Alberto Angela celebra i 25 anni di “Passaggio a Nord Ovest”

Racconta com’è nata la sua formula vincente: «Ho voluto che storia e natura, presente e passato avessero un solo filo conduttore: l’uomo»

Alberto Angela
25 Febbraio 2022 alle 09:33

Ci ha fatto scoprire luoghi incredibili del nostro pianeta e le civiltà che ne hanno fatto e continuano a farne la storia. È un viaggio cominciato il 3 marzo 1997, quello intrapreso da Alberto Angela con “Passaggio a Nord Ovest”, il programma da lui ideato e condotto, che sta per spegnere le sue prime 25 candeline. E lo fa con la puntata in onda il 26 febbraio (la numero 1.098) su Rai1, che vede il conduttore in uno studio rinnovato, eco-compatibile e realizzato all’insegna della sostenibilità ambientale.

Perché se è vero che il protagonista del programma è l’essere umano, è pur vero che il suo futuro dipende anche dalla conservazione e dalla tutela del nostro pianeta. L’uomo è al centro di “Passaggio a Nord Ovest” sin dall’inizio, nel 1997. «In realtà allora si trattò di un esperimento» spiega Alberto Angela. «C’erano tanti documentari sulla natura e sugli animali, pensai di mandarli in onda seguendo un filo conduttore: scelsi di seguire un solo animale, l’uomo. E di declinarlo al presente, mostrando come vivono le persone in varie parti del mondo, e al passato, trattando l’archeologia e le grandi esplorazioni. Insomma, mi sono concentrato sulla dimensione umana. E questa soluzione si è rivelata poi vincente».

Qual è la cultura che l’ha più incuriosita?
«Senza dubbio quella romana, perché è stato come conoscere noi stessi 2.000 anni fa, senza avere a disposizione elettricità e petrolio. Le dinamiche, i comportamenti sociali sono simili e preannunciano la nostra vita quotidiana occidentale. Studiando la cultura degli antichi romani troviamo una sorta di radiografia del nostro modo di pensare».

Lei ha viaggiato in tutto il mondo: da quali luoghi è rimasto più incantato?
«L’Isola di Pasqua è lontanissima da ogni terra emersa. C’è una popolazione che giunse fin lì con semplici imbarcazioni, e oggi una volta arrivati sull’isola ci si trova davanti i Moai, statue giganti di pietra, e si scopre che quella popolazione aveva una struttura sociale affascinante e complessa. E poi, a proposito di incanto, non posso dimenticare Petra in Giordania: ti colpisce per il silenzio. È lo stesso che avvolge sempre i resti delle grandi civiltà».

E ci sono paesaggi che le hanno suscitato particolari emozioni?
«L’Antartide sembra un continente addormentato, fermo da milioni di anni sotto il vento e il ghiaccio: quando sei in quel luogo, in cui la vita sembra impossibile, apprezzi enormemente di più le comodità che hai nella tua vita quotidiana. Mi piace anche ricordare la Patagonia, con il deserto e i suoi spazi sterminati: ti ritrovi a riflettere sulla tua esistenza sul nostro pianeta e senti davvero di farne parte».

C’è anche un luogo che l’ha delusa?
«In realtà tutto quello che abbiamo attorno ci insegna tanto, non parlerei di delusione. Ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti di drammi come Hiroshima, dei superstiti della Seconda guerra mondiale o ancora di chi ha conosciuto la Shoah, ti fa riflettere su tante cose che diamo per scontate. Sono un uomo del XXI secolo e se guardo al passato mi ritrovo a fare dei bagni di umiltà. Noi viviamo benissimo rispetto a tutte le generazioni che ci hanno preceduto e non dobbiamo mai dimenticarlo. Siamo dei privilegiati a vivere in questa epoca».

Un luogo che più di altri le ha insegnato qualcosa di importante?
«Tornerei all’Isola di Pasqua. È un luogo che ti fa capire quanto tutto in un attimo possa cambiare. Secondo i ricercatori la civiltà di quell’isola, generazione dopo generazione, non ha rispettato l’ambiente e le sue risorse naturali, a cominciare da una deforestazione dissennata. E per questo si è estinta. Facendo un paragone, noi siamo su un pianeta che in fondo è un’isola nell’universo, con delle risorse che non sono infinite. Dobbiamo rispettare l’ambiente, altrimenti lui ci si scrolla di dosso come se fossimo gocce di pioggia».

Quali sono state le sue più grandi scoperte in 25 anni di programma?
«Ogni puntata mi ha mostrato cose che per me sono state delle scoperte. Ricordo le tombe dei figli del faraone Ramses II in Egitto, la bottiglia d’olio di epoca pompeiana che abbiamo scoperto nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ma la scoperta più bella è realizzare un programma capace di portare a casa dei telespettatori il mondo: il respiro dell’umanità e il cuore della gente, ovunque si trovi sul nostro pianeta».

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