A casa di Piero e Alberto Angela: «E così ci siamo ritrovati insieme sulla Luna»

Ci raccontano lo speciale di Ulisse in onda su Raiuno che celebra i 50 anni della missione Apollo 11. Conducono in coppia dopo 20 anni. Il padre: «Me lo ha chiesto lui». Il figlio: «Era alla Nasa, chi ne sa più di papà?»

Piero Angela posa con il figlio Alberto: non lavoravano in coppia da 20 anni  Credit: © Barbara Ledda
18 Luglio 2019 alle 08:00

Il 20 luglio di 50 anni fa, quando il primo uomo sbarcò sulla Luna, Piero Angela era in servizio. «A quell’epoca era nato il primo telegiornale con i conduttori e io e Andrea Barbato ci alternavamo. Quando non eravamo impegnati nella conduzione, ognuno di noi faceva dei servizi e a me avevano chiesto di seguire in America tutta la preparazione delle imprese lunari a Cape Canaveral e a Houston. Ho seguito tutte le missioni Apollo dalla numero 7 alla 12: quella dello sbarco fu la numero 11 e nell’occasione io avevo seguito la partenza a Cape Canaveral, poi la Rai fece la famosa diretta con Tito Stagno per raccontare l’allunaggio. Io andai a New York per seguire la diretta su un grande schermo a Central Park insieme con molta altra gente. Devo essere sincero: dopo tante ore in piedi decisi di tornare a vederla più comodamente in tv. Ed è da lì che assistetti all’allunaggio».

Piero Angela ci accoglie nella sua casa per fare una chiacchierata sulla ricorrenza. Mi offre un cioccolatino («Un gianduiotto? Sono i miei preferiti») e mi affascina con il suo racconto, in attesa che il figlio Alberto ci raggiunga da Palermo, dove ha appena ricevuto la sua prima laurea honoris causa (in tutto, fra padre e figlio il totale delle lauree sale a 15: un record, probabilmente). Ma ora siamo qui per parlare di “Quella notte sulla Luna”, speciale di “Ulisse” dedicato all’anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna, che andrà in onda su Raiuno proprio il 20 luglio.

«Già l’Apollo 8, nel dicembre 1968, aveva girato intorno alla Luna ed era ritornata sulla Terra» riprende a raccontare Piero Angela. «All’andata, a metà percorso, ci fu un collegamento e si vide per la prima volta la Terra dallo spazio. Io ero in onda, facevo la telecronaca diretta, e ho avuto una forte emozione guardando quell’immagine: una pallina nell’Universo. L’impressione immediata fu che noi, così piccoli, non siamo niente. Litighiamo, ci ammazziamo, inquiniamo questo unico luogo caldo che ci consente di vivere bene, ma davvero non contiamo niente».

E com’è assistere dal vivo alla partenza di un razzo?
«Incredibile. La tribuna stampa era a cinque chilometri di distanza, per sicurezza: in caso di caduta il razzo, che era una macchina con milioni di litri di carburante, avrebbe potuto fare una strage. Era un obelisco alto 110 metri, come un palazzo di 40 piani. I tecnici erano in ansia, i dirigenti della Nasa, l’ente spaziale americano, ancora di più. Per non parlare dei familiari degli astronauti che si tenevano per mano. E nel momento in cui arrivava, con 15 secondi di ritardo a causa della distanza, il rumore infernale, tante persone scoppiavano a piangere per la tensione. I secondi iniziali del volo erano quelli più difficili e delicati, e quando il razzo aveva raggiunto una certa quota partiva l’applauso».

Il racconto è interrotto dal suono del campanello: è arrivato Alberto da Palermo. In una mano ha il certificato di laurea in Comunicazione del patrimonio culturale, nell’altra un pacchetto di cannoli. «Come sei elegante» esclama Piero. Si abbracciano. Dopo un breve racconto di Alberto sulla cerimonia di consegna («Ma tu sai bene come funziona: ne hai 12!» ride Alberto) si torna a parlare di Luna.

