. La mia “griffe” si vedrà fin dalla nuova scenografia. Si capirà subito che è uno show mio. E che al centro metterò il pallone».
Il pubblico sarà presente in studio, con le precauzioni del caso?
«Lo spazio per il pubblico è previsto, ma non lo sappiamo ancora. Perché a settembre, purtroppo, le cose potrebbero peggiorare con il Coronavirus».
Il Covid per lei è stata un’esperienza dolorosissima, che l’ha colpita personalmente e le ha portato via sua mamma Felicita. Come l’ha cambiata? E cambierà anche il suo modo di fare tv?
«Lavorare è una cura, una grande medicina. E “Tiki Taka” per me è una ripartenza, un ritorno per quanto è possibile, alla normalità. Ma la malattia ha stravolto la mia esistenza, è cambiata la scala delle mie priorità. La morte di una madre è la fine di un film. Mia madre è sempre stata il mio punto di riferimento, nella vita familiare e professionale. C’era sempre lei dietro di me, era una donna intelligente, una poetessa, era speciale. Dopo aver guardato la morte negli occhi, tutto diventa relativo. Ora non mi preoccuperei più di un flop, di una critica pesante. Mi sono rafforzato. Non so se cambierà il mio modo di fare tv: devo aspettare che si accenda la luce della telecamera. Magari sarò quello di sempre. Oppure no, ma ne uscirò comunque arricchito».
Il più bel gol della sua vita?
«Mia figlia Margherita. A settembre andrà in quarta elementare e spero che possa tornare a scuola normalmente. L’esperienza con la didattica online è stata devastante, le lezioni a video sono asettiche. I bambini hanno bisogno del contatto con le maestre e i compagni per crescere e imparare, sereni».
Sua figlia ha il cuore granata?
«Sì, come me. L’ho già portata allo stadio. E sono costretto a mentirle: quando il Toro perde, le dico che pareggia».
Quando inizierà a lavorare a Cologno Monzese?
«Per il momento con la redazione facciamo le riunioni in “smartworking”: lavoro da casa e quotidianamente sono in contatto con Alberto Brandi (condirettore Sport di News Mediaset, ndr). Ma dopo Ferragosto ci vedremo tutti in ufficio. Prima, però, me ne andrò dieci giorni in vacanza con la mia bambina».