Leggo: “Un programma di Piero e Alberto Angela”. Sono più di 20 anni che non succedeva.
Piero: «Dopo il cosmo e i dinosauri abbiamo preso strade diverse. Padre e figlio insieme… insomma, non andava bene. Ognuno ha fatto i suoi programmi, Alberto lavora ancora oggi per il mio “Superquark” facendo i suoi servizi, ma in modo autonomo. E quando Alberto mi ha chiesto: “Perché questo speciale non lo facciamo insieme?” mi sono stupito e ho risposto: “Ma come, abbiamo sempre evitato…”. “Sì, ma questo è diverso”. Sono rimasto colpito da questa proposta molto affettuosa. Mi sono sentito un po’ vecchietto, però… (ride)».
Alberto: «Era una cosa corretta da fare dal punto di vista giornalistico: è l’anniversario di un evento che lui ha vissuto come testimone. Mi è sembrato ovvio coinvolgerlo, avere la sua diretta testimonianza, il suo grande tesoro di conoscenze e di esperienze. E ce lo avevo... in casa! Era da tempo che desideravo tornare a fare qualcosa con lui. E dopo “Viaggio nel cosmo” del 1998, un po’ come gli Avengers, ritorniamo attraverso lo spazio…» (ride).

Non sarà solo un incontro “professionale”.
Alberto: «Certo, a quello si aggiunge il valore dell’incontro tra padre e figlio, ben più importante dell’anniversario in sé. Diciamo che l’anniversario è stato un’occasione per poter lavorare di nuovo assieme, dal momento che tutti e due avevamo qualcosa da dire sull’argomento. Mio papà Piero è la persona che in Italia può raccontare meglio il decollo dell’Apollo 11 e la sua missione, perché ha seguito tutto con i suoi occhi. E tornare lì a Cape Canaveral nei luoghi dove 50 anni fa faceva le sue telecronache in diretta: quello è il vero valore aggiunto».
Piero: «Mi ha fatto un effetto strano tornare in quel luogo che 50 anni fa brulicava di giornalisti che scrivevano, che facevano i collegamenti dagli studi allestiti appositamente, e di pubblico che riempiva le tribune. Oggi non c’è più niente, non c’era nessuno».

Come sarà lo speciale?
Alberto: «Rivivremo insieme le fasi di quell’evento storico dai luoghi originali. Ma ci saranno anche uno studio virtuale, immagini della Nasa, ricostruzioni grafiche e docu-fiction. E il racconto avrà anche la voce dei protagonisti: ci sono alcuni brani inediti di un’intervista a Buzz Aldrin, che in quella missione camminò sulla Luna e che ho incontrato qualche anno fa. E ancora, i ricordi di Gene Kranz, direttore delle operazioni di volo, e di Steve Bales, l’esperto dei sistemi di guida che salvò la missione con le sue indicazioni dalla sala di controllo di Houston. Poi abbiamo due interviste esclusive. Quella a Michael Collins, uno dei tre astronauti dell’Apollo 11, che ci ha raccontato alcuni aspetti meno conosciuti della missione. E quella a Gina Lollobrigida».

Gina Lollobrigida?
Alberto: «Sì. Dopo la missione la Lollo ha ospitato i tre astronauti nella sua villa di Roma. Era una cena ristretta a una trentina di invitati e tra gli ospiti c’era anche Claudia Cardinale. La cena andò così bene che alle 4 di mattina nessuno se ne voleva andare e lei dovette rifare una spaghettata. La Lollo conserva ancora il cravattino che Buzz Aldrin si era tolto per rilassarsi. E racconta anche di un bacio tra loro!».

Voi partireste per lo spazio?
Piero: «Nel periodo in cui seguivo le missioni spaziali andai a trovare un ricercatore della Nasa che studiava lo Shuttle. Ricordo che gli chiesi: “Quindi un domani anche dei giornalisti potrebbero andare sulla Luna? Allora mi metto in lista!”. Ero il primo dell’elenco dei possibili passeggeri per la stazione spaziale che si trova a 400 chilometri dalla terra».
Alberto: «Nello spazio eccome se ci andrei. Partirei domani».

Da quanto tempo non facevate un viaggio assieme?
Alberto: «Da tanto. Gli ultimi sono quelli in famiglia».

Com’erano?
Piero: «Avventurosi, con zaino e tenda».

Siete due viaggiatori simili?
Piero: «Alberto è molto diverso da me, io sono disordinato, lui è precisissimo, ha fatto il boy scout».
Alberto: «Non è per quello! Ormai la valigia potrei farla al buio dopo anni e anni di viaggi».
Piero: «Ma io sono più puntuale».
Alberto: «La sua è una puntualità “Nasa”, la mia è una puntualità... “a naso,” ma alla fine gli aerei non li perdo mai».

Vi punzecchiate di più adesso o prima?
Piero: «Dipende da lui».
Alberto: «No, dipende da lui…(ride). Il vantaggio degli argomenti di scienza è che uniscono più che allontanare, mentre filosofie politiche e fede calcistica dividono le persone».

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